CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 novembre 2020, n. 24235
Tributi – Trust autodichiarato – Mera costituzione del vincolo sui beni – Assenza di effettivo trasferimento dei beni ai beneficiari – Esenzione – Legittimità
Ritenuto che
1. L’Agenzia dell’Entrate con avviso di liquidazione riguardante il recupero in misura proporzionale dell’imposta di donazione e successione, dell’imposta ipotecaria e castale relative all’atto di istituzione del trust registrato il 29/7/2012 con il quale M.G. si era autonominata trustee del proprio patrimonio nonché beneficiaria, unitamente a M.F., C.F. e G.P.E.F.
2. I contribuenti impugnavano dinnanzi alla CTP di Milano l’avviso di liquidazione deducendone, tra l’altro, l’inesistenza dei presupposti di fatto e diritto per l’imposizione della tassazione in esso indicata.
3. La CTR con la sentenza n. 1853/49/16, depositata il 01/04/2016, in riforma della pronuncia di primo grado, accoglieva gli originari ricorsi sul presupposto che l’atto oggetto di tassazione non aveva comportato alcun trasferimento di ricchezza, presupposto necessario per l’applicazione delle imposte richieste.
4. Avverso tale sentenza l’Agenzia dell’Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
5. I contribuenti non si sono costituiti.
Considerato che
1. L’Agenzia delle Entrate deduce, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 2, del d.l. n. 262 del 2006 conv. in I. n. 286 del 2006 e degli artt. 1 e 10 del d.lgs. n. 347 del 1990.
La ricorrente ritiene che erroneamente la CTR ha ritenuto esente da tassazione il trust autodichiarato oggetto dell’avviso di liquidazione in assenza di un effettivo trasferimento patrimoniale e, quindi, di un arricchimento o, comunque, di un vantaggio-incremento economico.
La ricorrente rileva che nel caso di specie il trust autodichiarato seppure formalmente non implica alcun trasferimento del patrimonio della disponente, sul piano sostanziale ne comporta la separazione; fenomeno, quest’ultimo, rilevante ai fini fiscali. A sostengo di tale tesi la ricorrente richiama il disposto dell’art. 2 cit. il quale non subordina la pretesa impositiva ad un effetto traslativo ma semplicemente alla costituzione del vincolo con effetti segreganti rispetto al patrimonio del disponente.
2. Il motivo non è fondato.
La questione posta all’esame del Collegio attiene a quale fatto sia fiscalmente rilevante in materia di trust e, in particolare se, ai fini dell’imposizione dell’imposta di donazione, ipotecaria e catastale, sia sufficiente la mera costituzione del vincolo sui beni o occorra l’effettivo trasferimento di essi ai beneficiari.
Il trust trova la sua disciplina, quanto alla materia dell’imposizione indiretta, nell’art. 2, comma 47, del d.l. n. 262 del 2006, conv. in I. n. 286 del 2006, che per gli atti di costituzione di vincoli di destinazione richiama il d.lgs. n. 346 del 1990 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni). In particolare, l’art. 2, comma 47, cit. prevede che «è istituita l’imposta sulle successioni e clonazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui ai decreto legislativo 31 ottobre 1990; n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54», stabilendo il successivo comma 49 che «per le donazioni e gli atti di trasferimento a titolo gratuito di beni e diritti e la costituzione di vincoli di destinazione di beni l’imposta è determinata dall’applicazione delle seguenti aliquote al valore globale dei beni e dei diritti al netto degli oneri da cui è gravato il beneficiario diversi da quelli indicati dall’articolo 58, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, ovvero, se la donazione è fatta congiuntamente a favore di più soggetti o se in uno stesso atto sono compresi più atti di disposizione a favore di soggetti diversi, al valore delle quote dei beni o diritti attribuiti: a) a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 1.000.000 di euro: 4 per cento; a-bis) a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 euro: 6 per cento; b) a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado: 6 per cento; c) a favore di altri soggetti: 8 per cento».
Per effetto del combinato disposto delle norme sopra riportate il legislatore ha esteso l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni anche ai negozi di costituzione di vincoli di destinazione, come il trust.
