Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 12867 depositata il 26 giugno 2020

conflitto negativo di giurisdizione – contributi di scarico di acque meteoriche in canali consortili

FATTI DI CAUSA

1. – Il Comune di San Cipriano d’Aversa si è rivolto alla Commissione tributaria provinciale di Caserta per ottenere l’annullamento della ingiunzione ad esso notificata in data 6 febbraio 2018 dalla Campania bonifiche s.r.l., quale concessionario della riscossione per conto del Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno, con la quale era stato chiesto il pagamento di complessivi euro 361.809,70 per contributi di scarico di acque meteoriche in canali consortili riferiti alle annualità dal 2008 al 2016.

2. – Con sentenza depositata l’11 dicembre 2018, la Commissione tributaria ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in favore del Tribunale ordinario.

2.1. – La giurisdizione tributaria è stata declinata sul rilievo che il Comune ingiunto, non avente alcuna proprietà nel perimetro consortile, si era limitato ad utilizzare i canali consortili come recapito dei propri scarichi. La Commissione tributaria ha osservato che il canone richiesto, in quanto dovuto dai soggetti gestori del servizio idrico integrato, non può essere equiparato al contributo ordinario di bonifica. In base alla disciplina di settore, il contributo in esame rappresenta un canone su base convenzionale, determinato (o determinabile) all’esito di una procedura negoziale.

3. – La causa è stata riassunta dall’opponente dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

4. – Con ordinanza in data 8 luglio 2019 il Tribunale ordinario, sciogliendo la riserva formulata alla prima udienza, ha sollevato conflitto negativo di giurisdizione, ritenendo a sua volta che la giurisdizione spetti al giudice tributario.

4.1. – Ad avviso del Tribunale confliggente, è nella previsione – o meno – di una fase negoziata che va individuato il discrimen tra corrispettivi, qualificabili in termini di canoni di natura privatistica, ancorché riconducibili ad una partecipazione al consorzio anche non necessariamente su base volontaria, e contribuzioni imposte, sebbene necessariamente collegate al beneficio tratto dall’utilizzo delle opere consortili.

E nella specie – ritiene il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – la determinazione negoziale manca: la normativa regionale di riferimento (la legge della Regione Campania 25 febbraio 2003, n. 4, così come modificata dalla legge regionale 5 aprile 2016, n. 6) ripristina, in caso di mancata stipula della convenzione, quella imposizione unilaterale che trova la propria fonte della legge, con la conseguenza che la giurisdizione dovrebbe appartenere al giudice tributario, al quale spetta, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come novellato dall’art. 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, la cognizione di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, ovvero anche le questioni relative all’an o al quantum del tributo.

5. – Il conflitto è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio sulla base delle conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380-ter cod. proc. civ., del pubblico ministero, il quale ha chiesto dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario.

5.1. – L’Ufficio del Procuratore generale ha ripercorso la giurisprudenza di questa Corte, che afferma la necessità di distinguere tra contributi obbligatoriamente dovuti dai proprietari dei fondi ricompresi nel perimetro consortile e contributi dovuti da coloro che, pur non avendo alcuna proprietà nell’anzidetto perimetro, utilizzano ugualmente i canali consortili come recapiti dei propri scarichi provenienti da insediamenti abitativi o industriali esterni: mentre le controversie sui primi vanno ricondotte alla giurisdizione delle commissioni tributarie, quelle sui secondi devono essere devolute alla cognizione del giudice ordinario, stante la prevalenza della loro natura negoziale, resa palese dalla previsione di una necessaria determinazione convenzionale di modalità ed entità del corrispettivo per l’utilizzo dei canali.

Premesso che la controversia sub iudice riguarda contributi consortili dovuti per gli anni dal 2008 al 2016, il pubblico ministero ha sottolineato che, anteriormente alla modifica apportata dalla legge regionale n. 6 del 2016, l’art. 13, comma 4, della legge regionale n. 4 del 2013 prevedeva, laddove non fosse stata stipulata la convenzione, la nomina di un commissario ad acta, e che la modifica del 2016 non esclude la ineluttabilità di una determinazione di natura, fonte e matrice convenzionale del corrispettivo (espressamente definito canone) dell’utilizzo dei canali di scarico.

