CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 luglio 2022, n. 22665
Tributi – IRPEF – Pensione complementare erogata dal Fondo integrativo istituito per i dipendenti dell’Inps – Applicazione regime fiscale agevolato ex art. 11, co. 6, D.Lgs. n. 252/2005 – Esclusione
Rilevato che
1. M.C., ex dipendente INPS, propose ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Roma per ottenere il rimborso delle maggiori somme trattenute, dal 2010 al 2014, sulla pensione complementare erogata dal Fondo integrativo istituito per i dipendenti dell’Istituto, per effetto della mancata applicazione del regime fiscale più favorevole previsto dall’art. 11, comma 6, d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, con decorrenza dal 1°/01/2008;
2. la C.T.P. di Roma rigettò la domanda con sentenza (n. 7488/23/2017) che è stata riformata dalla C.T.R. del Lazio, la quale ha accolto l’appello del contribuente svolgendo le seguenti considerazioni: (i) il contribuente ha documentato l’importo del rimborso richiesto; (ii) egli ha anche provato che la gestione dei dipendenti del parastato (come l’INPS e l’INAIL) è privata, con ciò superando l’eccezione dell’ufficio secondo cui l’INPS rientrerebbe tra le Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001, e per tale motivo ai suoi dipendenti non sarebbe applicabile il regime fiscale previsto dall’art. 11, comma 6, d.lgs. n. 252 del 2005; (iii) ove ritenga non esaustivo il prospetto di rimborso prodotto dal contribuente, l’Amministrazione potrà compiere la necessaria attività istruttoria e chiarire la situazione rivolgendosi direttamente all’Ente previdenziale;
3. l’Agenzia delle entrate ricorre, con due motivi, per la cassazione della sentenza di appello; il contribuente resiste con controricorso;
4. le parti hanno depositato memorie in prossimità della camera di consiglio;
Considerato che
a. preliminarmente, non è fondata l’eccezione del contribuente di tardività del ricorso per cassazione dell’Agenzia per decorrenza del termine lungo, semestrale. Infatti, detto che la sentenza d’appello è stata pubblicata il 31/12/2018, il termine semestrale di impugnazione ex art. 327, cod. proc. civ., scadeva il 1°/07/2019, in quanto l’ultimo giorno del semestre, il 30/06/2019, era un giorno festivo (domenica), il che ha comportato la proroga di diritto al 1°/07/2019 del medesimo termine, come previsto dal quarto comma dell’art. 155, cod. proc. civ.; in effetti, l’Avvocatura dello Stato ha (tempestivamente) notificato il ricorso, a mezzo PEC, (proprio) in data 1°/07/2019;
1. con il primo motivo di ricorso [«1. Violazione/falsa applicazione dell’art. 23, commi 5 e 7, del d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, in combinato disposto con l’art. 64, comma 1, della L. 17 maggio 1999, in relazione all’art. 360, I comma, n. 3), c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che non ha considerato che tutti i montanti previdenziali coperti dall’istanza di rimborso erano giunti a maturazione fino alla data ultima del 30/09/1999 (con la precisazione che la gestione complementare dell’INPS era stata soppressa a partire dal 1°/10/1999), sicché, come previsto dall’art. 23, commi 5 e 7, d.lgs. n. 252 del 2005, ai medesimi importi non era applicabile il regime tributario agevolato di cui all’articolo 11;
2. con il secondo motivo [«2. Violazione/falsa applicazione dell’art. 23, comma 6, del d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, in relazione all’art. 360, I comma, n. 3), c.p.c.»], l’Agenzia censura la sentenza impugnata che, per un verso, adducendo l’esigenza di garantire la parità di trattamento tra lavoratori del settore privato e lavoratori pubblici, afferma che trova applicazione anche per i dipendenti pubblici il più favorevole regime tributario di cui all’art. 11, comma 6, del d.lgs. n. 252 del 2005, senza considerare che il sesto comma dell’articolo 23, del medesimo plesso normativo, dispone che ai dipendenti pubblici, fino all’emanazione di un successivo decreto delegato riguardante gli ex dipendenti pubblici in stato quiescenza, ammessi a gestioni previdenziali complementari, continua ad applicarsi la disciplina fiscale ordinaria; per altro verso, attribuisce incomprensibilmente natura privatistica alla gestione di previdenza complementare istituita presso l’INPS o presso altri enti pubblici del cd. “parastato” al fine di estendere anche agli ex dipendenti INPS il trattamento fiscale di favore di cui all’art. 11, comma 6, d.lgs. n. 252 del 2005;
2.1. nella memoria ex art. 380-bis.1., cod. proc. civ., l’Agenzia ha rinunciato a questo motivo di ricorso in quanto (cfr. pag. 2 della memoria) «[la Corte costituzionale] con la sent. 3 ottobre 2019, n. 218, […] ha dichiarato l’incostituzionalità del precitato art. 23, comma 6, del D.lgs. n. 252 del 2005, nella misura in cui, differenziando il regime fiscale delle pensioni complementari erogate in favore dei dipendenti pubblici e delle analoghe pensioni corrisposte ai dipendenti del settore privato, determinava una irragionevole disparità di trattamento»;
