CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 31 agosto 2017, n. 20644
Condotta antisindacale – Quote sindacali associative – Cessioni di credito dei lavoratori – Gravosità delle trattenute
Rilevato
che con sentenza in data 28 aprile 2012 la Corte di Appello di Brescia, decidendo a seguito di riassunzione dalla cassazione della sentenza della Corte di appello di Venezia, ha riformato la sentenza del Tribunale di Padova ed ha dichiarato antisindacale il rifiuto di P.I. s.p.a. di corrispondere al sindacato C. quanto dovuto in forza delle cessioni di credito dei lavoratori iscritti ordinando a P.I. di eseguire tali versamenti mensili in relazione alle comunicazioni ricevute.
che avverso tale sentenza P.I. s.p.a. ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo, al quale ha opposto difese C. PT Coordinamento di base dei delegati P.T. aderente alla CUB di Padova e Provincia con controricorso.
che P.I. s.p.a. ha depositato memoria chiedendo che fosse dichiarata cessata la materia del contendere con riguardo alla disposta condanna ai versamenti mensili ed insistendo nel resto nelle richieste formulate.
Considerato
Che con il ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 437 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. e si sostiene che l’onere di nuove allegazioni era scaturito dalla sentenza della Cassazione che aveva ritenuto insufficiente la motivazione della Corte di appello di Venezia rimettendo al giudice di merito ulteriori accertamenti di fatto ed autorizzando, così, la società ad introdurre nuovi elementi per dimostrare l’eccessiva gravosità delle trattenute. Inoltre il giudice del rinvio avrebbe escluso la gravosità delle trattenute in base ad un’apodittica ed indimostrata considerazione (solo 37 le posizioni che annualmente comportavano 444 operazioni gestibili anche tramite procedure informatiche) e senza tener conto delle ulteriori circostanze allegate relative alle operazioni collaterali collegate (lettere di comunicazione, di accredito, computo delle somme da liquidare, verifica della correttezza, soluzione questioni anche giudiziarie) da moltiplicare per le annualità di proroga unilaterale. Con la memoria, poi, si è dato atto della rinuncia dei lavoratori aderenti al C. PT all’effettuazione da parte della Società delle trattenute, con conseguente cessazione della materia del contendere in relazione alla pronunciata condanna.
che ritiene il Collegio si debba rigettare la censura formulata nel ricorso;
che, infatti, va ribadito il principio che “Il carattere di processo “chiuso” del giudizio di rinvio, ai sensi dell’art. 394 c.p.c., che comporta che la controversia debba essere riproposta nello stato di istruzione nel quale fu pronunciata la sentenza cassata, preclude la formulazione di nuove istanze di prova, che non siano rese necessarie da statuizioni della sentenza di cassazione”(Cass. 01/10/2014 n. 20743, 23/02/2006 n. 4018, 27/07/2004 n. 14134, 7/07/2004 n. 12479, 17/02/2004 n. 3109);
che nel caso in esame la controversia è stata rimessa al giudice di rinvio solo per una valutazione dell’assetto, di fatto, risultante in causa. Ed infatti risulta dalla sentenza che vi erano altri elementi allegati (mancata rappresentatività, legittimazione difetto di rappresentanza, attualità della condotta, nullità della cessione) e non considerati dalla sentenza cassata che hanno determinato la cassazione con rinvio della sentenza.
che pertanto dalle superiori argomentazioni discende coerente il rigetto del ricorso, inammissibile la richiesta di deposito di documentazione relativa alla avvenuta comunicazione da parte di alcuni dei lavoratori di non essere più iscritti al C. PT ovvero di aver versato direttamente le quote. Come è noto, infatti, non è ammesso il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del processo, salvo che non riguardino l’ammissibilità del ricorso e del controricorso ovvero eventuali nullità inficianti direttamente la sentenza impugnata, nel quale caso essi vanno prodotti entro il termine per l’iscrizione a ruolo stabilito dall’art. 369 cod. proc. civ. nella specie neppure rispettato.
che le spese vengono regolate in dispositivo e, poste a carico della parte ricorrente che è risultata soccombente, vanno distratte in favore degli avvocati R.A. e L.Z. che se ne sono dichiarati antistatari.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 4000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie ed accessori dovuti per legge.
Spese da distrarsi n favore degli avvocati dichiaratisi antistatari R.A. e L.Z.
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