CORTE di CASSAZIONE, sezione lavoro, ordinanza n. 6047 depositata il 6 marzo 2024

Lavoro – Fallimento – Credito vantato dal lavoratore per il trattamento di fine rapporto – Fondo di previdenza complementare – Legittimazione ad insinuarsi al passivo per le quote di TFR maturate e accantonate ma non versate al Fondo di previdenza complementare – Delegazione di pagamento – Accoglimento

Rilevato che

1. Il Tribunale di Siracusa, in composizione collegiale, con l’ordinanza n. 31 del 2021, ha respinto l’opposizione proposta da S.B. avverso il decreto emesso dal Giudice delegato ai fallimenti dello stesso Ufficio con il quale era stato dichiarato esecutivo lo stato passivo del fallimento S. spa, in relazione al parziale rigetto della istanza di insinuazione al passivo del credito dallo stesso vantato.

2. Il Giudice delegato aveva escluso il credito vantato dal lavoratore per il trattamento di fine rapporto relativamente alle somme conferite al fondo di previdenza complementare, trattenute dal datore di lavoro e da questi non versate, ritenendo il lavoratore privo della legittimazione attiva.

3. Il Tribunale, in composizione collegiale, nel respingere l’opposizione ha sottolineato che legittimato a chiedere le quote di TFR annualmente maturate e non versate dal datore di lavoro era esclusivamente il Fondo di previdenza (vertendosi in una ipotesi di cessione del relativo diritto al Fondo) e che il lavoratore poteva agire in via surrogatoria ma, nel caso in esame, per il principio di immutabilità della domanda e della natura impugnatoria del giudizio di opposizione allo stato passivo (che impediva ogni modifica dell’originaria istanza) tale possibilità non era praticabile avendo il lavoratore agito iure proprio.

4. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione S.B. affidato a cinque motivi. Il Fallimento S. spa non ha svolto attività difensiva.

5. Il ricorrente ha depositato memoria.

6. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.

Considerato che

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del D.lgs. n. 252 del 2005 nonché degli artt. 75, 81 e 100 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere il Tribunale erroneamente interpretato come “cessione” il concetto di “conferimento” di cui al comma 7 dell’art. 8 del Decreto legislativo n. 252/2005, escludendo la legittimazione attiva del ricorrente in violazione degli artt. 75, 81 e 100 cpc.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cc, in relazione all’art. 360 co. 1 n 3 cpc, per non avere ritenuto il Tribunale che l’onere della specifica indicazione del modulo negoziale (se delegazione o cessione) è a carico del Curatore e che, in caso di mancata prova da parte del Curatore, l’espressione “conferimento” dell’art. 8 del Decreto legislativo n. 252/2005 dovesse essere interpretata come delegazione e non come cessione.

4. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione degli artt. 1269 e 1270 cc, per non avere il Tribunale ritenuto che il meccanismo di adesione a fondi di previdenza complementare configuri la fattispecie della delegazione di pagamento di cui all’art. 1269 cc e che, ai sensi dell’art. 1270 co. 1 cc, il delegante potesse revocare la delegazione sino a quando il delegato non avesse assunto l’obbligazione in confronto del delegatario e non avesse eseguito il pagamento.

5. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 comma 3 del D.lgs. n. 80/1992 cc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per avere il Tribunale interpretato e considerato il Fondo complementare privato come soggetto legittimato alla surrogatoria di diritto al lavoratore per l’equivalente dei contributi omessi, versati a norma del comma 2 e non il Fondo di Garanzia INPS.

6. Con il quinto motivo si obietta la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4, 12 e 13 del D.lgs. n. 252/2005, per avere il Tribunale ritenuto che la natura del TFR potesse mutare a seconda che il lavoratore scegliesse espressamente di versarlo all’INPS o ad un fondo privato o rimanesse inerte.

7. I motivi, in quanto connessi, vanno esaminati congiuntamente e meritano accoglimento, richiamando le pregevoli argomentazioni dei precedenti di questa Corte (Sez. lav. n. 18477/2023 e Cass. nn. 16166/2023 e 16279/2023, quest’ultimi emessi proprio su fattispecie sovrapponibili a quella di cui si discute), che questo Collegio condivide pienamente in assenza di argomentazioni che ne impongano un riesame.

8. In dette decisioni è stato affermato il seguente principio di diritto: “In tema di previdenza complementare, il generico riferimento, contenuto nell’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 252 del 2005, al “conferimento” del TFR maturando alle forme pensionistiche complementari, lascia aperta la possibilità che le parti, nell’esplicazione dell’autonomia negoziale loro riconosciuta dall’ordinamento, pongano in essere non già una delegazione di pagamento (art. 1268 cod. civ.) bensì una cessione di credito futuro (art. 1260 cod. civ.). In caso di fallimento del datore di lavoro, la legittimazione ad insinuarsi al passivo per le quote di TFR maturate e accantonate ma non versate al Fondo di previdenza complementare spetta, di regola, al lavoratore, stante lo scioglimento del rapporto di mandato in cui si estrinseca la delegazione di pagamento al datore di lavoro, salvo che dall’istruttoria emerga che vi sia stata una cessione del credito in favore del Fondo predetto, cui in quel caso spetta la legittimazione attiva ai sensi dell’art. 93 legge fall.” .

9. Il decreto impugnato -che non si è attenuto al suddetto principio e da cui non risulta che sia stata svolta una istruttoria tale da avvalorare una diversa conclusione- va, quindi, cassato con rinvio affinché il Tribunale di Siracusa decida la causa attenendosi appunto a quanto già statuito in sede di legittimità e procedendo ad un nuovo esame della fattispecie, oltre a provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Siracusa, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.