3. il primo motivo è fondato;
3.1. sulla premessa che l’art. 64 della legge 17 maggio 1999, n. 144, ha disposto la soppressione a decorrere dal 1° ottobre 1999 dei fondi integrativi costituiti presso gli enti di cui alla legge n. 70 del 1975 (legge sul cd. parastato), compresa la gestione speciale istituita presso l’INPS, è il caso di richiamare l’art. 23, comma 7, d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, che recita: «Per i lavoratori assunti antecedentemente al 29 aprile 1993 e che entro tale data risultino iscritti a forme pensionistiche complementari istituite alla data di entrata in vigore dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421: […] b) ai montanti delle prestazioni entro il 31 dicembre 2006 si applica il regime tributario vigente alla predetta data»;
3.2. risulta dallo stralcio del ricorso introduttivo (riprodotto nell’autosufficiente mezzo di impugnazione) che il contribuente (cfr. pag. 9 del ricorso) «ha maturato (fino al 30 settembre 1999) n. 31 anni, 1 mese e 15 gg. di partecipazione ad un fondo integrativo previdenziale preesistente a quelli di previdenza complementare istituiti con d.lgs. n. 124/93. Lo stesso gode, pertanto, a decorrere da luglio 2003, di una pensione integrativa INPS […] che, attualmente, per l’anno 2014, è di ammontare pari ad [euro] 3.000,76 mensili lordi (con trattamento fiscale Irpef mensile pari ad euro 911,44)»;
3.3. il contribuente, dunque, è un “vecchio iscritto” a “vecchio fondo”, e cioè al fondo integrativo gestito dall’INPS, (come sopra indicato) soppresso dal 1°/10/1999, ed è chiaro quindi che i montanti previdenziali oggetto della sua istanza di rimborso sono venuti a maturazione fino al 30/09/1999. Trova quindi applicazione (a mente del settimo comma dell’articolo 23, disposizione che meglio si attaglia al caso di specie rispetto al precedente quinto comma, poiché la fattispecie riguarda un “vecchio iscritto” ad un fondo soppresso nel 1999) il regime tributario anteriore al 31/12/2006 e non il nuovo sistema di tassazione agevolata introdotto dall’art. 11, comma 6, d.lgs. n. 252 del 2005, su cui poggia l’istanza di rimborso;
3.4. tale soluzione è in linea con la giurisprudenza di legittimità che, a partire da Cass., Sez. U., 22/06/2011, nn. 13642 e 13645 (in senso conforme, a proposito dei criteri di tassazione dei diversi fondi integrativi, ex multis Cass. 27/01/2002, n. 2371; Cass. 11/02/2021, n. 3453; Cass. 02/04/2020 n. 7653) — occupandosi (di materia limitrofa a quella in esame, vale a dire) del trattamento previdenziale degli ex dirigenti Enel iscritti ai fondi pensione denominati PIA e Fondenel, e in particolare della questione, sovrapponibile al tema del decidere di questo giudizio, relativa al regime tributario applicabile in base al diritto intertemporale — ha chiarito che «In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a), e 17 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dall’art. 6 della l. 26 settembre 1985, n. 482; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1° gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui agli artt. 16, comma 1, lett. a) e 17 del d.P.R. n. 917 cit.»;
3.5. sulla scia di tali disposizioni normative e dei cennati precedenti di legittimità, va enunciato il principio di diritto per il quale «In tema di fondi previdenziali integrativi, ai sensi dell’art. 23, comma 7, d.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, per i lavoratori assunti antecedentemente al 29 aprile 1993 e che entro tale data risultino iscritti a forme pensionistiche complementari istituite alla data di entrata in vigore dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421, ai montanti delle prestazioni entro il 31 dicembre 2006 si applica il regime tributario vigente alla predetta data. Ne consegue che per i cd. “vecchi iscritti” a “vecchi fondi” — compresa (in relazione al caso in esame) la gestione speciale istituita presso l’INPS (e soppressa dal 1°/01/1999) — è senz’altro inapplicabile ratione temporis il nuovo sistema di tassazione agevolata introdotto dall’art. 11, comma 6, d.lgs. n. 252 del 2005, in vigore dal 1°/01/2007»;
3.6. nella specie, la Commissione tributaria regionale, nel riconoscere il regime fiscale favorevole del sesto comma dell’articolo 11, si è discostata da tale principio di diritto, sicché, in accoglimento del primo motivo, la sentenza va cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, cod. proc. civ., con il rigetto del ricorso introduttivo;
4. le spese dei gradi di merito vanno compensate, tra le parti, mentre quelle del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo; compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna il controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 4.100,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.