CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 novembre 2020, n. 26319
Tributi – IVA – Rilevanza fiscale dell’operazione – Acquisto di capannone industriale dal padre – Assenza di prova del pagamento del corrispettivo – Configurazione di operazione oggettivamente inesistente – Esclusione – Diritto al rimborso
Rilevato che
– l’Agenzia delle entrate, dopo aver erogato ad A.P. il rimborso dell’iva assolta in relazione all’acquisto dal padre di un capannone industriale, in sede di successiva verifica maturò il convincimento che l’operazione fosse in realtà oggettivamente inesistente, per mancanza di prova del pagamento del corrispettivo;
– ne seguì un avviso col quale l’Agenzia recuperò i costi ai fini delle imposte dirette, disconobbe la detrazione dell’iva e irrogò le sanzioni conseguenti;
– il contribuente impugnò l’avviso senza successo in primo grado e la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato il successivo appello, convenendo con l’Agenzia che l’operazione fosse inesistente sia per mancanza di prova del pagamento del corrispettivo, sia per l’omissione di alcuna dichiarazione fiscale relativa all’anno al quale risalirebbe l’acquisto, ossia al 2002;
– contro questa sentenza propone ricorso il contribuente per ottenerne la cassazione, che affida a tre motivi, e illustra con memoria, cui l’Agenzia replica con controricorso.
Considerato che
– fondato è il primo motivo di ricorso, col quale il contribuente lamenta l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata concernente l’inesistenza della cessione dell’immobile;
– indubbiamente i fatti ai quali il giudice d’appello ancora il proprio convincimento, ossia la mancanza di prova del pagamento del corrispettivo e la mancanza di dichiarazione fiscale, sono del tutto irrilevanti;
– le sezioni unite di questa Corte hanno difatti fatto chiarezza (con sentenza 21 aprile 2016, n. 8059; conf., tra varie, 7 dicembre 2017, n. 29371 e 15 ottobre 2018, n. 25658) su concetti centrali dell’iva, distinguendo tra fatto generatore dell’imposta, da cui scaturisce l’obbligazione tributaria, esigibilità, ossia attitudine attuale dell’imposta ad essere pretesa da parte dell’erario e pagamento. Il fatto generatore di norma coincide con l’esigibilità, ma ne rimane ontologicamente distinto, giacché esso in realtà s’identifica col materiale espletamento dell’operazione;
– è questo a determinare la rilevanza fiscale dell’attività ai fini dell’iva, mentre il pagamento del corrispettivo è soltanto l’« estremo limite temporale per l’adempimento dell’obbligo di fatturazione» (Cass., n. 8059/16, cit.);
-ve n’è conferma nella giurisprudenza unionale: «conformemente all’articolo 63 di tale direttiva -ossia della direttiva n. 2006/112-, il fatto generatore dell’imposta si verifica, e l’imposta diviene esigibile, nel momento in cui viene effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi» (Corte giust. 31 maggio 2018, cause C-660 e 661/16, KollroB e Wirti, punto 38; coerente, Corte giust. 11 giugno 2020, causa C-43/19, Vodafone Portugal, punto 41);
– sicché va disatteso l’orientamento, non allineato alle sezioni unite e alla giurisprudenza unionale, secondo il quale le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del relativo pagamento, cosicché prima di tale momento non sussiste alcun obbligo (ma solo la facoltà) di emettere fattura o di pagare l’imposta (Cass. 23 gennaio 2020, n. 1468);
– rispetto al materiale espletamento dell’operazione, sia essa cessione di beni oppure prestazione di servizi, il rilascio della fattura o l’incasso del corrispettivo sono presupposti di esigibilità, il verificarsi dei quali al più può determinare l’anticipazione del momento impositivo, qualora gli Stati membri nell’esercizio della loro discrezionalità l’abbiano previsto, giammai la sua posticipazione;
– questa ricostruzione trova conferma nell’art. 26 del d.P.R. n. 633/72, il quale prevede che l’omessa riscossione del corrispettivo non comporta la caducazione dell’obbligazione tributaria, della quale il presupposto impositivo si sia già verificato e rinviene copertura costituzionale negli artt. 3 e 53 Cost., in particolare nell’esigenza di non trattare differentemente situazioni uguali, in dipendenza di eventi correlati a scelte (quelle concernenti la fatturazione o il pagamento del corrispettivo) casuali e soggettive;
– di contro, col motivo in questione il contribuente fa leva su documenti, come contratti di locazione e fatture, idonei a dimostrare che l’immobile in esito al contratto di compravendita sia stato da lui utilizzato e quindi prima consegnato, a fronte dei quali è del tutto recessiva l’ulteriore considerazione, contenuta in sentenza, che «il contratto stipulato riporta soltanto la circostanza di iscrizione di ipoteca su/l’immobile e non la finalità dello stesso…»;
– il motivo va quindi accolto, con assorbimento dei restanti due, che concernono censura concernente l’esercizio del diritto di detrazione (secondo motivo) e censura riguardante la deduzione dei costi (terzo motivo), nonché dell’istanza di rimessione di questione pregiudiziale alla Corte di giustizia, proposta in memoria;
– la sentenza va quindi cassata in relazione al profilo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al profilo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione.
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