CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 maggio 2018, n. 13435
Licenziamento – Assenze ingiustificate e continuative – Pagamento delle differenze retributive
Rilevato
che con sentenza del 14 giugno 2016, la Corte d’Appello di Catania in riforma della decisione resa dal Tribunale di Modica accoglieva la domanda proposta da C. C. nei confronti di N. S.r.l. in liquidazione, avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli per assenze ingiustificate e continuative per più di dieci giorni nonché la condanna della Società al pagamento delle differenze retributive maturate a titolo di maggiorazioni per lavoro straordinario, mensilità aggiuntive, festività e ferie non godute e TFR ed alla regolarizzazione contributiva;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto la natura ontologicamente disciplinare del licenziamento, violati gli obblighi procedurali di cui all’art. 7 l. n. 300/1970, in ogni caso provata per un solo giorno l’addebitata assenza ingiustificata, dovute le differenze retributive solo relativamente alla tredicesima mensilità ed all’indennità di malattia;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, il C.;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata
Considerato
che, con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., imputa alla Corte territoriale di essersi pronunziata ultrapetita per essersi, con l’atto d’appello, il lavoratore limitato a ribadire l’illegittimità del licenziamento senza espressamente impugnare la statuizione del primo giudice che aveva ritenuto la cessazione del rapporto tra le parti dovuta a dimissioni del lavoratore medesimo;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 101, comma 2, 183, comma 4 e 111 Cost., la Società ricorrente deduce la nullità della sentenza per aver la Corte territoriale d’ufficio ed in difetto del contraddittorio tra le parti, riqualificato in termini di licenziamento disciplinare la vicenda risolutiva del rapporto ricondotta dal primo giudice alle dimissioni del lavoratore; che con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2109 c.c., la Società ricorrente deduce l’incongruità logico-giuridica del convincimento espresso in ordine alla giustificatezza dell’assenza per nove giorni su dieci addebitati a fronte del difetto di qualsiasi potere di autorizzazione delle ferie da parte del capocantiere escusso come teste;
che il vizio di motivazione apparente ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio è dedotto nel quarto motivo con riferimento alla mancata considerazione delle registrazioni delle presenze dei lavoratori presso il cantiere ove operavano, a detta della Società ricorrente, attestanti una versione dei fatti idonea ad escludere la conclusione cui approda la Corte territoriale;
che, il primo ed il secondo motivo, entrambi diretti a censurare l’error in procedendo in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale per essersi discostata, in difetto di esplicito gravame, dalla qualificazione della vicenda risolutiva in termini di dimissioni operata dal primo giudice, devono ritenersi infondati atteso che la riproposizione in sede di gravame da parte del lavoratore della propria versione in ordine all’intervenuta risoluzione del rapporto ed alla sua qualificazione censurando la pronunzia del primo giudice che le aveva disattese vale a realizzare sul punto l’effetto devolutivo che legittima il giudice del gravame a pronunziarsi a riguardo addivenendo, come gli compete, alla riqualificazione in diritto della fattispecie;
– che il terzo ed il quarto motivo, anch’essi unitariamente diretti a censurare l’iter logico-giuridico in base al quale la Corte territoriale ha concluso per l’insussistenza dell’inadempimento posto a base del recesso, devono ritenersi inammissibili non facendo oggetto di impugnazione l’ulteriore e prioritaria ratio decidendi su cui si fonda la pronunzia della Corte medesima, data dalla violazione delle garanzie procedimentali di cui all’art. 7 l. n. 300/1970 sancita in conseguenza alla ritenuta natura ontologicamente disciplinare dell’intimato recesso;
– che, pertanto condividendosi la proposta del relatore, il ricorso va rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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