CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 dicembre 2016, n. 26164

Prestazioni assistenziali – Indennità di accompagnamento – Pensione di inabilità – Domanda – Riconoscimento

Svolgimento del processo

Con sentenza del 18.10 – 15.11.2010 la Corte d’appello di Napoli, in parziale accoglimento dell’impugnazione incidentale dell’Inps e rigettando quella principale di Q. R., quale tutore del fratello R. Q., ha parzialmente riformato la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede, che aveva riconosciuto a quest’ultimo solo la prestazione dell’indennità di accompagnamento decorrente dal mese successivo alla proposizione della domanda amministrativa dell’aprile del 2002 e non anche quella della pensione di invalidità, ed ha dichiarato esclusivamente il diritto del medesimo a fruire dell’indennità di accompagnamento a decorrere dal 1° maggio 2002, condannando l’istituto previdenziale al pagamento dei soli ratei della prestazione maturati dal 1° agosto al 30 ottobre del 2009, periodo in cui la prestazione era stata sospesa, mentre ha compensato interamente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Nel respingere l’impugnazione principale dell’assistito, diretta al riconoscimento dell’ulteriore prestazione della pensione di inabilità ed al pagamento dei relativi ratei maturati unitamente agli accessori di legge dal 4.4.2002, la Corte di merito ha spiegato che quest’ultimo non aveva fornito la prova del requisito reddituale per il conseguimento di tale provvidenza, dovendo escludersi che a fronte di un nuovo accertamento sanitario favorevole all’interessato questi fosse manlevato dall’onere di provare anche il requisito socio-economico, mentre era da considerare nuova la domanda di accertamento negativo dell’indebito generato dal provvedimento del Comune di Napoli, sulla scorta del quale l’Inps aveva agito per il recupero dei ratei corrisposti a titolo di pensione di invalidità.

D’altra parte, nell’accogliere parzialmente l’appello incidentale dell’Inps, la Corte territoriale ha chiarito che, pur dovendosi ribadire la sussistenza del diritto alla fruizione, da parte del Q., dell’indennità di accompagnamento dal maggio del 2002, l’istituto previdenziale doveva essere condannato unicamente al pagamento dei ratei per il periodo (agosto, settembre e ottobre 2009) in cui ne aveva ingiustificatamente sospeso l’erogazione.

Per la cassazione della sentenza ricorre Q. R., nella sua qualità di tutore del fratello R. Q., con due motivi.

Resiste con controricorso l’Inps. Rimane solo intimato il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Motivi della decisione

1. Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della legge n. 118/1971, artt. 12, 13 e segg., nonché degli artt. 421, 442 e 100 c.p.c., unitamente al vizio di motivazione contraddittoria, assumendo che in considerazione della persistenza del rapporto assistenziale l’accertamento dell’ulteriore requisito socio- economico, preteso dalla Corte di merito, risultava irrilevante.

2. Col secondo motivo, proposto per violazione e falsa applicazione degli artt. 421 – 437 c.p.c., 12 -13 e segg. della legge n. 118/71 e 38 della Costituzione, il ricorrente lamenta che, a fronte della revoca delle prestazioni assistenziali avvenuta solo nel corso del procedimento di secondo grado, la Corte territoriale avrebbe avuto il potere- dovere di rimettere le parti in termini o di acquisire d’ufficio la documentazione socio- economica in possesso dell’Inps o sollecitare parte appellante a produrla, non essendo la stessa incorsa in alcuna decadenza o preclusione.

Osserva la Corte che i due motivi, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.

Invero, come questa Corte ha già avuto occasione di chiarire (Cass. sez. lav. n. 392 del 12.1.2009) “nel giudizio che abbia ad oggetto la contestazione di un provvedimento di revoca del beneficio assistenziale basato esclusivamente sulla sopravvenuta insussistenza del requisito sanitario, deve essere verificata la permanenza di tutti i requisiti “ex lege” richiesti, non già soltanto di quelli la cui sopravvenuta insussistenza sia posta a fondamento della revoca, giacché la domanda di ripristino della prestazione, al pari di quelle concernenti il diritto ad ottenere per la prima volta prestazioni negate in sede amministrativa, non dà luogo ad un’impugnativa del provvedimento amministrativo di revoca, ma riguarda il diritto del cittadino ad ottenere la tutela che la legge gli accorda; conseguentemente, il giudice è chiamato ad accertare se sussista, o meno, il diritto alla prestazione, verificandone le condizioni di esistenza alla stregua dei requisiti richiesti “ex lege”, con riguardo alla legislazione vigente al momento della nuova domanda, trattandosi del riconoscimento di un nuovo diritto del tutto diverso, ancorché identico nel contenuto, da quello estinto per revoca. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, nell’accogliere la domanda dell’assicurato di ripristino dell’assegno di invalidità, aveva ritenuto che non fosse a tal fine necessario alcun accertamento in ordine al requisito socio economico).”

Più di recente questa Corte (Cass. sez. lav. n. 3688 del 24.2.2015) ha ribadito che “la domanda giudiziale di ripristino della prestazione assistenziale, al pari di quelle concernenti il diritto ad ottenere per la prima volta prestazioni negate in sede amministrativa, non dà luogo ad un’impugnativa del provvedimento amministrativo di revoca, ma riguarda il diritto del cittadino ad ottenere la tutela che la legge gli accorda, sicché il giudice è chiamato ad accertare se sussista, o meno, il diritto alla prestazione, verificandone le condizioni di esistenza alla stregua dei requisiti richiesti dalla legge, vigente al momento della nuova domanda, trattandosi del riconoscimento di un nuovo diritto del tutto diverso, ancorché identico nel contenuto, da quello estinto per revoca.”

Orbene, la Corte d’appello di Napoli ha dimostrato di essersi attenuta esattamente a tali principi nel momento in cui ha posto in evidenza che, a fronte di una revoca fondata unicamente su un nuovo accertamento sanitario, il ricorrente era egualmente onerato della prova del requisito socio-economico e che, pertanto, l’Inps non poteva essere condannato al pagamento dei ratei di pensione di inabilità non avendo l’interessato fornito neppure un principio di prova in ordine alla sussistenza del requisito reddituale.

Né può sottacersi che il Q. non ha affatto censurato la parte della motivazione in cui la Corte partenopea ha posto seriamente in dubbio che nel giudizio di primo grado fosse stata introdotta una rituale domanda di condanna al ripristino anche della prestazione di cui all’art. 12 della legge n. 118 del 1971.

Infatti, la Corte di merito ha rilevato che nel ricorso di primo grado il Q. aveva allegato unicamente la sua condizione di “non ricovero a carico dello Stato”, mentre non aveva espressamente richiesto la condanna dell’Inps al pagamento dei ratei della pensione di inabilità.

Pertanto, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo nei confronti dell’Inps. Non va, invece, adottata alcuna statuizione in ordine alle spese nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze che è rimasto solo intimato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese nei confronti dell’Inps nella misura di € 1600,00, di cui € 1500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge. Nulla per le spese nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.