CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 febbraio 2021, n. 3081
Tributi – Agevolazioni fiscali – Credito d’imposta per nuovi investimenti – Art. 8, Legge n. 388/2000 – Decadenza
Ritenuto che
– la C.T.R. di Napoli sez. staccata di Salerno, con sentenza n. 530/04/13, accoglieva l’appello proposto, avverso la sentenza della CTP di Salerno n. 123/8/11, proposto dall’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Salerno contro S.D. Rappresentanze di M.D’A. e V.S. SNC., che aveva impugnato la cartella di pagamento emessa per il recupero del credito di imposta, dovuto a seguito della sentenza della CTR n. 38/12/2009;
– avverso detta sentenza proponeva ricorso innanzi a questa Corte la S.D. Rappresentanze di M.D’A. e V.S. SNC. eccependo:
– mancanza di motivazione ovvero motivazione apparente e illogica in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, n. 5, c.p.c.), ovvero violazione dell’art. 112 c.p.c. e violazione dell’art. 111 Cost, comma 6 (art. 360, n. 3, c.p.c.);
– violazione e falsa applicazione dell’art. 42 d.P.R. 600/73», degli artt. 6, 7 e 10 dello Statuto del contribuente e dell’art. 3 I. 241/90 (art. 360, n. 3 c.p.c.);
– l’intimata Agenzia delle Entrate si costituiva con controricorso;
Considerato che
– la cartella di pagamento in esame è stata emessa seguito di altro giudizio scaturito dall’avviso di recupero del credito di imposta notificato all’odierna ricorrente, dall’Agenzia delle Entrate di Eboli. Nell’avviso, era stato negato il diritto a detto credito, ex art. 8 legge n. 388/2000, in quanto era stato contestato l’utilizzo dell’investimento immobiliare in modo diverso da quanto dichiarato nel contratto di compravendita. A seguito di ricorso, la CTP di Salerno, con sentenza n. 27/06/06 annullava l’atto impositivo, ritenendo che l’investimento non avesse derogato alle finalità previste dalla legge (l’immobile era stato, solo parzialmente e a tempo limitato, utilizzato per esigenze abitative dell’amministratore della società); in sede di gravame, la CTR, con la sentenza n. 38/12/2009, accoglieva in parte l’appello dell’Agenzia disconoscendo – solo in parte – l’arbitrario utilizzo del credito di imposta e disponeva che l’Agenzia procedesse al ricalcolo dell’entità del credito di imposta da recuperare.
Seguiva, quindi, l’emissione della cartella di pagamento (n. 100 2010 00069972 25 -qui impugnata-) con la quale l’Agenzia agiva per il recupero di Euro 28.995,44.
A seguito dì impugnazione di detta cartella, la CTP di Salerno con la sentenza n. 123/8/11, premesso che, in base alla pregressa decisione della CTR (che aveva stabilito che l’arbitrario utilizzo del credito di imposta dovesse essere disconosciuto solo in parte e ricalcolato in proporzione dell’intera struttura), riteneva che l’Ufficio avesse proceduto a tale ricalcolo unilateralmente, senza alcun preventivo contraddittorio con la controparte, non contenendo il PVC alcun elemento utile per individuare i riferimenti necessari alla correzione statuita dalla CTR. Pertanto, nella fattispecie, prima di procedere all’iscrizione a ruolo, era necessario emettere un nuovo avviso di recupero , che , in ottemperanza alla decisione della CTR , esplicitasse i criteri seguiti nella rideterminazione dell’entità del credito d’imposta da recuperare.
Da ultimo, in sede di gravame, con la sentenza qui impugnata, la CTR di Salerno accoglieva l’appello dell’Ufficio, in quanto dalla perizia giurata extragiudiziale (prodotta dalla soc. ricorrente) si poteva agevolmente dedurre che “la superficie destinata ad abitazione era pari a circa alla metà dell’intera superficie del fabbricato metro più metro meno” . Il fabbricato, infatti era composto di un piano seminterrato, un piano rialzato ed un primo piano (tutti di uguale superficie), sicché – sempre secondo la CTR- la destinazione ad abitazione di parte del piano rialzato e dell’intero primo piano, non poteva che corrispondere al 50% dell’intera della superficie fabbricato.
– Con riguardo ai motivi del ricorso qui proposto dalla S.D., osserva la Corte che, la censura di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti) non può trovare accoglimento. Questa Corte ha in più occasioni osservato che Il nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 c.p.c. introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali), che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c., il ricorrente è tenuto ad indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”. Nessuna indicazione di un fatto storico omesso è stata invece formulata in ricorso, risolvendosi il motivo in un’istanza di revisione in ordine alle valutazioni del giudice di merito.
