CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 30 agosto 2022, n. 25508

Tirocinio formativo – Natura subordinata del rapporto – Accertamento – Indici di subordinazione – Insussistenza

Rilevato

che la Corte di Appello di Bari, con sentenza pubblicata in data 2.2.2018, ha rigettato il gravame interposto da M.P., nei confronti di A.P. S.p.A. (d’ora in avanti AQP S.p.A.), S.B., M. S.p.A., F. e C., avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede, resa il 2.10.2014, con la quale – dichiarata la cessazione della materia del contendere per la posizione di S.B., controinteressata – era stata ritenuta la inammissibilità della domanda di accertamento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dall’1.3.2004 tra il P. ed AQP S.p.A. e, quindi, di declaratoria del «licenziamento>> intimato con la lettera del 26.10.2006 e delle domande di reintegra e risarcitorie correlate, oltre che di condanna della parte datoriale al pagamento della somma di Euro 83.308,71 per i titoli specificati in ricorso;

che la Corte di merito, per quanto ancora di interesse in questa sede, ha premesso che il P., «quale frequentante del “Master Universitario in esperto in gestione del lavoro e delle relazioni sindacali”, in attuazione della “Convenzione per Tirocini di Formazione ed Orientamento” – redatta ai sensi della legge n. 196/1998 e del D.M. n. 142 del 25 marzo 1998 e conclusa tra il Dipartimento sui Rapporti di Lavoro e sulle Relazioni Industriali e la società AQP – ha svolto presso la società appellata un primo periodo di tirocinio di tre mesi (dall’1.3.2004 al’1.6.2004) poi prorogato sino al 31.12.2004, “per acquisire conoscenza reale delle funzioni dell’Ufficio Personale” affiancando responsabile dell’area Comunicazione Interna aziendale nello svolgimento dell’attività del suo ufficio”», secondo quanto risulta dal «Progetto Formativo e di Orientamento, rif. Convenzione stipulata in data 17.2.2004, in atti»; che, «quindi, ormai terminato lo stage formativo, il P.» ha presentato «in data 27.7.2005 istanza di convocazione “per un eventuale rapporto di collaborazione professionale e/o lavorativa…”, avendo appreso che altra stagista, la dott.ssa B.S., concluso il tirocinio, era stata assunta a tempo determinato»; che, «alla suddetta istanza, rimasta senza riscontro, era seguita quella del 4.10.2006, con la quale il P. aveva reiterato la domanda di assunzione evidenziando la illegittimità della procedura di “selezione diretta” di n. 201 unità che nelle more era stata bandita dalla società, conclamandone le necessità occupazionali»; che «la AQP S.p.A. con nota del 26.10.2006 aveva respinto l’istanza di assunzione»; che, evidenziato quanto precede, la Corte ha osservato che «il rapporto del P. trova il proprio titolo nella convenzione stipulata tra l’Università degli Studi di Bari, “soggetto promotore” e l’A.P. S.p.A., denominato “soggetto ospitante”, e nel progetto formativo sottoscritto dallo stesso P., dall’AQP e dall’Università»; che «l’indagine sulle concrete modalità di svolgimento del rapporto si incentra sull’esame dell’istruttoria svolta dal giudice di primo grado che è consistita nella escussione del “tutore” del P. e del direttore dell’Ufficio Risorse umane ed Organizzazione, indicati, quali testi, dallo stesso ricorrente» e che, dalle affermazioni dei predetti testimoni non è emerso alcuno degli indici rivelatori della subordinazione «più volte indicati dalla Cassazione nell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, ovvero, in via sussidiaria, ma tra loro concorrente quantomeno per una valutazione in via presuntiva, l’inserimento continuativo del lavoratore stesso nell’impresa; il vincolo di orario, la forma della retribuzione, l’assenza di rischio (Cfr. Cass. n. 5645/2009)»;

che per la cassazione della sentenza ricorre M.P. articolando un motivo contenente più censure;

che l’AQP S.p.A. ha resistito con controricorso;

che entrambe le parti hanno comunicato memorie;

che M. S.p.A., F. e C. non hanno svolto attività difensiva;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Considerato

che con il ricorso, si censura, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la «violazione e falsa applicazione della L. n. 196/97, del DM 196/97, dell’art. 2094 c.c. e dell’art. 1362 c.c.» e si lamenta che, nonostante nel progetto formativo fosse chiarito che l’obiettivo da raggiungere era l’acquisizione della conoscenza reale delle funzioni dell’Ufficio del Personale, ed in particolare, dei processi afferenti alle relazioni sindacali, dall’attività in concreto svolta dal P., emergerebbe una mancanza di aderenza tra quest’ultima ed il progetto formativo e di orientamento dedotto in convenzione, poiché il ricorrente «non ha svolto il tirocinio nell’area delle relazioni sindacali, ma, piuttosto, ha affiancato la dott.ssa S.», sua tutor, «in attività sociali e di comunicazione interna di AQP S.p.A.»; si deduce, altresì, che il rapporto di cui si tratta celerebbe un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato, in considerazione delle modalità di svolgimento dello stesso e che, pertanto, la lettera del 26.10.2006, inviata da AQP S.p.A. al ricorrente – e di cui si è detto in narrativa -, con la quale la società aveva respinto l’istanza di assunzione, sarebbe, nella sostanza una vera e propria intimazione di un licenziamento illegittimo;

che le doglianze formulate con il motivo di ricorso non sono fondate.

