CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 settembre 2018, n. 22082
Rapporto di lavoro – Procedura concorsuale – Accesso ad una qualifica funzionale interna alla medesima area professionale – Decorrenza economica del superiore inquadramento
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Roma ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle Dogane avverso la sentenza del Tribunale della stessa, città che, in accoglimento dei ricorsi, poi riuniti, proposti da C.M., E.R., L.P. e I.P., aveva accertato il diritto delle ricorrenti ad essere inquadrate, anche a fini economici, nell’8° livello dal 2/9/1996 ed aveva condannato l’Agenzia al risarcimento del danno commisurato alle differenze retributive maturate dalla data di pubblicazione della graduatoria del concorso a quella di effettiva immissione nella qualifica;
2. la Corte territoriale ha ritenuto la giurisdizione del giudice ordinario, evidenziando che la lesione del diritto vantato dalle ricorrenti si era verificata allorquando, in occasione dell’approvazione della nuova graduatoria, la decorrenza economica del superiore inquadramento era stata fatta decorrere ex nunc e non ex tunc;
3. il giudice d’appello ha ritenuto evidente la colpa dell’amministrazione, consistita nell’avere inserito in graduatoria concorrenti che non avevano diritto a partecipare alla procedura, danneggiando in tal modo le appellate;
4. infine la Corte romana ha respinto l’eccezione di prescrizione, riproposta con l’atto di gravame, perché il diritto poteva essere fatto valere solo a partire dalla delibera assunta dal commissario ad acta nell’anno 2004;
5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle Dogane sulla base di cinque motivi, ai quali hanno opposto difese, con distinti controricorsi illustrati da memoria, M.C.M. e L.P. nonché I.P. e E.R.;
6. con decreto del 13 febbraio 2018 il ricorso è stato assegnato dal Primo Presidente alla Sezione Lavoro ex art. 374 comma 1 cod. proc. civ.
Considerato che
1. i primi due motivi di ricorso ripropongono l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario e denunciano la violazione dell’art. 69 del d.lgs. n. 165/ 2001 (1° motivo), dell’art. 63, comma 4, d.lgs. n. 165/2001 e dell’art. 7, comma 3, I. n. 205/2000 (2° motivo);
1.1. l’Agenzia del Demanio, ricostruita la complessa vicenda concorsuale e richiamate le plurime pronunce dei giudici amministrativi chiamati a valutare la legittimità, dapprima, delle clausole del bando e, poi, della graduatoria formata dall’Amministrazione, sostiene, in sintesi, che le originarie ricorrenti avevano fatto valere un diritto sorto antecedentemente al 30 giugno 1998, essendo la domanda legata all’illegittimità della graduatoria pubblicata nell’anno 1996;
1.2. aggiunge che la riserva alla giurisdizione amministrativa delle controversie in materia di procedure concorsuali si estende anche alle prove selettive dirette a permettere l’accesso del personale già in servizio ad una fascia o ad un’area superiore e comprende necessariamente la domanda di risarcimento del danno derivato dall’esercizio di attività autoritativa;
2. la terza censura, formulata ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., denuncia la violazione dell’art. 2043 cod. civ. e dei principi in materia di responsabilità civile perché la colpa, erroneamente ritenuta evidente dalla Corte territoriale, doveva essere accertata in concreto, non potendo essere desunta dalla sola illegittimità dell’atto, tanto più che nella specie la sussistenza di contrasti giudiziari e la complessità della questione doveva indurre a ritenere l’errore scusabile;
3. con la quarta critica la ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e, richiamate le deduzioni contenute nell’atto di appello, rileva che la Corte romana non ha per nulla valutato la complessa vicenda contenziosa «generativa di un’evidente incertezza dell’azione amministrativa» della quale lo stesso giudice amministrativo aveva dato atto in alcune pronunce;
4. il quinto motivo denuncia la «violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2947 c.c.» in quanto il fatto costitutivo dell’illecito non poteva essere individuato nella riformulazione della graduatoria avvenuta nell’anno 2004, che rappresentava l’epilogo dell’annoso contenzioso;
