CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 ottobre 2020, n. 23614
Licenziamento disciplinare – Esclusione della tardività della contestazione – Difetto di lesione del diritto di difesa – Rinuncia all’assistenza di un rappresentante sindacale
Rilevato che
1. con sentenza 20 settembre 2018, la Corte d’appello di L’Aquila rigettava il reclamo proposto da G.G. avverso la sentenza di primo grado, di reiezione dell’opposizione all’ordinanza dello stesso Tribunale di negazione di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli da D.M. Italia s.p.a. il 10 (comunicato con telegramma e raccomandata rispettivamente ricevuti il 13 e 20) aprile 2015, per esclusione della sua tardività (in quanto comunicato nei sei giorni prescritti dall’art. 8, quarto comma, sez. VII CCNL di categoria) e nullità, in difetto di lesione del diritto di difesa, avendo il lavoratore stesso rinunciato all’assistenza di un rappresentante sindacale, nonché per la fondatezza nel merito della condotta contestata e la sua integrazione di una giusta causa.
2. essa era infatti consistita nell’accesa discussione ingaggiata dal lavoratore con il proprio superiore (in ragione di una precedente contestazione disciplinare per assenza dal lavoro in relazione allo straordinario del 14 marzo 2015), ripetutamente ingiuriato e minacciato ed infine colpito con una testata al volto: pertanto integrante fattispecie di reato, oltre che grave insubordinazione ai superiori (annoverata dall’art. 10 lett. B, sez. IV, tit. VII CCNL tra le ipotesi di licenziamento senza preavviso), irrimediabilmente lesiva del rapporto di fiducia tra le parti;
3. la Corte ravvisava quindi l’inammissibilità della censura di ritorsività del licenziamento, siccome meramente enunciata, senza alcuna illustrazione;
3. con atto notificato il 12 novembre 2018, il lavoratore ricorreva per cassazione avverso la sentenza con cinque motivi, cui la società datrice resisteva con controricorso e memoria ai sensi dell’art. 380bis 1 c.p.c.;
Considerato che
1. il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 8, secondo comma, sez. VII CCNL Metalmeccanici Industria e difetto assoluto di motivazione, per esclusione di tardività dell’intimazione del licenziamento disciplinare, entro i sei giorni successivi dalle giustificazioni del lavoratore, diversamente da intendersi accolte, avendo la Corte d’appello erroneamente tenuto conto della lettera dell’8 aprile 2015 di precisazioni ad integrazione delle giustificazioni del lavoratore, a fini di decorrenza del suddetto termine, in contrasto con il comprovato svolgimento dei fatti (primo motivo);
2. esso è inammissibile;
2.1. al di là del difetto di specificità prescritto dall’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6 c.p.c., sotto il profilo di omessa specifica indicazione della sede di produzione del documento contrattuale collettivo oggetto di censura (Cass. s.u. 31 ottobre 2007, n. 23019; Cass. 7 marzo 2018, n. 5478), non è configurabile la violazione di norma di diritto formalmente dedotta;
2.2. è noto, infatti, che il vizio di violazione di legge sia integrato dalla deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e ne implichi necessariamente un problema interpretativo; e che l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa sia, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma, inerendo alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24155), oggi peraltro nei rigorosi limiti del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.;
2.3. la censura si muove piuttosto sul piano della contestazione dell’accertamento in fatto della Corte, pure congruamente argomentato (dall’ultimo capoverso di pg. 5 al primo di pg. 6 della sentenza), sul presupposto di una ricostruzione della vicenda storica diversa da quella operata dalla sentenza impugnata (Cass. 13 marzo 2018, n. 6035; Cass. 23 settembre 2016, n. 18715): nella sostanziale esplicita richiesta di una rivalutazione dei fatti di causa e delle risultanze istruttorie, comportante un sindacato di merito inibito in sede di legittimità, tanto più nel vigore del novellato art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. (così come rigorosamente interpretato da Cass. s.u. nn. 8053 e 8054 del 2014, con principi costantemente ribaditi dalle stesse Sezioni unite n. 19881 del 2014, n. 25008 del 2014, n. 417 del 2015, oltre che dalle Sezioni semplici);
3. il ricorrente deduce poi violazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. 300/1970 e difetto di motivazione, per lesione del diritto di difesa del lavoratore nel procedimento disciplinare privo dell’assistenza di un rappresentante sindacale, sull’erroneo assunto della propria deliberata assenza di richiesta, in realtà non rispondente all’effettivo svolgimento della vicenda (secondo motivo);
4. anch’esso è inammissibile, per le stesse ragioni illustrate in riferimento al motivo precedente, a fronte di un accertamento in fatto della Corte aquilana, adeguatamente argomentato (dal penultimo capoverso di pg. 6 al secondo di pg. 7 della sentenza);
