Commissione Tributaria Regionale per la Toscana sez. 2 sentenza n. 27 depositata l’ 11 gennaio 2022
In tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto della “autonoma organizzazione” non ricorre quando il professionista responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali, non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività, e si avvalga di lavoro altrui, non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive
Il Signor F. P. riceveva, dall’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Pisa, la cartella di pagamento n° 087 2017 000XXX contenente gli esiti del controllo automatizzato ex art. 36 bis del DPR 600/73 relativa ad IRAP, per l’anno d’imposta 2013, dichiarata e non versata, a fronte della quale proponeva istanza di reclamo/mediazione, affermando l’inesistenza di una propria attività autonomamente organizzata che costituisce presupposto oggettivo dell’imposta, invocando l’inesistenza dell’obbligazione tributaria.
In seguito al provvedimento di diniego notificato dall’Ufficio al contribuente, quest’ultimo si costituiva ritualmente in giudizio.
Sosteneva, il ricorrente, di non essere assoggettato ad IRAP, poiché l’attività professionale dallo stesso svolta era esercitata in quasi totale assenza di beni strumentali, trattandosi di un giovane avvocato che svolge l’attività in un immobile non di sua proprietà che divide con altro professionista, disponendo di una dotazione minima di beni strumentali e con l’ausilio di un solo dipendente avente mere mansioni di segreteria, con contratto di lavoro a tempo parziale, come documenta nel giudizio di prime cure.
Riguardo all’entità dei beni strumentali impiegati, esaminato il libro dei cespiti ammortizzabili, l’Ufficio riconosceva che il loro valore e la loro composizione era tale da non configurare la sussistenza dell’autonoma organizzazione ai fini IRAP (pagina 2 atto di appello) e “ammetteva” che le mansioni affidate alla dipendente part-time fossero di segreteria eccependo, però, che nell’anno 2013, il Contribuente aveva dichiarato compensi corrisposti ad un collega avvocato per prestazioni direttamente afferenti l’attività professionale per complessivi euro 7.400,00 di imponibile.
Su tale ultimo rilievo concludeva l’Ufficio che l’utilizzo non occasionale di lavoro altrui, configura la sussistenza dell’autonoma organizzazione.
Con sentenza n. 212/2/18, depositata in data 23 maggio 2018, la C.T.P. di Pisa accoglieva il ricorso, condannando l’Ufficio alla rifusione delle spese di giudizio, nella misura di euro 1.500,00 oltre oneri di legge.
Proponeva appello l’Ufficio richiedendo la riforma della sentenza di primo grado e, per l’effetto dichiarare legittima la cartella di pagamento impugnata. Con condanna di parte appellata al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Si costituiva il Contribuente rilevando, tra l’altro, che l’esiguità dei compensi versati in proporzione al volume dei ricavi da lui conseguiti nell’anno di imposta 2013, pari a euro 159.019,07, era talmente irrisoria (euro 7.400,00) da confermare la totale assenza di una autonoma organizzazione.
Il Contribuente conclude con la richiesta di rigetto dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Pisa. Con vittoria di spese e di onorari.
Nel caso in cui il contribuente presenti la dichiarazione fiscale, affermando di essere soggetto IRAP, ma ne ometta il versamento, l’Agenzia delle Entrate è legittimata ad emettere la cartella di pagamento, a norma dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973, poiché la sussistenza dell’autonoma organizzazione, quale presupposto applicativo dell’imposta, è stata dichiarata dallo stesso contribuente. Al contribuente è sempre consentito, in sede contenziosa, provare che l’originaria dichiarazione era viziata da un errore di fatto o di diritto e che il presupposto impositivo non era sussistente e, ove ciò accada, in applicazione delle regole generali sulla ripartizione dell’onere della prova stabilite dall’art. 2697 c.c., spetta al contribuente che “ritratta” la propria dichiarazione dimostrare il fatto impedivo dell’obbligazione tributaria (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 30/06/2021, n. 18581).
In tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto della “autonoma organizzazione” non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive. (Cass. civ., Sez. VI – 5, Ordinanza, 06/04/2021, n. 9221).
In tema d’IRAP, il valore assoluto dei compensi e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell’attività esercitata, e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale (spese alberghiere o di rappresentanza, assicurazione per i rischi professionali o il carburante utilizzato per il veicolo strumentale), rappresentando, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto “organizzativo”. (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 11/02/2021, n. 3448).
In tema di IRAP, con riguardo all’attività professionale di avvocato, non può farsi discendere la sussistenza dell’autonoma organizzazione dalla sola circostanza costituita dai compensi corrisposti a terzi, omettendo di considerare la natura di tali compensi, se cioè essi siano relativi ad una collaborazione di carattere continuativo ovvero a prestazioni meramente occasionali, e se siano strettamente afferenti all’esercizio in modo organizzato della propria attività professionale o se siano, e in che misura, riconducibili a prestazioni strettamente connesse all’esercizio della professione forense, come il compenso per le domiciliazioni di altri colleghi, componenti che, esulando dall’assetto strettamente organizzativo dell’attività professionale, non appaiono di per sé indicativi di autonoma organizzazione. (Cass. civ., Sez. V, 01/03/2019, n. 6116).
Sulla scorta dei principi giurisprudenziali citati scaturisce che il Contribuente ha dimostrato l’assenza di una “autonoma organizzazione” posta a fondamento della richiesta IRAP, le cui argomentazioni, limitatamente ai beni strumentali impiegati per lo svolgimento dell’attività professionale e l’impiego di un solo dipendente con mansioni esecutive, sono state condivise dallo steso Ufficio (v. pagina 2 e 3 appello).
Per quanto concerne i rilievi formulati dall’Ufficio per i compensi pari ad un imponibile di euro 7.400,00 corrisposti dal Contribuente al collega, come asserisce l’Ufficio (pagine 3 appello), per redazione atti, partecipazione udienze, è prassi tra i professionisti, tra l’altro, che si trovano a dover partecipare nello stesso giorno a più udienze, delegare i colleghi a rappresentarli i quali, in udienza redigono il relativo verbale per delega del delegante.
Inoltre, l’entità del compenso corrisposto al collega avvocato (euro 7.400,00), rispetto al volume d’affari prodotto dal contribuente nel periodo d’imposta in esame (euro 159.019,07), non appare di per sé indicativo di autonoma organizzazione, non potendo farsi discendere la sussistenza dell’autonoma organizzazione dalla sola circostanza costituita dai compensi corrisposti a terzi, esulando dall’assetto strettamente organizzativo dell’attività professionale.
La Commissione per le argomentazioni addotte, respinge l’appello promosso dalla Contribuente. Le spese seguono la soccombenza.
La Commissione respinge l’appello e condanna l’Ufficio a rifondere al Contribuente le spese di questo grado, liquidate in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge.
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