CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 27726 depositata il 2 ottobre 2023
Lavoro – Decreto ingiuntivo – Una tantum mancato rinnovo del contratto collettivo – Criterio letterale nella interpretazione delle previsioni collettive – Recupero potere di acquisto – Rigetto – apparenza di motivazione – che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – la quale sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione
Rilevato che
1. la Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stata respinta la opposizione di C. soc. coop. a r.l. avverso il decreto ingiuntivo ottenuto da S.S. per il pagamento della somma di € 810,00 rivendicata a titolo di una tantum in base alla previsione dell’allegato A al c.c.n.l. Mobilità/Attività Ferroviarie del 28 giugno 2012 (con il quale era stato rinnovato il precedente contratto collettivo del 16 aprile 2003); l’una tantum era destinata a “coprire” il periodo dal 1 gennaio 2009/31 agosto 2012 in connessione con il mancato rinnovo del contratto collettivo; la somma era stata chiesta in relazione al periodo di lavoro prestato dal S. alle dipendenze della società opponente dal 1 luglio 2009 al 31 maggio 2011;
2. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso C. soc. coop a. r. l. sulla base di due motivi; la parte intimata ha resistito con controricorso tempestivo illustrato con memoria;
Considerato che
1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362 e sgg. cod. civ. censurando la sentenza impugnata per violazione del criterio letterale nella interpretazione delle previsioni collettive;
2. con il secondo motivo deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., comma 2 n. 4 cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. denunziando apparenza di motivazione con riguardo alle conclusioni attinte dal giudice di appello in relazione al verbale di accordo del 12 luglio 2013 ed agli ulteriori documenti menzionati in motivazione;
3. il ricorso deve essere respinto;
3.1. la sentenza impugnata ha motivato la ritenuta fondatezza della pretesa del S. richiamando il verbale di accordo intervenuto tra le organizzazioni sindacali e le associazioni datoriali in data 12 luglio 2013 nonché un comunicato delle organizzazioni sindacali e un comunicato in data 26 luglio 2013 del presidente della L. (associazione alla quale aderiva la società C.); secondo il giudice di appello, in sintesi, l’accordo del luglio 2013, letto anche alla luce dei successivi comunicati delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei comunicati delle associazioni datoriali (tra le quali anche quella cui aderiva la C.), nonché della circostanza – pacifica – che il S. aveva ricevuto le quote di competenza dell’una tantum da parte di ciascuna delle aziende datrici di lavoro, precedenti e successive alla instaurazione del rapporto di lavoro con la odierna ricorrente e per periodi di lavoro interamente o anche anteriori alla data del rinnovo contrattuale, dimostrava che le parti collettive avevano inteso garantire ai dipendenti del settore l’interezza della indennità (ovviamente in proporzione al numero dei mesi di lavoro effettuato nel periodo di vigenza della indennità); tale ricostruzione non era scalfita dal successivo accordo del 5.6.2014 intervenuto dopo la cessazione del rapporto di lavoro del S. e stipulato da associazioni diverse da quelle alle quali aderiva la società C.;
3.2. il ragionamento decisorio della Corte di merito non è inficiato dalle censure articolate con i motivi proposti i quali si esaminano congiuntamente stante la reciproca connessione;
3.3. deve in primo luogo escludersi la denunziata apparenza di motivazione – che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – la quale sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico -giuridico destinato a sorreggere il decisum (Cass. n. 9105/2017, Cass. Sez. Un. n. 22232/2016, Cass. n. 20112/2009) rimettendo all’interprete, come non consentito (Cass. n. 22232/2016 cit.), il compito di integrare la motivazione con le più varie, ipotetiche congetture;
3.4. nello specifico, viceversa, le argomentazioni del giudice di secondo grado consentono in maniera lineare la ricostruzione del percorso logico- giuridico che sorregge la decisione, nell’ambito del quale, in estrema sintesi, la pretesa azionata dal lavoratore è riconosciuta fondata sulla base del carattere in tal senso vincolante dell’accordo (luglio 2012) tra le parti sociali intervenuto in epoca successiva al rinnovo del contratto collettivo, accordo interpretato alla luce della complessiva condotta delle parti come espressione della comune volontà di riconoscere il diritto del lavoratore all’una tantum, quale indennità di vacanza contrattuale, nei confronti (pro quota) di tutti i datori di lavoro succedutisi nel periodo considerato e quindi non solo del datore di lavoro presso il quale il dipendente era “in forza” all’epoca della stipula del contratto collettivo del 28 giugno 2012 di rinnovo del precedente contratto del 16.4.2003;