Secondo l’Ufficio requirente, trattandosi di materia destinata ad essere regolata da una convenzione di natura negoziale, la posizione del Comune di San Cipriano d’Aversa rispetto all’ammontare del canone è, in definitiva, di pieno diritto soggettivo, su cui le unilaterali determinazioni del Consorzio (assunte per effetto della mancata stipula della convenzione) non possono avere giuridicamente inciso, dato che non è da tali atti che origina l’an e il quantum dell’obbligo contributivo del gestore del servizio idrico integrato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Le Sezioni Unite sono investite, in sede di risoluzione di conflitto negativo di giurisdizione, della questione se spetti al giudice tributario o al giudice ordinario conoscere della controversia promossa dal Comune di San Cipriano d’Aversa, non avente alcuna proprietà nel perimetro consortile, per l’annullamento dell’ingiunzione notificata dalla Campania bonifiche, quale concessionario della riscossione per conto del Consorzio generale di bonifica del bacino inferiore del Volturno, per ottenere il pagamento delle somme dovute a titolo di contributi di scarico delle acque meteoriche in canali consortili per gli anni dal 2008 al 2016.

2. – In materia di contributi consortili di bonifica, la giurisprudenza di questa Corte ha elaborato una regola di riparto ancorata alla distinzione fra contributi obbligatoriamente dovuti dai proprietari dei fondi ricompresi nel perimetro consortile e contributi dovuti da coloro che, pur non avendo alcuna proprietà nell’anzidetto perimetro, utilizzano ugualmente i canali consortili come recapiti dei propri scarichi provenienti da insediamenti abitativi o industriali esterni. Mentre le controversie sui primi vanno ricondotte alla giurisdizione delle commissioni tributarie, quelle sui secondi sono devolute alla cognizione del giudice ordinario, stante la prevalenza della loro natura negoziale, resa palese dalla previsione di una necessaria determinazione convenzionale di modalità ed entità del corrispettivo per l’utilizzo dei canali (così, da ultimo, Cass., Sez. Un., 9 agosto 2018, n. 20681).

Si è infatti stabilito – in fattispecie relativa al contributo di cui all’art. 36 della legge della Regione Lazio 11 dicembre 1998, n. 53, dovuto dal gestore del servizio idrico integrato (e determinato, sulla base di un triplice livello di normazione, quella regionale, afferente a convenzioni tipo approvate con delibera di Giunta, quella attuativa- negoziale, consistente in convenzioni tra autorità d’ambito e consorzi di bonifica aventi ad oggetto procedimenti determinativi e misura dei canoni ed, infine, quella tra autorità d’ambito e gestore del servizio idrico integrato, che attua verso il consorzio la promessa di obbligazione del fatto solutorio del terzo gestore del servizio idrico) – che la controversia in ordine alle somme dovute al consorzio di bonifica, ai sensi dell’art. 27, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e, successivamente, dell’art. 166 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, dal gestore del servizio idrico integrato che, non essendo associato al consorzio stesso, utilizzi canali consortili od acque irrigue come recapito di scarichi provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, è devoluta alla giurisdizione ordinaria, essendosi dato rilievo alla circostanza che la normativa regionale di dettaglio prevede che la contribuzione venga assolta mediante il versamento di canoni determinati all’esito di una procedura negoziale, in tal modo differenziandosi dalla contribuzione di bonifica prevista dall’art. 21 del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, costituente, invece, una obbligazione tributaria a carico dei consorziati, in quanto determinata direttamente dal consorzio percettore quale contributo pro quota alle spese della gestione dei canali e delle opere di miglioramento (Cass., Sez. Un., 29 marzo 2011, n. 7101; Cass., Sez. Un., 26 marzo 2014, n. 7178).

