CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 11398 depositata il 2 maggio 2023
Lavoro – Indennità una tantum vacanza contrattuale – CCNL Mobilità – Recupero potere d’acquisto – Vincolo di solidarietà con le precedenti appaltatrici – Accoglimento
Fatti di causa
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha respinto l’appello proposto dalla G. s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale della medesima sede, mediante la quale detta società era stata condannata, in solido con T. s.p.a., quale committente ai sensi dell’art. 29 d.lgs. n. 276/2003, al pagamento, in favore di D.G., della somma di € 926,47, pari alla differenza tra quanto percepito e quanto spettante, a titolo di importo una tantum a copertura della vacanza contrattuale di 44 mesi fra l’1 gennaio 2009 e il 31 agosto 2012 (tale somma, infatti, secondo il ricorrente, era stata solo parzialmente corrisposta dalla datrice di lavoro, in relazione alla previsione del CCNL mobilità in vigore dall’1 settembre 2012, nonostante l’impegno assunto nel documento “verbale di accordo” dell’1.8.2013).
2. Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, riaffermata la competenza per territorio del Tribunale adito, nel merito, ha ritenuto spettante al lavoratore l’importo una tantum rivendicato, da porsi interamente a carico di G., in quanto da erogare con la retribuzione da parte del solo datore attuale al momento di introduzione della previsione contrattuale collettiva, alla luce del proprio iter motivazionale, in considerazione del “verbale di accordo” di assunzione dell’impegno, avuto anche riguardo al tenore dell’art. 4 Agens-Ancp – in quanto non già innovativo, ma, piuttosto, attuativo del precedente CCNL mobilità del 20 luglio 2012.
3. Avverso tale sentenza la G. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
4. Entrambi gli intimati sono rimasti tali.
5. La ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso, la G. s.r.l. denuncia la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 1294, 1362-1371 c.c. del CCNL Mobilità del 20 luglio 2012 allegato A e dell’art. 4 dell’Accordo Agens-Ancp del 5 luglio 2014 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.
Deduce l’erronea interpretazione della normativa contrattuale collettiva nazionale, in quanto non osservati dalla Corte territoriale i criteri ermeneutici soggettivi, secondo la comune volontà delle parti, né oggettivi, per avere essa interamente posto a carico della ricorrente, anziché il solo periodo di prestazione del lavoratore alle proprie dipendenze, l’intero periodo di vacanza contrattuale di 44 mesi (dall’1 agosto 2009 al 31 agosto 2012) nel quale il predetto aveva lavorato alle dipendenze di altre società appaltatrici di T. s.p.a., nonostante la chiara espressione letterale dell’allegato A di corresponsione, “ai lavoratori in forza nelle aziende che applicano il CCNL delle Attività Ferroviarie del 16.4.2003”, dell’indennità una tantum con le retribuzioni dei mesi di agosto 2012 e ottobre 2012, “in proporzione ai mesi di servizio prestati nel periodo di riferimento”, tenuto conto della natura di mancato adeguamento economico della retribuzione, per vacanza contrattuale, dell’indennità una tantum, in relazione sinallagmatica con la prestazione lavorativa e in assenza di alcun vincolo di solidarietà con le precedenti appaltatrici.
2. Il motivo è fondato.
3. Su vicenda analoga a quella in esame, questa Corte è pervenuta alla conclusione che l’indennità una tantum <ha (…) la funzione di assicurare un parziale recupero del potere di acquisto del dipendente rispetto all’aumento del costo della vita con riferimento al periodo di mancato rinnovo del contratto collettivo e il suo addossamento a carico del datore si giustifica con i possibili vantaggi economici che questi ne trae, onde non appare giustificato porre a carico del soggetto, con il quale il rapporto intercorreva al momento del rinnovo, l’intero importo anche per i periodi di attività prestata presso precedenti datori di lavoro, verso i quali alcun obbligo era stabilito dalla previsione collettiva> (cfr., sul punto, Cass. 14.1.2021, nn. 554 e 555); ed ha, in particolare, precisato che <conferma indiretta della correttezza della soluzione qui condivisa è costituita dalla esigenza di riproporzionamento, espressamente avvertita dalle parti collettive laddove la stesse hanno stabilito che gli importi in questione dovessero essere corrisposti “in proporzione ai mesi di servizio prestati nel periodo di riferimento”>.
Deve, quindi, ritenersi che l’indennità in oggetto, in quanto strutturalmente correlata all’effettuazione della prestazione lavorativa, può essere oggetto di pretesa soltanto nei termini descritti, in assenza di diversa previsione negoziale ad hoc che ponga l’obbligazione integralmente in capo a chi risulti datore di lavoro al momento della stipula del contratto collettivo.
4. Più di recente il medesimo indirizzo è stato confermato nelle ord. nn. 1304/2023, 36652/2022, 36654/2022, 36775/2022, 36777/2022, 36778/2022, in relazione ad analoghe fattispecie.
5. Alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384, comma secondo, c.p.c., la causa va decisa nel merito con conseguente rigetto dell’originaria domanda proposta dal lavoratore.
6. L’assoluta novità della questione al momento della proposizione del ricorso introduttivo suggerisce di procedere all’integrale compensazione delle spese relative all’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda dell’originario ricorrente. Compensa tra le parti le spese del giudizio.
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