3.5. le deduzioni svolte ad illustrazione del secondo motivo di censura non evidenziano alcuna incongruità di ragionamento o carenza logica idonea ad inficiare la possibilità di comprensione delle ragioni della decisione ma si sostanziano, in definitiva, nella prospettazione di una lettura alternativa dei documenti considerati dal giudice di seconde cure e di un diverso apprezzamento delle risultanze di causa, prospettazione e apprezzamento che risultano intrinsecamente inidonei a sostanziare la denunziata apparenza di motivazione;
3.6. quanto alle censure sviluppate con il primo motivo di ricorso, occorre premettere che le stesse risultano incentrate sulla violazione delle regole legali di interpretazione ed in particolare di quella concernente l’interpretazione letterale dell’allegato A) del c.c.n.l. del 28 giugno 2012; viene richiamato il precedente di questa Corte secondo il quale “L’allegato A del c.c.n.l. Attività Ferroviarie del 28.6.2012, di rinnovo del c.c.n.l. Attività Ferroviarie del 16.4.2003, allorché riconosce ai lavoratori, in forza alle aziende che applicano il c.c.n.l. del 16.4.2003 alla data del rinnovo del contratto, un importo “una tantum”, riconducibile all’indennità di vacanza contrattuale, implica l’attualità del rapporto di lavoro al momento del rinnovo del precedente contratto, sicché esso non può essere riconosciuto per i periodi in cui era in corso un rapporto di lavoro con un datore diverso da quello con il quale il rapporto era instaurato al momento del rinnovo del contratto collettivo; tale indennità ha infatti la funzione di assicurare un parziale recupero del potere di acquisto del dipendente rispetto all’aumento del costo della vita con riferimento al periodo di mancato rinnovo del contratto collettivo e il suo addossamento a carico del datore si giustifica con i possibili vantaggi economici che questi ne trae, onde non appare giustificato porre a carico del soggetto, con il quale il rapporto intercorreva al momento del rinnovo, l’intero importo anche per i periodi di attività prestata presso precedenti datori di lavoro, verso i quali alcun obbligo era stabilito dalla previsione collettiva “ (Cass. n. 554/2021);
3.7. tali censure, tuttavia, non appaiono pertinenti alle effettive ragioni della decisione impugnata che, come già sopra evidenziato, risultano fondate su pattuizioni collettive successive al contratto collettivo del giugno 2012, ritenute giuridicamente vincolanti per la odierna ricorrente, pattuizioni la cui interpretazione non risulta in alcun modo investita dalle doglianze formulate nel motivo in esame; tanto assorbe l’eccezione di improcedibilità del ricorso per mancato deposito del contratto collettivo, formulata in memoria dalla parte controricorrente;
3.8. appare opportuno, in ogni caso, rimarcare che la sentenza impugnata non si pone in contrasto con il richiamato precedente di legittimità proprio perché la fondatezza del diritto del S. è ricondotta ad elementi diversi ed ulteriori rispetto al contratto collettivo 2012, unico scrutinato da questa Corte nella sentenza n. 554/2021;
3.9. è infine da escludere che l’approdo ermeneutico al quale è pervenuto il giudice di merito in ordine al diritto del lavoratore a percepire l’intera una tantum, ripartita pro quota fra i vari datori di lavoro, in relazione al periodo “a copertura “ del quale tale erogazione era stata prevista, si ponga in contrasto con superiori principi atteso che, come già evidenziato dal giudice di appello, nello stesso precedente di legittimità invocato dall’odierna ricorrente, si prefigurava la astratta possibilità di “diversa indicazione delle parti collettive” in relazione ai datori di lavoro tenuti all’erogazione dell’indennità in oggetto;
4. al rigetto del ricorso segue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite;
5. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dell’ art.13 d.P.R. n. 115/2002 (Cass. Sez. Un. n. 23535/2019).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 1.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Con distrazione.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.