Tale principio è stato ribadito – dichiarandosi la giurisdizione del giudice ordinario in una controversia promossa dal gestore del servizio idrico non appartenente al consorzio (non essendo proprietario di terreni compresi nell’ambito territoriale di quest’ultimo), ma utilizzatore dei canali e delle strutture come recapito di scarichi – in relazione alla disciplina dettata dall’art. 6 della legge della Regione Marche 17 giugno 2013, n. 13, che distingue due categorie di obbligazioni, l’una configurata quale onere reale a carico dei consorziati per il beneficio ritratto o ritraibile dalle opere consortili, l’altra riservata ai soggetti estranei al consorzio ma utenti particolarmente qualificati delle sue strutture, per la cui determinazione è prevista l’obbligatoria stipula, tra il consorzio ed il gestore suddetto, di una convenzione espressiva, nei suoi contenuti, dell’autonomia negoziale (Cass., Sez. Un., 20 febbraio 2017, n. 4309).

2.1. – Questo approdo, costante e univoco, cui è pervenuta la giurisprudenza di legittimità (cfr., altresì, Cass., Sez. Un., 7 marzo 2018, n. 5399) è stato convalidato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 188 del 2018. Nello scrutinare la legittimità costituzionale di una legge della Regione Calabria, il Giudice delle leggi ha affermato che il punto di arrivo del diritto vivente è nel senso della natura tributaria della prestazione patrimoniale obbligatoria posta a carico dei consorziati. Di qui la identificazione di “un vero e proprio potere impositivo del consorzio nei confronti dei consorziati sul presupposto della legittima inclusione del bene immobile nel comprensorio di bonifica e del ‘beneficio’ che all’immobile deriva dall’attività di bonifica”: per il “consorziato- contribuente” “[i]l beneficio che giustifica l’assoggettamento a contribuzione consortile non è legato, con nesso sinallagmatico di corrispettività, all’attività di bonifica, come sarebbe se si trattasse di un canone o di una tariffa, che invece tale nesso sinallagmatico presuppongono”.

3. – Tanto premesso, il Collegio rileva che la contribuzione dovuta dagli utenti estranei al consorzio, senza proprietà nel suo perimetro, che utilizzano i canali consortili come recapiti dei propri scarichi, corrisponde ad un canone e non coincide con l’obbligazione tributaria ai sensi dell’art. 21 del regio decreto n. 215 del 1933, imposta invece ai proprietari dei fondi compresi nell’ambito consortile. Il presupposto comune degli arresti di questa Corte regolatrice che hanno riconosciuto la giurisdizione del giudice ordinario in vicende nelle quali il soggetto ingiunto, non avente alcuna proprietà nel perimetro consortile, utilizzava i canali consortili come recapito dei propri scarichi, è la previsione, nella normativa regionale di dettaglio, in relazione alla posizione dei non consorziati-contribuenti, di un contributo da assolvere mediante il versamento di somme determinate all’esito di una procedura negoziale.

3.1. – Questo presupposto è rinvenibile anche nell’ambito della legislazione regionale della Campania.

3.2. – Poiché la controversia nella specie riguarda contributi consortili dovuti per gli anni dal 2008 al 2016, l’indagine va svolta con riguardo alla legge della Regione Campania n. 4 del 2003: sia nel testo originario, applicabile in relazione ai contributi dal 2008 al 2015, sia in quello novellato dalla legge regionale n. 6 del 2016, che viene in rilievo per i contributi relativi all’anno 2016.

3.3. – Sotto la rubrica “Regime degli scarichi nei canali consortili e relativi contributi”, l’art. 13 del testo originario della legge regionale n. 4 del 2003 prevede: «I soggetti gestori del servizio idrico integrato di cui alla legge regionale 21 maggio 1997, n. 14, che, nell’ambito dei servizi affidati, utilizzano canali e strutture di bonifica come recapito di scarichi, anche se di acque meteoriche o depurate, provenienti da insediamenti tenuti all’obbligo di versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, contribuiscono, ai sensi della legge 36/1994, articolo 27, alle spese consortili in proporzione al beneficio diretto ottenuto, mediante il versamento dei canoni stabiliti da convenzioni stipulate con i Consorzi e promosse dalla Regione.» La legge regionale delinea, dunque, uno schema chiaramente negoziale di obbligazione: il contributo consortile dovuto dai gestori del servizio idrico integrato è definito canone, termine che si addice ad una prestazione patrimoniale di natura non tributaria, e questo è determinato in base a convenzioni.