Ed invero – anche a voler prescindere dalla mancata produzione, trascrizione (o, almeno, indicazione nell’elenco degli atti offerti in comunicazione unitamente al ricorso di legittimità) di tutta la documentazione che attiene al rapporto in oggetto, cui le censure sollevate sono strettamente connesse, in violazione del disposto di cui all’art. 366, primo comma, n. 6, del codice di rito -, questo Collegio rileva che, nel caso di specie, i giudici di seconda istanza, attraverso un percorso motivazionale del tutto condivisibile sotto il profilo logico-giuridico, sono pervenuti alla decisione oggetto del presente giudizio, dopo aver analiticamente vagliato le risultanze dell’istruttoria espletata in primo grado, argomentando correttamente in ordine al procedimento di sussunzione che viene, in questa sede, censurato con doglianze che si risolvono, nella sostanza, in considerazioni di fatto, sfornite di deduzioni probatorie, poiché mancano della focalizzazione del momento di conflitto, rispetto alle critiche sollevate, dell’accertamento operato dai giudici di merito (cfr., Cass. nn. 24374/2015; 80/2011);

che, inoltre, il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza spetta in via esclusiva al giudice di merito; per la qual cosa, il giudice di legittimità non ha il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito» (cfr., ex multis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014 citt.; Cass. n. 2056/2011); e, per quanto anche innanzi evidenziato, la Corte distrettuale è pervenuta alla decisione impugnata attraverso un percorso motivazionale del tutto condivisibile;

che, infatti, correttamente, i giudici di seconda istanza hanno evidenziato che il rapporto di formazione-stage di cui si tratta trova il proprio titolo nella Convenzione stipulata tra l’Università di Bari (soggetto promotore) e l’AQP S.p.A. (soggetto ospitante) ed ha lo scopo di fare conseguire allo stagista un effettivo addestramento; la qual cosa, per quanto univocamente risulta dall’ampia istruttoria espletata in primo grado, è, in concreto, avvenuta; che, inoltre, al P. è stata applicata la disciplina di cui alla lettera d) del D.M. n. 142 del 1998, alla cui stregua lo stage “non può avere durata superiore a 12 mesi per gli studenti universitari, compresi coloro che frequentano corsi di diploma universitario, dottorati di ricerca e scuole o corsi di perfezionamento e specializzazione”: e lo stage di cui si tratta, per quanto risulta dagli atti, è stato effettuato dal ricorrente successivamente al Master presso l’Università degli Studi di Bari dal 15.2.2003 al 27.9.2003, e tale Master è, appunto, un corso di specializzazione;

che, fatte queste premesse, il Collegio osserva che la Corte distrettuale ha motivatamente sottolineato che, nella fattispecie, non è evidenziabile alcuno degli indici che connotano la subordinazione.

Al proposito, va ribadito, per completezza, che la Corte di legittimità ha avuto, altresì, modo di ribadire che, ai fini della individuazione della c.d. natura giuridica del rapporto, il primario parametro distintivo della subordinazione deve essere necessariamente accertato o escluso anche mediante il ricorso ad elementi sussidiari che il giudice deve individuare in concreto, dando prevalenza ai dati fattuali emergenti dall’effettivo svolgimento del rapporto, essendo il comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto elemento necessario non solo ai fini della sua interpretazione (ai sensi dell’art. 1362, secondo comma, c.c.), ma anche ai fini dell’accertamento di una nuova e diversa volontà eventualmente intervenuta nel corso dell’attuazione del rapporto e diretta a modificare singole sue clausole e talora la stessa natura del rapporto lavorativo inizialmente prevista, da autonoma a subordinata; con la conseguenza che, in caso di contrasto fra i dati formali iniziali di individuazione della natura del rapporto e quelli di fatto emergenti dal suo concreto svolgimento, a questi ultimi deve darsi necessariamente rilievo prevalente nell’ambito di una richiesta di tutela formulata tra le parti del contratto (Cass. nn. 4770/2003; 5960/1999).

Del resto, come è stato osservato, il ricorso al dato della concretezza e della effettività appare condivisibile anche sotto altro angolo visuale, ossia in considerazione della posizione debole di uno dei contraenti, che potrebbe essere indotto ad accettare una qualifica del rapporto diversa da quella reale pur di garantirsi un posto di lavoro.

Più di recente, con la sentenza n. 7024/2015, questa Corte ha ribadito che gli indici di subordinazione sono dati dalla retribuzione fissa mensile in relazione sinallagmatica con la prestazione lavorativa; l’orario di lavoro fisso e continuativo; la continuità della prestazione in funzione di collegamento tecnico organizzativo e produttivo con le esigenze aziendali; il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia; l’inserimento nell’organizzazione aziendale.

E sul lavoratore che intenda rivendicare in giudizio l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato grava l’onere di fornire gli elementi di fatto corrispondenti alla fattispecie astratta invocata (cfr., tra le molte, Cass. n. 11937/2009). Tutto ciò premesso, deve osservarsi che, nella fattispecie, la Corte di merito ha osservato che il ricorrente non ha fornito alcuna prova relativa neppure agli indici sussidiari; ha esaminato gli elementi qualificanti la subordinazione, quali enunciati dalla Corte di legittimità (v., ex plurimis, Cass. n. 14296/2017), pervenendo (come innanzi già sottolineato) – attraverso la delibazione dei punti di emersione probatoria ed alla luce dei richiamati, costanti insegnamenti giurisprudenziali – con un iter motivazionale del tutto coerente, ad escluderne la sussistenza con riferimento alla fattispecie;

che per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va rigettato;

che le spese del presente giudizio in favore di AQP S.p.A., liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

che nulla va liquidato nei confronti di M. S.r.l., F. e C. che non hanno svolto attività difensiva;

che sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, secondo quanto specificato in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di AQP S.p.A., liquidate in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.