CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 luglio 2019, n. 20728

Rapporto di lavoro – Assunzione – Insussistenza del requisito dello stato di disoccupazione da almeno 24 mesi – Verbale di accertamento

Rilevato che

la Corte d’appello di Catanzaro confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva annullato la cartella esattoriale con cui la società concessionaria della riscossione Equitalia E.Tr. s.p.a. aveva intimato ad A.T.S. s.r.l. il pagamento di premi e sanzioni richiesti dall’Inail;

la pretesa dell’istituto traeva fondamento dal verbale di accertamento del 24 luglio 2007 concernente l’insussistenza del requisito dello stato di disoccupazione da almeno 24 mesi, al momento dell’assunzione presso la opponente, di due lavoratrici. Tale verbale era seguito ad altro, posto in essere dall’INPS, che era stato impugnato giudizialmente; in ragione di ciò, il Tribunale, con sentenza confermata dalla Corte d’appello, in accoglimento della relativa eccezione dell’opponente, aveva dichiarato l’inammissibilità dell’iscrizione a ruolo ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 3;

per la cassazione della sentenza, l’Inail ha proposto ricorso, affidato a due motivi illustrati da memoria;

A.T.S. s.r.l. ed Equitalia E.tr. s.p.a. sono rimaste intimate;

Considerato che

con il primo motivo di ricorso l’Inail deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 24, comma 3 e 25, ed evidenzia che il ricorso giurisdizionale avverso il verbale ispettivo è stato esperito solo nei confronti dell’Inps, mentre l’Inail ne è rimasto estraneo; inoltre, l’istituto, venuto a conoscenza dell’accertamento, aveva autonomamente elaborato gli elementi derivanti dal verbale e, rapportandoli alle proprie norme sostanziali, diverse da quelle dell’Inps, ed aveva richiesto il pagamento dei premi omessi in relazione alle posizioni lavorative oggetto dell’accertamento; rileva anche che l’affermazione dei giudici di merito, secondo cui la temporanea carenza di potere di agire in via esecutiva non comporta pregiudizi in termini di decadenza – atteso che il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 25 fa decorrere il termine, nel caso di gravame giudiziario, dall’anno dalla sentenza definitiva resa nell’altro procedimento – sarebbe palesemente errata nel caso in cui l’istituto, non essendo parte nel giudizio di contestazione del verbale di accertamento, non riceva alcuna comunicazione dell’esito dello stesso, del suo termine e di eventuali provvedimenti interinali del giudice;

con il secondo motivo, l’Inail lamenta che non sia stata fatta applicazione analogica dell’art. 645 cod.proc.civ. in relazione alla mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, in violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., e riferisce di aver chiesto sia nella memoria di costituzione in primo grado che nel ricorso in appello anche la pronuncia di merito sulla fondatezza della pretesa creditoria, domanda che non è stata presa in esame dalla Corte territoriale;

il primo motivo non è fondato, alla luce dell’orientamento più volte ribadito da questa Corte secondo il quale l’operatività del comma 3 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24 (a mente del quale, lo si ricorda, “Se l’accertamento effettuato dall’ufficio è impugnato davanti all’autorità giudiziaria, l’iscrizione a ruolo è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del giudice“), prescinde dal fatto che l’accertamento impugnato davanti all’autorità giudiziaria sia stato effettuato dall’ente previdenziale ovvero da altro ufficio pubblico e senza richiedere la conoscenza, da parte dell’ente creditore, dell’impugnazione proposta (v. Cass. n. 4032 del 01/03/2016; Cass. n. 8379 del 09/04/2014; Cass. n. 5756 del 27 febbraio 2019);

l’orientamento si è consolidato in ragione della chiarezza del testo e le osservazioni dell’INAIL non inducono ad un ripensamento, anche in ragione del fatto che le stesse si fondano essenzialmente su valutazioni funzionali all’interesse dell’ Istituto ma prive di sostanziale rilievo sistematico tale da imporre la diversa interpretazione suggerita;

il secondo motivo è fondato dal momento che questa Corte ha già chiarito che in tema di riscossione di contributi e premi, l’opposizione avverso la cartella esattoriale dà luogo ad un giudizio ordinario di cognizione sui diritti ed obblighi inerenti al rapporto previdenziale obbligatorio, con la conseguenza che la ritenuta illegittimità del procedimento d’iscrizione a ruolo non esime il giudice dall’accertamento, nel merito, della fondatezza dell’obbligo di pagamento dei premi e/o contributi (v. ex plurimis: Cass. 20 aprile 2002, n. 5763; 15 giugno 2007 n. 13982; 26.11.2013 n. 26359; 15 giugno 2015 n. 12333; 11 maggio 2017 n. 11515; 24 luglio 2017 n. 18262; n. 12025 del 2019); ricorrono infatti gli stessi principi che governano il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, per il quale si è ritenuto (per tutte: Cass. n. 12311 del 04.12.1997) che l’opposizione dà luogo ad un ordinario, autonomo giudizio di cognizione, che, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento monitorio (art. 633 c.p.c., artt. 644 c.p.c. e segg.), si svolge nel contraddittorio delle parti secondo le norme del procedimento ordinario (art. 645 c.p.c.) sicché il giudice dell’opposizione è investito del potere-dovere di pronunciare sulla pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione e non può limitarsi ad accertare e dichiarare la nullità del decreto ingiuntivo emesso in assenza delle condizioni di legge; con la conseguenza che gli eventuali vizi formali della cartella esattoriale opposta comportano soltanto l’impossibilità, per l’Istituto, di avvalersi del titolo esecutivo, ma non lo fanno decadere dal diritto di chiedere l’accertamento in sede giudiziaria dell’esistenza e dell’ammontare del proprio credito (cfr., Cass., 19/1/2015, n. 774; Cass. 26/11/2011, n. 26395);

alla luce di queste premesse, si è aggiunto (v. Cass. n. 8822 del 5/4/2017) che non è ravvisabile un interesse concreto ed attuale della parte (sul quale v. Cass. Sez. Un. 15/1/1996, n. 264; Cass. 18/4/2002, n. 5635) a rilevare l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo in quanto effettuata durante la pendenza del giudizio di opposizione, giacché un’eventuale pronuncia sul punto non comporta alcun risultato per essa giuridicamente apprezzabile, venendo qui in rilievo esclusivamente l’accertamento della fondatezza della pretesa contributiva dell’ente e non essendo stato neppure dedotto che vi sia stata una cartella di pagamento azionata in via esecutiva;

dovendosi dare seguito a tale condivisibile soluzione, la sentenza impugnata dev’essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Reggio Calabria, in diversa composizione, che dovrà procedere ad esaminare nel merito la pretesa impositiva, oltre che provvedere a regolare le spese del giudizio;

non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente vittorioso, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata quanto al motivo accolto e rinvia alla Corte d’Appello di Reggio Calabria, anche per la regolazione della spese del giudizio di legittimità.