CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 gennaio 2019, n. 1357
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Ricorso per cassazione – Contenuto – Deduzione di omessa o viziata valutazione di documenti dal giudice d’appello – Obbligo di resoconto sintetico ma completo del contenuto omesso o viziato a pena di inammissibilità del ricorso
Fatti della causa e ragioni della decisione
1. Roma Capitale, già Comune di Roma, ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza della commissione tributaria regionale del Lazio n. 228/01/12 depositata il 24.05.2012, con la quale, in controversia relativa alla imposta dovuta dalla srl MG Advertising per la pubblicità realizzata per conto terzi mediante affissione su appositi impianti, nell’anno 2006, la commissione ha annullato tutti gli avvisi di accertamento emessi dall’amministrazione comunale ritenendo la fondatezza dell’assunto della società secondo la quale gli impianti erano stati previamente autorizzati, utilizzati per periodi inferiori ai tre mesi e per superfici per le quali risultava versata la relativa imposta per tutti gli impianti.
2. La società MG Advertising si è costituita con controricorso, illustrato con memorie.
3. Con il primo motivo di ricorso, Roma Capitale lamenta la nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 c.p.c. in quanto priva di motivazione, soprattutto con riferimento alle allegazioni difensive dedotte dall’amministrazione comunale, non avendo i giudici territoriali considerato l’assenza dei titoli autorizzativi, come confermato dai Vav della P.M. e la carenza di prova relativa all’intervenuto pagamento dell’imposta dovuta, mancando l’esatta individuazione dei versamenti effettuati.
4. Con la seconda censura, la ricorrente lamenta la nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 c.p.c. per avere il decidente “travisato le argomentazioni del giudice di prime cure”, il quale, al contrario di quanto affermato in secondo grado, aveva rilevato la legittimità dell’operato dell’amministrazione comunale atteso che gli impianti erano privi di titoli autorizzativi.
5. Le censure sono inammissibili per difetto di specificità.
In disparte il rilievo della genericità delle deduzioni indicate, che renderebbe comunque l’omissione priva di decisività (Cass. n. 14802/2017), i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (v. Cass. Sez. 3, 09/01/2002 n. 194; più di recente, v. Cass. Sez. 6 – 1, 09/07/2013 n. 17041; n. 25319/2017; n. 907/2018).
Il ricorrente aveva l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione sulla quale sarebbe stata omessa la pronuncia nel giudizio di appello ed anche di indicare in quale atto processuale del giudizio precedente essa era stata proposta, in modo da consentire alla corte l’accertamento ex actis della veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. n. 16502/2017, in motiv; n. 9138/2016), onere che ha omesso di assolvere.
6. Con riguardo alla seconda censura, era onere dell’amministrazione comunale trascrivere sia le motivazioni della sentenza di primo grado al fine di consentire di verificare a questa Corte la sussistenza del dedotto ” travisamento” delle argomentazioni dei giudici di prime cure e la sua rilevanza sia la documentazione comprovante l’assenza dei titoli autorizzativi riconosciuti dai giudici di secondo grado, errore che, peraltro avrebbe dovuto essere censurato sotto il profilo del vizio revocatorio.
7. Nel caso in esame, invece, il comune non ha trascritto le difese che avrebbe formulato al momento della costituzione in appello né ha trascritto la documentazione idonea a contrastare l’impugnazione avversaria.
Ebbene, in applicazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, qualora sia dedotta l’omessa o viziata valutazione di documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonché alla specifica indicazione del luogo in cui ne è avvenuta la produzione, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza sulla base del solo ricorso, senza necessità di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso, onere che la ricorrente non ha assolto (Cass. n. 5478/2018).
Nella fattispecie, peraltro, dalla pronuncia impugnata risulta genericamente che l’ente comunale si era limitato a ” contrastare le argomentazioni della società”, ma nulla emerge con riferimento alla contestazione in ordine agli estremi dei dedotti e documentati versamenti o alla carenza dei titoli autorizzativi degli impianti, che peraltro, nell’ambito della procedura di riordino risultano – in assenza di una chiara esposizione dei fatti – del tutto irrilevanti (Cass. 2015 n. 19124; Cass. 2016 n. 24247; Cass. 2014 n 440; Cass. 2013 n. 17931; Cass. 2012 n. 9108).
8. Vale osservare, poi, che l’esame delle allegazioni difensive, nonché la valutazione delle risultanze della prova, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata; cui, per le medesime considerazioni, neppure può imputarsi d’aver omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte e/o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio ritenuti non significativi, giacché né l’una né l’altra gli sono richieste (cfr., tra le tante, Cass. 12362/2006 e, più recentemente, Cass. 21.7.2010, n. 17097; Cass. nn 16986/2013; Cass. Sez. U. n. 24148 del 2013, Cass. n. 8008 del 2014).
7. In ogni caso, non è necessario che nella motivazione vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi (come accaduto nella specie) le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in tal caso ritenere implicitamente disattese tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (cfr. Cass. 2.2.2007 n. 2272; Cass. 18.6.2007 n. 14084, Cass. 6.7.2007 n. 15264).
Deve, peraltro, aggiungersi che la nullità della sentenza legittimante la prospettazione con il ricorso per cassazione del motivo previsto dall’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., non è configurabile, quando il motivo di ricorso si risolve in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito che tenderebbe all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione; (Cass. n. 17761/2016; Cass. n. 9097/2017).
9. Conclusivamente, il ricorso va respinto con aggravio di spese. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
Condanna il Comune alla refusione delle spese sostenute dalla società che liquida in euro 2.300,00 per compensi, oltre rimborso forfettario e accessori come per legge;
– ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del d.p.r. n.115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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