3.3.1. – L’elemento caratterizzante di siffatta disposizione normativa non viene meno per effetto delle modifiche ad essa apportate dalla legge della Regione Campania 30 gennaio 2008, n. 1, che, con l’art. 23, ha aggiunto, al comma 4 del citato art. 13, il seguente periodo: «Nell’ipotesi in cui i Comuni non contribuiscano alle spese consordi di cui al presente comma, la Giunta regionale procede su richiesta dei singoli Consorzi alla nomina di un commissario ad acta». Infatti, nel contesto in cui si colloca, la previsione della nomina del commissario ad acta costituisce pur sempre un meccanismo di recupero, sebbene in forma sostitutiva o vicariale, del momento convenzionale.

E tale elemento caratterizzante non scompare neppure nel nuovo testo dell’art. 13, comma 4, quale risultante dalle modifiche apportate ad opera della legge regionale n. 6 del 2016. Secondo tale disposizione, «[i] soggetti gestori del servizio idrico integrato di cui alla legge regionale 21 maggio 1997, n. 14 o sino a che questi non siano stati individuati, i Comuni e gli altri enti competenti, che, nell’ambito dei servizi affidati, utilizzano canali e strutture di bonifica come recapito di scarichi, anche se di acque meteoriche o depurate, provenienti da insediamenti tenuti all’obbligo di versamento della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, contribuiscono, ai sensi della legge n. 36 del 1994, articolo 27, alle spese consortili in proporzione al beneficio diretto ottenuto, mediante il versamento dei canoni stabiliti da convenzioni stipulate con i Consorzi e promosse dalla Regione. Nell’ipotesi in cui i Comuni non contribuiscano alle spese consortili di cui al presente comma ovvero non sottoscrivano entro 60 giorni dal loro invio da parte del Consorzio le convenzioni, i Consorzi sono autorizzati a riscuotere i canoni loro dovuti con le modalità di cui al comma 4 dell’articolo 12», ossia direttamente, ovvero per mezzo di terzi abilitati, sulla base delle leggi vigenti in materia di tributi. Invero, il riferimento alle modalità di riscossione del canone previste dall’art. 12, comma 4, della legge regionale n. 4 del 2003 in caso di mancata sottoscrizione delle convenzioni attiene al quomodo e non all’an o al quantum del canone.

4. – D’altronde, il fatto che la convenzione non sia mai stata stipulata appare irrilevante, in quanto questione riguardante il merito, così come sempre attinente al merito è anche il problema della individuazione dei criteri suppletivi da seguire per la quantificazione del contributo (Cass., Sez. Un., n. 4309 del 2017, cit.; Cass., Sez. Un., n. 5399 del 2018, cit.).

5. – Deve quindi concludersi – in conformità con quanto già statuito da questa Corte regolatrice (Cass., Sez. Un., 5 dicembre 2019, n. 31760 e n. 31761; Cass., Sez. Un., 6 marzo 2020, n. 6463; Cass., Sez. Un., 1° aprile 2020, n. 7642) – che anche in base al quadro delineato dalla normativa di dettaglio della Regione Campania, il canone per l’utilizzo dei canoni e delle opere consortili quali recapiti di scarichi, anche se di acque meteoriche o depurate, da parte di soggetti, quali i Comuni, che non possono qualificarsi appartenenti necessari ai Consorzi di bonifica per non essere proprietari di terreni compresi nel loro ambito territoriale, ha natura esclusivamente negoziale, sicché le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario.

6. – Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, trattandosi di regolamento di giurisdizione sollevato d’ufficio nel quale nessuna delle parti ha svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.