Corte di Cassazione ordinanza n. 13234 depositata il 28 aprile 2022
rimborso imposte versate erroneamente – termine di decadenza
FATTI DI CAUSA
1. G.D. ricorre con due motivi contro l’Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza 112/XI/13 della Commissione tributaria regionale dell’Emilia – Romagna, pronunciata in data 21 ottobre 2013, depositata in data 2 dicembre 2013 e non notificata, che ha rigettato l’appello del contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione del diniego di rimborso per errata tassazione ai fini Irpef delle indennità di incentivo all’esodo per l’anno di imposta 2004.
2. Con la sentenza impugnata, la C.t.r. rilevava che i d.P.R. 22/12/1986 n. 917, art. 19, c. 4-bis, nel testo vigente fino al 3 luglio 2006, prevedeva l’applicazione di un’aliquota agevolata sulle somme percepite come incentivo all’esodo volontario, pari alla metà di quella ordinariamente applicabile per le indennità di trattamento di fine rapporto e per tutte le altre indennità equipollenti, individuando l’età come elemento caratterizzante; in particolare la norma era applicabile agli uomini che al momento dell’esodo avessero compiuto i 55 anni e alle donne che ne avessero compiuti 50.
Tale norma, ritenuta dalla Corte di giustizia della Comunità Europea in contrasto con i principi comunitari di parità di trattamento tra uomini e donne (sentenza del 21 luglio 2005), era stata abrogata dal legislatore con decreto legge del 4 luglio 2006, n. 233, convertito con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, anche al fine di eliminare i profili di incompatibilità della normativa nazionale con la normativa comunitaria, mantenendone però l’applicazione alle somme corrisposte in relazione ai rapporti di lavoro cessati prima della data di entrata in vigore del suddetto decreto, nonché con riferimento alle somme corrisposte in relazione ai rapporti di lavoro cessati in attuazione di atti o di accordi, aventi data certa, anteriore alla data di entrata in vigore del decreto stesso.
Posto che la Corte di giustizia aveva ritenuto discriminatoria la disciplina che prevedeva una diversa età per le donne e per gli uomini, ai fini della riduzione alla metà delle imposte dovute per le somme percepite a titolo di incentivo all’esodo, e che il legislatore italiano, con il decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, citato, aveva eliminato la disparità di trattamento nei confronti degli uomini (art. 19, c.4-bis, T.U.I.R.), la C.t.r. esaminando l’aspetto relativo alla decorrenza dei termini decadenziali di 48 mesi ex art.38 del d.P.R. n. 602/73 per la presentazione dell’istanza di rimborso, ha ritenuto che esso decorresse, non dalle pronunzie della Corte di giustizia, ma dal momento in cui era stata operata la ritenuta.
Pertanto il giudice di appello aveva ritenuto che, nel caso di specie, la C.t.p. di Bologna correttamente avesse dichiarato intempestive le richieste di rimborso del contribuente.
Secondo la C.t.r., la disparità di trattamento era stata riconosciuta ingiusta al momento della tassazione della liquidazione e quindi ben poteva il ricorrente attivarsi nei termini di cui all’art. 38 per far valere il diritto al rimborso.
3. A seguito del ricorso, l’agenzia delle entrate è rimasta intimata.
Il ricorso è stato fissato per l’udienza pubblica dell’l1 gennaio 2022.
Il sostituto procuratore generale, Mauro Vitiello, ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
A seguito di rinvio per impedimento del relatore, il giudizio veniva nuovamente fissato per l’adunanza camerale del 6 aprile 2022.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, il ricorrente denunzia la violazione della direttiva CEE del 9/2/1976 76/207/CEE, della direttiva CEE del 19/12/1978 , n.79///CEE, dell’art.14 ,della direttiva del parlamento europeo e del Consifglio del 5/7/2006, n. 54, Gazzetta 26/7/2006 UE n. 204, art.19, comma 4 bis, d.P.R.22 dicembre 1986 n. 917, art.36, comma 23, d.l. n.223 del 4 luglio 2006, come modificato dall’art. 1, l. n. 248/2006, art.12 I. 27 luglio 2000 n. 212, n. in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.
Secondo il ricorrente, il diritto al rimborso era sorto solo con la sentenza della CGE del 21 luglio 2005 n. 207 (che ha dichiarato la contrarietà al diritto unionale della disciplina discriminatoria) e con la successiva ordinanza del 16 gennaio 2008 n.128 (che imponeva al giudice nazionale di disapplicare la disposizione discriminatoria), dunque in epoca successiva al decorso dei 48 mesi dall’effettuazione della ritenuta, avvenuta nell’anno di imposta 2004.
Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.5, cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo ed oggetto di discussione tra le parti, consistente nella circostanza che la legittimazione del ricorrente all’istanza di rimborso si sarebbe concretizzata solo nel 2008, a seguito dell’ordinanza CGE sez. VII del 16 gennaio 2008, n.128, che imponeva al giudice nazionale di disapplicare la disposizione discriminatoria e di applicare alla categoria discriminata la stessa disciplina dell’altra categoria.
Deduceva il ricorrente che la stessa Agenzia delle entrate, con circolare n.62/E del 29 dicembre 2008, aveva disposto l’applicazione della disciplina più favorevole anche agli uomini, ponendo nel nulla la precedente risoluzione n.112/E del 13 ottobre 2006.
2. I motivi, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono infondati e vanno rigettati.
Preliminarmente, deve rilevarsi che lo stesso ricorrente ammette di aver presentato l’istanza di rimborso in data 11 maggio 2009, oltre la scadenza di 48 mesi dal momento in cui era stata effettuata la trattenuta.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con orientamento seguito univocamente nelle decisioni successive delle sezioni semplici, hanno chiarito che < < Il termine di decadenza per il rimborso delle imposte sui redditi, previsto dall’art.. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e decorrente dalla “data del versamento” o da quella in cui “la ritenuta è stata operata”, opera anche nel caso in cui l’imposta sia stata pagata sulla base di una norma successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione europea da una sentenza della Corte di giustizia, atteso che l’efficacia retroattiva di detta pronuncia – come quella che assiste la declaratoria di illegittimità costituzionale – incontra il limite dei rapporti esauriti, ipotizzabile allorché sia maturata una causa di prescrizione o decadenza, trattandosi di istituti posti a presidio del principio della certezza del diritto e delle situazioni giuridiche>> (Cass. S.U. n. 13676 del 16/6/2014).
Conseguentemente, «in tema di rimborso delle imposte sui redditi, l’indebito tributario è soggetto ai termini di decadenza o prescrizione previsti dalle singole leggi di imposta, qualunque sia la ragione della non debenza, quali l’erronea interpretazione o applicazione della legge fiscale, il contrasto con norme di diritto comunitario, ovvero uno jus superveniens con applicabilità retroattiva» (Cass. Sez. U., n. 13676 del 16/6/2014, citata; Cass. n. 15276 del 10/6/2008).
Si è, al riguardo, precisato che la scadenza del termine per richiedere il rimborso determina il consolidamento dei rapporti di dare ed avere tra contribuente ed erario e l’esaurimento dello stesso rapporto tributario (Cass. n. 9223 del 21/4/2011), con la conseguenza che il contenuto dello stesso non può più essere messo in discussione.
Ciò comporta che anche le richieste di rimborso dei tributi incompatibili con la normativa comunitaria devono essere presentate entro i termini di decadenza, termini che non contrastano con le disposizioni comunitarie (Cass. Sez. U. n. 13676/2014 citata; Cass. n. 17009 del 5/10/2012).
Come osservato da questa Corte in una recente decisione in fattispecie analoga, <<La decorrenza del termine di decadenza di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 per l’esercizio del diritto al rimborso delle imposte sui redditi dal momento del versamento opera anche qualora l’imposta sia pagata sulla base di una norma in seguito dichiarata in contrasto con il diritto unionale, incontrando l’efficacia retroattiva della relativa pronuncia il limite dei rapporti esauriti, senza che, in senso contrario, assuma rilievo la giurisprudenza sulla tutela del legittimo affidamento della Corte europea dei diritti dell’uomo, atteso che la stessa Corte ha più volte precisato che la materia tributaria rientra nel cd. “nucleo duro” delle prerogative della potestà pubblica, sicché predomina la natura autoritativa del rapporto tra il contribuente e la collettività ed i singoli Stati godono di ampia discrezionalità, sia pure entro i confini della riserva di legge sostanziale e del rispetto dei diritti fondamentali>> (Cass. sent. N.7390/2019, alla cui ampia motivazione si rimanda).
D’altra parte, anche la Corte di giustizia CE ha espressamente affermato che «il diritto comunitario non vieta ad uno Stato membro di opporre un termine nazionale di decadenza alle azioni di rimborso di tributi percepiti in violazione di disposizioni comunitarie, anche se questo Stato membro non ha ancora modificato la propria normativa interna per renderla compatibile con tali disposizioni» (sentenza 17 novembre 1998, causa c- 228/96 Fallimento Aprile s.r.l. c/ Amm. Finanz., pt. 45).
Il ricorso va, pertanto, rigettato, avendo il giudice d’appello accertato che la domanda di rimborso del contribuente è intervenuta oltre 48 mesi dopo l’effettuazione della ritenuta alla fonte.
Nulla deve disporsi in ordine alle spese, in quanto l’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
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