CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 maggio 2017, n. 11163
Inpdap – Dipendente assente per malattia – Trattamento economico – Compensi incentivanti
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 6257/2010, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva la domanda proposta da M.P. nei confronti dell’Inpdap diretta alla corresponsione del compenso di produttività per il periodo di malattia da maggio a settembre 2004.
2. Ad avviso della Corte di merito, l’art. 21, comma 7°, CCNL di comparto, nel regolare il trattamento economico spettante al dipendente assente per malattia, rinvia, quanto al periodo di assenza successivo ai primi nove mesi, nell’ipotesi di ricovero ospedaliero e di convalescenza post-ricovero, al concetto di “retribuzione” previsto contrattualmente, e dunque all’art. 28 del medesimo contratto, il quale adotta un concetto onnicomprensivo, prevedendo che nella “struttura della retribuzione” sono compresi i “compensi incentivanti”. In particolare, poi, il rinvio contenuto nelle lettere b) e c) alla lettera a) del comma 7° dell’art. 21, senza alcuna limitazione, non poteva che riferirsi all’intero trattamento ivi previsto, con inclusione dei compensi accessori. Né la ratio della maggiore tutela prevista per chi subisce un ricovero viene meno dopo i primi nove mesi di assenza, permanendo anche per il periodo successivo l’esigenza di una tutela differenziata rispetto alla semplice assenza per malattia. Infine, non era contestato in giudizio che il compenso di produttività rientrasse tra le “indennità pensionabili” previste nella prima parte della lettera a).
3. Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’Inpdap sulla base di due motivi. Resiste T.A., nella qualità di erede di M.P., con controricorso.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo si contesta l’interpretazione della clausola contrattuale prevista dall’art. 21, comma 7°, CCNL enti pubblici non economici 1994-1997 del 6.7.95 (ndr art. 21, comma 7°, CCNL enti pubblici non economici 1994-1997 del 28.3.95), relativa al trattamento economico spettante al dipendente assentatosi per malattia, per violazione dei canoni di ermeneutica negoziale di cui agli artt. 1362 e segg. c.c. ed anche per violazione dei principi di cui all’art. 111 Cost. ed in particolare del comma 7°, in una lettura integrata con l’art. 6 CEDU. Deduce l’Inpdap che, mentre nessun dubbio sorge sulla spettanza del trattamento economico accessorio per i primi nove mesi di assenza in caso di malattia superiore a quindici giorni lavorativi o per i periodi di ricovero ospedaliero e di convalescenza successiva al ricovero, poiché in tal senso ha disposto dalla seconda parte della lettera a) del comma 7° dell’art. 21, quanto al trattamento spettante nel caso di assenza protrattasi nei successivi 3 mesi/6 mesi di assenza dal servizio di cui alle lettere b) e c), la sentenza impugnata aveva fornito un’interpretazione delle clausole negoziali contraria al tenore letterale delle norma ed anche al suo significato logico-sistematico.
2. Il secondo motivo denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.), in relazione alla violazione dei principi di cui all’articolo 111 Cost., in una lettura integrata con l’art. 6 CEDU. Si afferma che non è dato comprendere in forza di quale ragionamento, a fronte chiaro dettato dell’art. 21, comma 7, la Corte di appello abbia ritenuto di dover fare riferimento al predetto articolo 28 sulla “struttura della retribuzione”.
3. I motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente vertendo su questioni connesse, sono infondati.
4. Il CCNL comparto Enti Pubblici non economici 1994/1007, all’art. 21, comma 7° (ndr CCNL comparto Enti Pubblici non economici 1994/1997, all’art. 21, comma 7°), disciplina il trattamento in caso di assenze per malattia. Esso così dispone:
“7. Il trattamento economico spettante al dipendente assente per malattia è il seguente:
a. intera retribuzione fissa mensile, comprese le indennità pensionabili, con esclusione di ogni altro compenso accessorio, comunque denominato, per i primi 9 mesi di assenza. Nell’ambito di tale periodo, per le malattie superiori a quindici giorni lavorativi, per i periodi di ricovero ospedaliero e per quello successivo di convalescenza post-ricovero, al dipendente compete anche il trattamento economico accessorio come determinato a norma dell’ art. 32, comma 1, fatta eccezione per i compensi per lavoro straordinario;
b. 90% della retribuzione di cui alla lettera a) per i successivi 3 mesi di assenza;
c. 50% della retribuzione di cui alla lettera a) per gli ulteriori 6 mesi del periodo di conservazione del posto previsto nel comma 1″.
5. Sia la lettera b), sia la lettera c) rinviano alla “retribuzione di cui alla lettera a)”. L’espressione usata, priva di ulteriori specificazioni o limitazioni, porta a ritenere – alla stregua del significato proprio delle parole usate – che sia stata richiamata l’intera previsione di cui alla lettera a) del comma 7° e non solo la prima parte di essa. Se dunque il trattamento economico accessorio va incluso ove, nell’arco temporale dei primi nove mesi, l’assenza sia ascrivibile a malattie superiori a quindici giorni lavorativi, oppure a periodi di ricovero ospedaliero e a periodi di convalescenza post-ricovero, altrettanto deve ritenersi ove i medesimi eventi si verifichino nei successivi tre mesi/sei mesi di assenza.
5.1. Oltre al dato testuale, anche la ratio della norma depone in tal senso, poiché il rafforzamento della tutela previsto dalle parti sociali con il riconoscimento anche del trattamento accessorio (nei termini di cui alla previsione contrattuale) non trova giustificazione logica nel dato temporale costituito dal momento del verificarsi dell’assenza, ma è chiaramente posto in relazione ad eventi che normalmente costituiscono espressione di stati morbosi di maggiore gravità, la cui tutela non può mutare in ragione del momento del loro verificarsi.
6. Per tali assorbenti ragioni, il ricorso va respinto, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’INPDAP al pagamento delle spese, che liquida in euro 4.000,00 per compensi professionali ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
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