Con riferimento all’altra dedotta violazione (di cui all’art.360 comma 1 n.3), la ricorrente S. si duole del fatto che la CTR abbia fondato le sue valutazioni su un fatto pacifico ed ammesso dallo stesso contribuente, sin dall’inizio dello stesso accertamento tributario, ossia la parziale occupazione dell’immobile, riferita peraltro ad una circostanza passata. Non solo ma, quanto alla porzione occupata (pari a circa la metà della superfice, metro più metro meno) la motivazione si presentava gravemente lacunosa. Va necessariamente premesso, con riferimento ai termini dell’impegno assunto nell’atto, che la compravendita è del 28-10-2002 e che, con il p.v.c. del 21-7-2005, risulta accertato l’uso parzialmente diverso da quello oggetto dell’impegno assunto per usufruire dell’agevolazione.
La legge 388/2000 art. 8 co. 7 prevede, a pena di decadenza, che entro il termine di due anni i beni oggetto dell’agevolazione devono entrare in funzione. Sul punto, questa Corte ha avuto modo di precisare, con orientamento anche in questa sede va data continuità (Cass, n. 20810/2017), che: “Se i beni oggetto dell’agevolazione non entrano in funzione entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello della loro acquisizione o ultimazione, il credito d’imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni non entrati in funzione.” Ed ha affermato il principio secondo cui il beneficio del credito d’imposta per nuovi investimenti, previsto dall’art. 8 della legge 23 dicembre 2000 n. 388, è riferito specificamente alle acquisizioni di beni strumentali nuovi, destinati alle strutture produttive già esistenti o che vengano impiantate nelle aree individuate come svantaggiate dalla Commissione delle Comunità Europee. Perché sussista il requisito della strumentalità indicato è necessario che i costi e i ricavi si inseriscano nella contabilità di una struttura produttiva effettivamente operante nel territorio, per realizzare nella zona svantaggiata non solo quei costi e quei ricavi, ma l’oggetto stesso della propria attività di impresa ( Cass. n. 3310 del 11/02/2009 ). Nel caso in esame, sia alla data del p.v.c. (21.7.2005), che nella data di redazione della perizia (febbraio 2006), dall’anno 2002 il termine previsto dall’art. 8 della legge 23 dicembre 2000 n. 388 era ampiamente decorso.
Tornando alla questione qui rimessa, relativa al profilo motivazionale della decisione della CTR, dal momento che l’utilizzo parziale deve, come detto, ritenersi accertato nel precedente procedimento, va rilevato che deve ritenersi corretta la motivazione basata sulla una valutazione del materiale probatorio in atti (risultanze p.v.c. e perizia stragiudiziale).
In quest’ultima, peraltro, si riconosce effettivamente l’uso diverso, da quello dichiarato nell’atto, di parte dell’immobile agevolato. La contribuente, inoltre, non ha indicato gli elementi di segno contrario – decisivi -, che se invece fossero stati valutati dalla C.T.R., avrebbero condotto con certezza ad una differente decisione in punto di dedotta temporaneità (si afferma per tre mesi) dell’uso diverso.
L’accertamento operato dalla CTR si appalesa, pertanto, incensurabile in quanto, come detto, fondato sulle risultanze del PVC, sulla perizia stragiudiziale e sulle stesse ammissioni della soc. contribuente, in relazione all’utilizzo del bene.
Né, invero, il contribuente, che pure ha invocato, sul punto, un contraddittorio con l’Ufficio, ha giustificato o dato spiegazioni in ordine alla circostanza rilevata dall’Agenzia, concernente la necessità per il socio di utilizzare l’immobile aziendale, anche solo temporaneamente, per finalità abitative, imponendo una oggettiva utilizzazione, temporaneamente e parzialmente diversa dell’immobile, che beneficiava del credito di imposta.
E non ha offerto concreti elementi per giustificare una diversa valutazione e per dimostrare, come suo onere, trattandosi di un beneficio fiscale, la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento del beneficio stesso.
Né si ravvisa, infine, da parte del giudicante, come dedotto dal ricorrente, una impropria attività di supplenza dal momento che il compito demandatogli era proprio quello di verificare la correttezza dell’operato dell’Ufficio. Sotto questo profilo la sentenza appare idoneamente motivata nella parte in cui non ha ritenuto carente la motivazione della cartella.
Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
La Corte, con la presenza del Presidente Dott. D.M. e con la presenza, da remoto, degli altri componenti,
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 4.100,00 oltre accessori di legge. Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater DPR. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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