CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 maggio 2018, n. 12867
Tributi – Reddito da lavoro autonomo – Accertamento – Metodologia accertativa applicata – Accertamento analitico-sintetica su base parametrica del reddito di lavoro autonomo – Decisione del giudice basata sulla disciplina relativa al “redditometro” – Vizio motivazionale assoluto della sentenza – Nullità
Rilevato che
Con sentenza in data 10 giugno 2016 la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Messina, respingeva l’appello principale proposto da A. F. G. e di contro accoglieva l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 262/4/07 della Commissione tributaria provinciale di Messina che aveva parzialmente accolto il ricorso del contribuente contro l’avviso di accertamento per IRPEF, IRAP 1998. La CTR osservava in particolare che la metodologia accertativa induttivo-presuntiva utilizzata dall’Ente impositore era pienamente corretta, anche dal punto di vista dell’obbligatorio contraddittorio endoprocedimentale, mentre le controprove allegate dal contribuente dovevano considerarsi inadeguate, sicché le pretese creditorie portate dall’atto impositivo impugnato dovevano essere integralmente convalidate ed accolte.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo due motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Considerato che
Con il primo motivo – ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- il ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione degli artt. 39, primo comma, lett. d), d.P.R. 600/1973, 3, commi 181-184, legge 549/1995, 38, quarto comma, d.P.R. 600/1973, poiché la CTR ha confuso tra loro le diverse metodogie accertative da tali disposizioni legislative disciplinate (rispettivamente, accertamento analitico- induttivo di reddito da lavoro autonomo sulla base di parametri standardizzati; accertamento sintetico del reddito complessivo di contribuente persona fisica), così erroneamente interpretando e falsamente applicando le disposizioni legislative stesse.
Con il secondo motivo – ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. – il ricorrente denuncia il vizio motivazionale totale della sentenza impugnata in ordine alle eccezioni che sostanziavano la sua difesa nel merito (illegittima applicazione dei parametri, insussistenza dei maggiori redditi accertati, mancata indicazione dell’aliquota applicata, assenza del presupposto IRAP).
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione, sono fondate.
Risulta invero evidente che il giudice tributario di appello ha completamente travisato la fattispecie concreta devoluta al suo giudizio dai gravami principale ed incidentale, quale formante l’oggetto del processo derivante dall’avviso di accertamento impugnato e dai motivi del ricorso avverso lo stesso.
In particolare la CTR siciliana ha confuso la tipologia accertativa analitico-sintetica su base parametrica del reddito di lavoro autonomo e quella sintetica del reddito complessivo della persona fisica, rispettivamente disciplinate dalla normativa evocata nella censura.
Non è peraltro dubbio che il processo riguardi la prima, ciò ricavandosi inequivocabilmente dallo stralcio della motivazione dell’avviso di accertamento impugnato riportato per autosufficienza nelle premesse narrative del ricorso.
Altrettanto chiaro è che il giudice tributario di appello ha solo nominalmente fatto riferimento alla stessa nelle premesse in diritto, mentre in concreto ha poi applicato la normativa afferente alla seconda, diversa e non pertinente al caso, tipologia accertativa. In questo senso sono del tutto inequivoci i riferimenti “sostanziali” della motivazione della sentenza impugnata al “redditometro”, alla spesa come indice di capacità contributiva, alla controprova, gravante sul contribuente, dell’irrilevanza fiscale ovvero della già intervenuta tassazione del maggior reddito accertato, invece che ai parametri redditometrici utilizzati nell’avviso di accertamento de quo dall’Ente impositore.
Chiara è dunque la sussistenza della violazione di legge denunciata.
Da queste errate premesse giuridiche – di interpretazione della fattispecie astratta e di sussunzione in essa della fattispecie concreta – deriva poi sicuramente il pure evidenziato vizio motivazionale assoluto della sentenza impugnata, posto che la CTR siciliana ha, peraltro molto sbrigativamente ed apoditticamente, liquidato le allegazioni difensive e probatorie del contribuente, senza nulla dire rispetto alle questioni, di diritto e di merito che il medesimo aveva ri-proposto con l’appello principale e che sopra si sono richiamate, puntualmente trascritte per estratto nel ricorso in pieno rispetto del principio di autosufficienza.
La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ad entrambi i motivi dedotti, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Messina, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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