4.1. nell’inconfigurabilità del vizio di legge denunciato, esso pare piuttosto prospettare un travisamento del fatto, che peraltro non è deducibile come motivo di ricorso per cassazione poiché, risolvendosi nell’inesatta percezione, da parte del giudice, di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, costituisce un errore denunciabile con il mezzo della revocazione ex art. 395, n. 4 c.p.c. (Cass. 18 novembre 2004, n. 21870; Cass. 9 gennaio 2007, n. 213; Cass. 2 luglio 2010, n. 15702; Cass. 9 febbraio 2016, n. 2529);
4.2. né da esso può trarsi una conveniente deduzione di un eventuale travisamento della prova, che presuppone l’acquisizione non valutata soltanto di un’informazione probatoria su un punto decisivo, che metta in crisi irreversibile la struttura del percorso argomentativo del giudice di merito, facendo escludere l’ipotesi contenuta nella censura: posto che il travisamento della prova implica non una valutazione dei fatti, ma una constatazione o un accertamento che quella informazione probatoria, utilizzata in sentenza, sia contraddetta da uno specifico atto processuale (Cass. 25 maggio 2015, n. 10749; Cass. 21 gennaio 2020, n. 1163; Cass. 14 febbraio 2020, n. 3796), che non si verifica nel caso di specie;
5. il ricorrente deduce ancora violazione e falsa valutazione delle prove raccolte, mancata valutazione del motivo ritorsivo di licenziamento, assoluta carenza, mancanza di giusta causa, per erronea ricostruzione della vicenda, senza una corretta né tanto meno comprensibilmente spiegata valutazione delle risultanze istruttorie, invece nel senso dell’insussistenza della condotta contestata al lavoratore, piuttosto irretito dal comportamento del superiore, con inesistenza dei presupposti per una giusta causa di licenziamento (terzo, quarto e quinto motivo, formalmente enunciati come tali a pgg. 9 del ricorso, in realtà con esplicito sviluppo argomentativo soltanto del terzo);
6. anche quest’ultima censura è inammissibile;
6.1. essa è stata, infatti, formulata senza alcuna deduzione di vizi di legittimità, né tanto meno un’articolazione conforme al tassativo paradigma deduttivo richiesto nel giudizio di legittimità, a critica circoscritta, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito: con la conseguenza che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, qui assente, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito (Cass. 3 luglio 2008, n. 18202; Cass. 14 maggio 2018, n. 11603; Cass. 20 novembre 2019, n. 30233);
6.2. oltre a ciò, si tratta di una palese contestazione della valutazione probatoria e del conseguente accertamento del fatto, per effetto di una sua diversa ricostruzione;
7. pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la regolazione delle spese del giudizio secondo la soccombenza e il raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il lavoratore alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali nella misura del 15 per cento e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 giugno 2020, n. 11540 - In tema di licenziamento disciplinare, il fatto contestato ben può essere ricondotto ad una diversa ipotesi disciplinare, ma l'immutabilità della contestazione preclude al datore di lavoro di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 ottobre 2022, n. 30271 - Il principio dell'immediatezza della contestazione disciplinare, la cui ratio riflette l'esigenza dell'osservanza della regola della buona fede e della correttezza nell'attuazione del rapporto…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 novembre 2020, n. 24605 - In tema di licenziamento per giusta causa, mentre spetta al giudice di merito verificare in concreto quando un potenziale illecito disciplinare sia stato scoperto nei suoi connotati…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 109 depositata il 3 gennaio 2024 - Nel procedimento disciplinare il canone del rispetto dell’immediatezza della contestazione assume carattere “relativo”, per cui il ritardo nella contestazione può costituire un vizio…
- CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 380 depositata il 10 gennaio 2023 - La tardività della contestazione disciplinare determina l'acquiescenza dell'Ente alle condotte inadempienti tenute dal lavoratore
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 22 settembre 2020, n. 19845 - Licenziamento per giusta causa e tardività della contestazione - Equivalenza all’insussistenza del fatto
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- ISA 2024 le cause di esclusione per l’anno 2
La legge istitutiva degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) ha una…
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…
- Il giudice tributario è tenuto a valutare la corre
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5894 deposi…
- Il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10267 depositat…