4.1. in realtà il danno era stato prodotto dall’erroneo inserimento nell’originaria graduatoria di soggetti che non ne avevano diritto e, quindi, il dies a quo ai fini del calcolo del termine prescrizionale andava individuato nel 2.9.1996;
5. le questioni che vengono in rilievo sono già state oggetto di esame da parte di questa Corte che, nel decidere su fattispecie identiche, ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario ed ha ritenuto infondati analoghi ricorsi proposti dall’Agenzia delle Dogane (cfr. Cass. S.U. nn. 2705/2012, 579 e 580/2014, n. 26276/2016, n. 13981/2017 e Cass. n. 342/2018);
5.1. con le richiamate pronunce si è, in sintesi, osservato che:
a) il giudice munito di giurisdizione deve essere individuato con riferimento alla data della determinazione con la quale è stata approvata la nuova graduatoria (6 febbraio 2004) atteso che solo tale provvedimento, disponendo la decorrenza economica ex nunc del superiore inquadramento ha fatto insorgere nel dipendente la necessità di chiedere la tutela giurisdizionale della propria posizione;
b) trattandosi di procedura concorsuale per l’accesso ad una qualifica funzionale interna alla medesima area professionale, non trova applicazione l’art. 63, comma 4, del d.lgs. n. 165/2001, giacché sono ascritte al diritto pubblico e all’attività autoritativa dell’amministrazione solo quelle procedure finalizzate o alla costituzione ex novo dei rapporti di lavoro o alla novazione oggettiva dei rapporti già esistenti, che si verifica solo qualora il dipendente venga inquadrato in un’area funzionale superiore;
c) il danno che viene in rilievo non deriva dal ritardo nell’approvazione della graduatoria né dall’illegittima formazione della stessa, originariamente approvata con decreto del 24 giugno 1996, bensì dalla errata individuazione della data di decorrenza degli effetti economici della progressione, illegittimamente fatta coincidere con il 6 febbraio 2004;
d) la responsabilità dell’amministrazione non può essere qualificata aquiliana, trattandosi, invece, di responsabilità contrattuale fondata sull’inadempimento di un’obbligazione scaturente dal rapporto di lavoro già in essere, sicché l’imputabilità si presume fino a prova contraria;
e) poiché il diritto poteva essere fatto valere solo a partire dall’anno 2004, prima di detta data non poteva decorrere il termine di prescrizione;
5.2. a detti principi di diritto il Collegio intende dare continuità, perché il ricorso non prospetta argomenti che possano indurre a rimeditare l’orientamento già espresso;
5.3. il quarto motivo, con il quale si addebita alla sentenza impugnata di non avere tenuto conto, per escludere la responsabilità dell’amministrazione, della complessa vicenda contenziosa innestatasi sulla procedura selettiva in questione, è inammissibile perché la censura è formulata in modo non conforme all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., come modificato dal d.l. n. 83/2012, applicabile ratione temporis in quanto la sentenza impugnata risulta depositata il 30 novembre 2012;
5.4. rileva al riguardo il Collegio che il richiamato art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nella formulazione attuale, non riguarda la motivazione della sentenza ma concerne, invece, l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia;
5.5. l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti;
5.6. il motivo, quindi, è validamente formulato ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. solo qualora il ricorrente indichi il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”;
5.7. dette condizioni non ricorrono nella fattispecie sicché il ricorso si risolve in un’inammissibile critica della valutazione espressa dalla Corte territoriale, riservata al giudice del merito, sull’imputabilità dell’inadempimento;
6. in via conclusiva, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna dell’Agenzia al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate, complessivamente, come da dispositivo;
7. non sussistono le condizioni di cui all’art. 13 c. 1 quater d.P.R. n. 115 del 2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).
P.Q.M.
Dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200 per esborsi ed € 4800,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% e accessori di legge.
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