Corte di Cassazione ordinanza n. 20810 del 29 giugno 2022
trust – neutralità fiscale
FATTI DI CAUSA
I contribuenti, rispettivamente nella qualità di trustee e conferente obbligato in solido, hanno proposto ricorso avverso l’avviso di rettifica e liquidazione relativo all’atto di costituzione del TRUST G. (trust autodichiarato) e conferimento dei beni, ai rogiti del notaio Chiodi in data 13 dicembre 2012. Il notaio aveva liquidato le imposte su base imponibile pari a zero e quindi registrato l’atto e versate le imposte in misura fissa, mentre l’ufficio aveva preteso l’imposta in misura proporzionale, rettificando il valore del compendio nella misura di un milione di euro.
Il ricorso dei contribuenti è stato accolto in primo grado mentre la Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello dell’Agenzia, ritenendo che si debba applicare l’ imposta sulla donazione.
Avverso la presente sentenza propongono ricorso per cassazione i contribuenti affidandosi a due motivi. Si è costituita con controricorso l’Agenzia delle entrate. La parte ricorrente ha depositato memoria. La causa è stata trattata all’udienza camerale non partecipata del 26 maggio 2022.
RITENUTO CHE
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p..c la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 commi 47 e 49 del decreto legge 262/2006 nonché dell’art. 1 del decreto legislativo 347/ 1990 e dell’allegata tariffa.
La ricorrente deduce che ha errato il giudice d’appello a ritenere che l’atto di conferimento dei beni in trust sia assoggettabile all’imposta sulle donazioni e alle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale poiché, come ritiene la giurisprudenza di legittimità, il trust produce soltanto efficacia segregante dei beni in esso conferiti e non un effettivo trasferimento di ricchezza imponibile; il presupposto impositivo può aversi solo qualora si realizzi un reale arricchimento mediante un reale trasferimento di beni e diritti.
Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art 360 n. 5 c.p.c. l’ omesso esame di fatto decisivo per il giudizio deducendo che non si è tenuto conto di quale fosse l’effettivo valore dei beni conferiti in trust, in ragione della tempestiva contestazione da parte dei ricorrenti della quantificazione effettuata dall’ufficio.
2.- Il primo motivo è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte si è progressivamente orientata nel senso di ritenere la neutralità fiscale del trust, posto che l’effetto di segregazione non comporta, di per sé, incremento patrimoniale significativo di un reale trasferimento di ricchezza; e da ciò consegue, nell’ottica di un’interpretazione costituzionalmente orientata, che non può ravvisarsi nell’atto di costituzione del trust un indice di forza economica e capacità contributiva ex art.53 Cost.. La discrezionalità del legislatore nell’individuare i presupposti impositivi deve pur sempre muoversi in un ambito di ragionevolezza e di non-arbitrio (Corte Cost. n. 4/1957 e n. 83/2015), posto che la capacità contributiva in ragione della quale il contribuente è chiamato a concorrere alle pubbliche spese “esige l’oggettivo e ragionevole collegamento del tributo ad un effettivo indice di ricchezza” (C.Cost.ord.394/08). Indice che, nel caso del trust, non prende consistenza prima del completamento del percorso cui esso è preordinato. L’apposizione del vincolo, infatti, determina per il disponente l’utilità rappresentata dalla segregazione dei beni in vista del conseguimento di un determinato risultato di ordine patrimoniale; ed è appunto al conseguimento di detto risultato che si deve guardare per individuare il momento in cui la ricchezza si sposta e viene conseguita una utilità economicamente apprezzabile. Il trust di per sé non determina alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al disponente e nemmeno al trustee, incremento che si verificherà (eventualmente e in futuro) in capo al beneficiario finale.
Inoltre, il fatto che il beneficiario sia eventualmente individuato fin dall’atto istitutivo non comporta di per sé necessaria deviazione dal tipo negoziale del trust e, soprattutto, non giustifica l’immediata tassazione proporzionale, dal momento che la sola designazione, per quanto contestuale e palese (c.d. trust ‘trasparente’), non equivale in alcun modo a trasferimento immediato e definitivo del bene, con quanto ne consegue in ordine all’applicazione dei già richiamati principi impositivi.
La giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata nell’affermare che per l’applicazione dell’imposta di donazione, così come di quella proporzionale di registro ed ipocatastale, è necessario che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale; nel trust, un trasferimento così imponibile non è riscontrabile né nell’atto istitutivo né nell’atto di dotazione patrimoniale tra disponente e trustee – in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione – ma soltanto in quello di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario, a compimento e realizzazione del trust medesimo (Cass. 19167/2019; Cass 29507/2020; Cass. n. 8082/2020, Cass. 13/2021).
Ne consegue, in accoglimento del primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, la cassazione della sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, può decidersi nel merito accogliendo l’originario ricorso dei contribuenti.
In ragione del progressivo consolidamento della giurisprudenza di questa Corte, le spese dell’intero giudizio possono essere compensate.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso dei contribuenti. Compensa interamente tra le parti le spese del doppio grado di merito e del giudizio di legittimità.