CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 23 ottobre 2017, n. 24997
Lavoratori occupati con contratto co.co.pro. – Contributi alla Gestione separata – Verbale di accertamento – Opposizione – Erronea identificazione del destinatario del verbale ispettivo – Errata indicazione del numero delle pagine dell’atto – Non sussiste
Fatti di causa
A) G.S.G. s.r.l. proponeva opposizione nei confronti di un verbale di accertamento (notificato il 22.12.07 – ricorso del 18.02.08) con cui l’INPS le addebitava di non aver corrisposto i contributi alla Gestione separata per alcuni lavoratori occupati con contratto co.co.co o a progetto.
B) Rigettata l’opposizione e proposto appello dalla soccombente, la Corte d’appello di Milano (sentenza del 14.07.11) rigettava l’impugnazione, rilevando l’infondatezza delle contestazioni formali (errore circa l’identificazione del destinatario e del numero delle pagine del verbale) e l’inconferenza delle censure di merito dedotte, con le quali si contestava un inesistente accertamento di un rapporto di lavoro subordinato.
C) Propone ricorso per cassazione la G.S.G. s.r.l. con tre motivi.
L’INPS deposita procura in calce al ricorso notificato.
Ragioni della decisione
1. Coi primi due motivi, dedotti rispettivamente per violazione e/o falsa applicazione di imprecisate norme di diritto e per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, la ricorrente lamenta, in sintesi, quanto segue:
– La Corte d’appello non aveva preso in considerazione il merito del verbale di accertamento impugnato; in detto verbale mancava la precisa indicazione delle posizioni previdenziali in relazione alle quali era stato contestato l’omesso versamento dei contributi; tali motivi di illegittimità erano stati tempestivamente sollevati; tali omissioni avevano determinato la violazione del diritto di difesa; la mancata motivazione del quantum delle sanzioni costituiva un vizio insanabile del verbale di accertamento; le predette censure erano state inspiegabilmente rigettate dalla Corte d’appello; erano stati violati gli artt. 14 e 15 del Codice di comportamento del personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali in tema di redazione del verbale di accertamento a causa della mancata determinazione delle aliquote contributive e del gravame presuntivamente dovuto per ognuna delle posizioni contributive; la Corte territoriale aveva deciso la causa prescindendo non solo dai motivi di censura ma anche dalla circolare Inps n. 166 del 27.10.2003 in tema di regolamentazione dell’attività di vigilanza ispettiva; la sentenza impugnata era errata nella parte in cui era stata ritenuta fondata l’eccezione dell’Inps in ordine alla dedotta inammissibilità delle nuove domande ed eccezioni proposte per la prima vota in secondo grado.
1.a. Tali motivi, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
Invero, trattasi di motivi inconferenti rispetto alla ratio decidendi posta a base dell’impugnata sentenza. Questa è, infatti, incentrata sostanzialmente sui seguenti rilievi: la società appellante aveva basato l’originaria domanda di accertamento negativo dell’obbligo contributivo su due circostanze di natura formale, dedotte come motivi di nullità, vale a dire l’erronea identificazione del destinatario del verbale ispettivo e l’errata indicazione del numero delle pagine di tale atto (tre anziché due), mentre erano nuove e, pertanto, inammissibili le ulteriori doglianze, anch’esse di natura formale, relative alla presunta inosservanza della normativa regolamentare rivolta agli appartenenti all’ente previdenziale; inoltre, tale domanda risultava incoerente con l’esito dell’accertamento eseguito dagli ispettori dell’Inps, i quali avevano addebitato alla ricorrente di non aver effettuato il versamento dei contributi dovuti alla Gestione Separata Inps, istituita per i rapporti di lavoro autonomo ai sensi del comma 26 dell’art. 2 della legge n. 335 del 1995.
1.b. Invece, la ricorrente solleva questioni di tipo differente rispetto al contenuto dei rilievi formulati dalla Corte d’appello, dolendosi, in particolare, della mancata specificazione delle posizioni contributive e delle relative aliquote e dell’asserita lesione del diritto di difesa che ne sarebbe scaturita, ma omette di impugnare la motivazione della Corte territoriale in punto di inconferenza delle censure di merito. Infatti, la Corte d’appello ha posto bene in risalto l’inconferenza dei motivi del gravame rispetto alla precisa contestazione della riscontrata mancanza di versamento dei contributi alla Gestione separata per i rapporti di lavoro autonomo, dopo aver osservato che la difesa dell’appellante si era limitata a far riferimento alla inconferente questione della qualificazione come subordinati dei rapporti di lavoro intercorsi coi collaboratori inquadrati con contratto a progetto, addebito, questo, non rinvenibile nel verbale di accertamento oggetto di causa. Né ha pregio il tentativo della ricorrente di confutare la rilevata novità di alcune delle eccezioni in appello assumendo che si trattava di mere difese, sottratte alle preclusioni valevoli per le eccezioni in senso stretto. Ebbene, tale considerazione pecca, anzitutto, di autosufficienza, non avendo la ricorrente precisato in quali termini ed in quale fase del procedimento di primo grado avrebbe prospettato le suddette difese e, in ogni caso, si rileva che quelle giudicate come nuove dalla Corte territoriale (doglianze su asserite illegittimità o nullità del verbale di accertamento basate su normativa regolamentare o su normativa attinente agli atti processuali) integrano delle eccezioni in senso stretto in quanto dirette a neutralizzare la validità della procedura volta alla realizzazione della pretesa contributiva oggetto di causa.
2. Col terzo motivo, formulato per vizio di merito, la ricorrente ritiene erronea la decisione con la quale la Corte d’appello ha respinto le eccezioni di nullità ed invalidità del verbale di accertamento ispettivo, vale a dire quelle riferite alla errata identificazione del destinatario dell’atto stesso ed alla mancanza di una pagina di tale atto.
2.a. Anche tale motivo è infondato in quanto, con motivazione adeguata ed immune da vizi di ordine logico-giuridico, come tale sottratta ai rilievi di legittimità, la Corte di merito ha bene evidenziato l’irrilevanza della circostanza per la quale il signor B.R. potesse non essere stato amministratore delegato, come indicato nel verbale di accertamento, ma solo membro del consiglio di amministrazione. A tal riguardo la Corte d’appello ha chiarito che, anche prescindendo dalla considerazione che dalla visura camerale prodotta dalla medesima appellante risultava che al B. erano stati attribuiti tutti i poteri di direzione e di firma collegati alla qualifica di consigliere, si rilevava che nel verbale di accertamento risultavano indicati quali responsabili aziendali, oltre al predetto B., anche il Presidente del consiglio di amministrazione M.C., cioè colui al quale il verbale era stato poi notificato in tale sua qualità, tanto che anche nell’epigrafe del ricorso ex art. 414 c.p.c. quest’ultimo risultava indicato come legale rappresentante della società, per cui questa non aveva subito alcun pregiudizio al diritto di difesa.
2.b. Quanto alla circostanza dell’errata indicazione delle pagine del verbale di accertamento la Corte di merito ha correttamente rilevato che la stessa era frutto di un mero refuso di stampa costituente un evidente errore materiale, posto che il verbale notificato e prodotto in giudizio, composto di due pagine, recava i numeri in sequenza e la dicitura “pagina 2 di 2” era preceduta dalle diciture “firma del ricevente” e “firma dell’ispettore verbalizzante”, quest’ultima seguita dalla sottoscrizione dell’ispettore.
3. In definitiva il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di € 3200,00, di cui € 3000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
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