Con riferimento a tale disciplina questa Corte (Cass. n. 1131 del 2019, n. 19167 del 2019), con orientamento pienamente condiviso dal Collegio, ha affermato che «non si può trarre dallo scarno disposto del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, il fondamento normativo di un’autonoma imposta, intesa a colpire ex se la costituzione dei vincoli di destinazione, indipendentemente da qualsivoglia evento traslativo, in senso proprio, di beni e diritti, pena il già segnalato deficit di costituzionalità della novella così letta» precisando, poi, che «in relazione agli atti di dotazione del fondo oggetto di causa (…), il giudice di appello (…) ha correttamente escluso che la costituzione del vincolo di destinazione sulle somme di denaro conferite in trust avesse prodotto un effetto traslativo immediato, solo in tal caso giustificandosi la soggezione dell’atto dotativo all’imposta sulle successioni e donazioni, in misura proporzionale, in quanto sicuro indice della capacità economica del soggetto beneficiato» laddove «una lettura costituzionalmente orientata della normativa in esame (artt. 53 e 23 Cost.), attribuisce giusto rilievo al fatto che l’imposta prevista dal d.lgs. n. 346 del 1990 non può che essere posta in relazione con “un’idonea capacità contributiva”, che il conferimento di beni e diritti in trust non integra di per sé un trasferimento imponibile e, quindi, rappresenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta».
In conformità all’indirizzo giurisprudenziale sopra indicato è stato, poi, affermato (Cass. n. 15455 del 2019) il principio secondo cui è illogico affermare applicabili le imposte proporzionali, dovute per la trascrizione e la voltura di atti che importano trasferimento di proprietà di beni immobili, già al momento del conferimento dei beni in trust, perché a tale momento è correlabile un trasferimento (al trustee) solo limitato (stante l’obbligo di destinazione che comprime il diritto di godimento del medesimo trustee rispetto a quello di un pieno proprietario) e solo temporaneo mentre il trasferimento definito di ricchezza – che rileva quale indice di capacità contributiva in relazione al cui manifestarsi sono pretendibili le imposte proporzionali- si verifica solo al momento del trasferimento finale al beneficiari (cfr. Cass. n. 25478 del 2015; negli stessi termini le sentenze n.25479 del 2015, n.25480 del 2015, n.975 del 2018 e n.13141 del 2018).
La giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 16699 del 2019) ha ulteriormente precisato che «Poiché ai fini dell’applicazione delle imposte di successione, registro ed ipotecaria è necessario, ai sensi dell’art. 53 Cost., che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale, nel “trust” di cui alla l. n. 364 del 1989 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja 1° luglio 1985), detto trasferimento imponibile non è costituito né dall’atto istitutivo del “trust”, né da quello di dotazione patrimoniale fra disponente e “trustee” in quanto gli stessi sono meramente attuativi degli scopi di segregazione e costituzione del vincolo di destinazione, bensì soltanto dall’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario».
Va, dunque, ribadito che la sola apposizione del vincolo non comporta, di per sé, incremento patrimoniale significativo di un reale trasferimento di ricchezza, con quanto ne consegue in ordine alla non ravvisabilità in esso di forza economica e capacità contributiva ex art.53 Cost., quest’ultime poste a fondamento delle imposte richieste dall’Agenzia delle Entrate con l’avviso liquidazione impugnato. Ed invero, se non può negarsi che l’apposizione del vincolo, in quanto tale, determina per il disponente l’utilità rappresentata dalla separatezza dei beni (limitativa della regola generale di cui all’articolo 2740 c.c.) in vista del conseguimento di un determinato risultato di ordine patrimoniale; tale utilità, però, non concretizza, di per sé, alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al disponente e nemmeno al trustee, incremento che si verificherà (eventualmente e in futuro) in capo al beneficiario finale, di talché la strumentalità dell’atto istitutivo e di dotazione del trust ne giustifica, nei termini indicati, la fiscale neutralità.
3. La CTR ha fatto corretta applicazione di tali principi, nella parte in cui, ha ravvisato che nella fattispecie «gli immobili costituiti in trust sono rimasti in proprietà della disponente e pertanto le imposte più volte indicate non sono applicabili», tenuto conto che la G. nell’istituire il trust individuava se stessa quale trustee e conferiva allo stesso propri beni al fine di assicurarsi il mantenimento dell’attuale tenore e qualità di vita, la cura e l’assistenza personale e medica, individuando quali beneficiari la stessa disponente e i suoi discendenti legittimi.
In conclusione, risulta frutto di una errata interpretazione normativa l’assunto della ricorrente secondo cui ciò che rileva ai fini fiscali è il mero vincolo di destinazione con la segregazione del bene conferito essendo irrilevante l’arricchimento del destinatario del bene; assunto che oblitera completamente la circostanza che le imposte in esame trovano ragione in manifestazioni di ricchezza conseguenti a trasferimenti patrimoniali.
4. Il ricorso va pertanto rigettato.
5. Nulla va disposto in ordine al governo delle spese del giudizio, in assenza di attività difensiva da parte della parte vittoriosa.
Non esistono i presupposti per il doppio contributo ex art. 13 co. 1-quater DPR 115/02.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.