CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 gennaio 2018, n. 279
Sanzione disciplinare – Sospensione dal lavoro e dalla retribuzione – Illegittimità – Mancata affissione del codice disciplinare – Irrilevanza – Comportamento sanzionato immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito – Contrarietà al “minimo etico” o a norme di rilevanza penale
Fatti di causa
1. Con sentenza n.1575/2011 la Corte di appello di Palermo ha confermato, con motivazione parzialmente diversa, la sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda di S.M. s.r.l. intesa all’accertamento della legittimità della sanzione disciplinare di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per un giorno irrogata al dipendente R.G. e annullato la sanzione medesima.
1.2. Il giudice di appello, premesso che in prime cure la illegittimità della sanzione era stata fondata sulla mancanza di prova dell’affissione del codice disciplinare, ha osservato che, a differenza di quanto ritenuto dal primo giudice, la mancata articolazione nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado di mezzi di prova destinati a provare l’affissione del codice disciplinare, non precludeva, a fronte, peraltro, di contestazione a riguardo del lavoratore formulata solo in sede di memoria di costituzione e non anche nel corso del procedimento disciplinare, la possibilità, all’udienza fissata per la discussione, di formulare richieste istruttorie in merito; in concreto, tuttavia, in tale udienza, la richiesta istruttoria della società era stata formulata senza specificare l’articolato di prova, indicare gli eventuali testimoni e senza neppure chiedere un termine per integrare la richiesta del mezzo istruttorio con la dovuta specificità e completezza; quanto rilevato rendeva inammissibile la istanza in sede di gravame. Né era condivisibile l’assunto della superfluità dell’affissione, fondata sulla circostanza della non necessità della stessa per avere il lavoratore violato quel minimo etico che gli avrebbe consentito di rendersi conto della gravità della condotta, principio che la giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto applicabile anche alle sanzioni conservative (Cass. 1026/2011) atteso che la peculiarità dell’addebito, sostanzialmente consistito nella pretesa del lavoratore di prestare la propria attività in difformità ad un contestato provvedimento di collocazione in ferie d’ufficio, rendeva difficile affermare di essere in presenza di condotta adottata in violazione di basilari e generali regole di comportamento, per di più se connotata dal convincimento di esercitare un diritto.
2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso, sulla base di due motivi, S.M. s.r.l.; la parte intimata non ha svolto attività difensiva.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 2697 cod. civ., 244 e 421 cod. proc. civ. . Si censura la decisione osservando che la mancata indicazione del luogo di affissione del codice disciplinare non rendeva la istanza istruttoria generica in quanto il giudice ben avrebbe potuto richiedere alla parte l’integrazione della prova ai sensi dell’art. 244 comma 3 cod. proc. civ., che la mancata indicazione dei testi non determinava decadenza ma mera irregolarità che abilitava il giudice all’esercizio dei poteri di cui all’art. 421 cod. proc. civ. ( Cass. 21.8.2004 n. 1652).
2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 7 Legge n. 300 del 1970. Si censura la decisione per avere escluso la riconducibilità della condotta addebitata alla violazione dei generali doveri facenti capo al lavoratore, violazione per la cui sanzionabilità non si richiedeva, quindi, l’affissione del codice disciplinare ; in questa prospettiva si evidenzia che la inosservanza dell’ordine di servizio relativo alle ferie costituiva da parte del lavoratore un’insubordinazione e grave lesione dell’obbligo di fedeltà.
3. Ragioni di ordine logico, collegate al rilevo dirimente dell’eventuale accoglimento del secondo motivo di ricorso, ne impongono l’esame con carattere di priorità.
3.1. Esso è infondato. Non sussiste la denunziata violazione dell’art. 7 St. lav. in quanto la decisione è stata adottata in dichiarata adesione alla giurisprudenza di questa Corte in tema di estensibilità alle sanzioni conservative del principio secondo il quale in tutti i casi nei quali il comportamento sanzionatorio sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario al c.d. minimo etico o a norme di rilevanza penale, non è necessario provvedere all’affissione del codice disciplinare, (Cass. 03/01/2017 n. 54; Cass. 29/05/2013 n. 13414; Cass. 27/01/2011 n. 1926).
Ove, invece, con il motivo in esame, al di là della formale enunciazione della rubrica, dovesse ritenersi censurata la esclusione della condotta addebitata dal novero di quelle per le quali non è richiesta l’affissione del codice disciplinare, la valutazione del giudice di merito, in quanto sorretta da motivazione logica e congrua risulta sottratta al sindacato del giudice di legittimità.
4. Il primo motivo di ricorso è anch’esso infondato alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale al fine dell’ammissibilità della istanza istruttoria si richiede che le prove per interrogatorio formale e per testi, secondo quanto richiesto negli art. 230 e 244 cod. proc. civ., siano dedotte per articoli separati e specifici (Cass. 02/02/2015 n. 1808; Cass. 07/06/2011 n. 12292) Nel caso di specie, per come pacifico e per come confermato dalla stessa riproduzione in ricorso del verbale dell’udienza nel corso della quale era stata formulata la istanza istruttoria, non risultava alcuna capitolazione delle circostanze sulle quali era richiesta la prova relativa all’affissione del codice disciplinare. Tanto è sufficiente a determinare il rigetto del motivo risultandone assorbita ogni ulteriore doglianza.
5. A tanto consegue il rigetto del ricorso. Non si fa luogo al regolamento delle spese non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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