CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 31608 depositato il 14 novembre 2023

Tributi – Istanza di rimborso dell’IRAP – Silenzio rifiuto – Promotore finanziario monomandatario – Indici di autonoma organizzazione ai fini dell’applicazione dell’imposta – Spese per prestazioni di lavoro – Elevati ricavi – Accoglimento 

Rilevato che

Con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Toscana rigettava l’appello proposto da P.C.D. avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Firenze che aveva respinto il ricorso proposto dal contribuente contro il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’IRAP versata per gli anni 2014 e 2015.

Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso. 

Considerato che

1. Con il primo motivo il contribuente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “Violazione di diritto: D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, “presupposto dell’imposta””.

Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “Violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4) – Motivazione “apparente” della sentenza impugnata sulla sussistenza del presupposto impositivo della “autonoma organizzazione””.

Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. “Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione – Omessa considerazione di insussistenza per il contribuente di responsabilità dell’organizzazione e di inserimento in strutture organizzative di terzi e di tutti i relativi elementi attestativi”.

2. Con i tre motivi – trattati congiuntamente dal ricorrente – P.C.D., promotore finanziario monomandatario della Banca Generali S.p.A., censura la sentenza impugnata per non avere compiuto un effettivo esame della sussistenza, o meno, in concreto dei requisiti che la giurisprudenza ha individuato come indici di autonoma organizzazione ai fini dell’applicazione dell’imposta. Rileva, in particolare, che l’entità dei ricavi – valorizzata dalla CTR – costituiva circostanza irrilevante ai fini della sussistenza del presupposto impositivo, mentre le spese per prestazioni di lavoro costituivano una parte assai limitata dei ricavi medesimi. La CTR non aveva poi considerato che la struttura di cui dispone il contribuente è allestita e organizzata dalla Banca Generali S.p.A., di modo che doveva escludersi che il ricorrente fosse il responsabile dell’organizzazione.

3. Preliminarmente vanno disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso. Esso, invero, si manifesta conforme al principio di autosufficienza poiché contiene tutti gli elementi necessari a porre questa Corte in grado di avere piena cognizione della controversia. Inoltre, le censure formulate dal ricorrente, dotate di autonoma rubrica, sono suscettibili di esame separato (cfr. Cass., Sez. U., n. 9100 del 2015) e non implicano la richiesta di una diversa valutazione del materiale probatorio, risolvendosi nella denuncia dell’error in iudicando in cui sarebbe incorso il giudice di merito.

4. Il primo motivo di ricorso è fondato, con assorbimento degli altri motivi.

4.1. Giova rammentare che il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, prevede quale presupposto per l’applicazione dell’IRAP “l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”. La Corte costituzionale, con sentenza n. 156 del 2001, ha ritenuto legittima l’imposta in quanto non colpisce il lavoro autonomo in sé, ma la capacità produttiva che deriva dalla “autonoma organizzazione”, non coincidente con l’autorganizzazione ma intesa come elemento impersonale ed aggiuntivo rispetto all’apporto del professionista. Alla luce della pronuncia della Consulta, nella giurisprudenza di questa Corte si è consolidato il principio secondo cui il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass., Sez. U., n. 12108 del 2009 e successive conformi pronunce). La nozione di autonoma organizzazione si definisce, secondo l’orientamento giurisprudenziale in materia, come “contesto organizzativo esterno”, diverso ed ulteriore rispetto al mero ausilio dell’attività personale e costitutivo di un quid pluris che secondo il comune sentire, del quale il giudice di merito è portatore ed interprete, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista.

4.2. Questa Corte, in fattispecie del tutto analoga a quella in esame, ha precisato che il valore assoluto dei compensi e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista (promotore finanziario monomandatario), atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell’attività esercitata, e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale, rappresentando, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto organizzativo (cfr. Cass. n. 7652 del 2020, Cass. n. 23557 del 2016).

4.3. La sentenza impugnata, affermando che gli elevati ricavi dichiarati dal contribuente costituivano un decisivo elemento sintomatico della sussistenza di un’autonoma organizzazione, valorizzando così un elemento che risulta eccentrico rispetto al fondamento normativo dell’imposizione, non si è uniformata i principi sopra richiamati.

5. In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio per un nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio. 

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.