Corte di Cassazione ordinanza n. 15050 depositata l’ 11 maggio 2022
accise – forza maggiore
RILEVATO CHE
P. Spa ricorre per cassazione, con due motivi, avverso la sentenza della CTR del Lazio in epigrafe, che, in riforma della decisione della CTP di Roma, aveva ritenuto legittimo l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle dogane chiedeva il pagamento dell’accise dovuta in relazione allo sversamento conseguente alla rottura della parte finale del tubo collegato tra pompa e filtro della linea di imbottigliamento, con perdita del prodotto denominato “Sambuca Romana”.
L’Agenzia delle dogane e dei monopoli resiste con controricorso. La contribuente deposita altresì memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia dell’eccepita illegittimità del procedimento amministrativo conclusosi con il diniego dell’abbuono per non aver l’Ufficio provveduto entro il termine di 90 giorni dalla presentazione dell’istanza.
2. Il motivo è infondato.
2.1 Occorre premettere che l’impugnazione ha ad oggetto l’avviso di accertamento con cui l’Amministrazione finanziaria ha preteso il pagamento dell’accisa dovuta in relazione al prodotto disperso e non la richiesta di riconoscimento dell’abbuono.
La CTR, sul punto, ha precisato che solo il primo «risultava l’atto effettivamente impugnabile in quanto portatore di una pretesa fiscale» così implicitamente disattendendo tutte le questioni riferibili alla regolarità e ritualità del procedimento sulla richiesta di abbuono.
Va escluso, peraltro, che i termini di cui agli artt. 2 e 4 della l. n. 241 del 1990 comportino la formazione di un silenzio-assenso per l’accoglimento dell’istanza o, ancor di più, una decadenza della pretesa impositiva, trattandosi di profili autonomamente disciplinati dall’art. 3 d.lgs. n. 504 del 1995 e dalle disposizioni in materia doganale da esso richiamate, sicché resta inapplicabile il termine di cui all’art. 2, comma 3, l. n. 241 del 1990 (v. Cass. n. 14733 del 27/05/2021).
3. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., falsa applicazione dell’art. 4 d.lgs. n. 504 del 1995, come modificato dall’art. 1, comma 1, d.lgs. n. 48 del 2010, e violazione degli artt. 5 d.lgs. n. 48 del 2010, 11 preleggi e 3 l. 212 del 2000.
La contribuente lamenta, in particolare, che la CTR abbia applicato la disposizione come successivamente modificata – ed implicante un onere probatorio più gravoso per essa – nonostante la non retroattività della modifica.
Contesta, inoltre, la natura non prevedibile e non evitabile della rottura della tubatura, attesa la relazione rilasciata dalla ditta fornitrice dell’impianto danneggiato, non correttamente apprezzata dalla CTR.
3.3 Il motivo è in parte infondato, in parte
3.4 L’art. 4, comma 1, TUA, nel testo vigente ratione temporis disponeva:
«In caso di perdita o distruzione di prodotti che si trovano in regime sospensivo, è concesso l’abbuono dell’imposta quando il soggetto obbligato provi che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. I fatti compiuti da terzi non imputabili al soggetto passivo a titolo di dolo o colpa grave e quelli imputabili allo stesso soggetto a titolo di colpa non grave sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore. Qualora, a seguito del verificarsi di reati ad opera di terzi, si instauri procedimento penale, la procedura di riscossione dei diritti di accisa resta sospesa sino a che non sia intervenuto decreto di archiviazione o sentenza irrevocabile ai sensi dell’articolo 648 del codice di procedura penale. In tal caso resta altresì sospesa la procedura di riscossione dell’imposta sul valore aggiunto gravante sulle accise stesse. Ove non risulti il coinvolgimento nei fatti del soggetto passivo e siano individuati gli effettivi responsabili, o i medesimi siano ignoti, è concesso l’abbuono dell’imposta a favore del soggetto passivo e si procede all’eventuale recupero nei confronti dell’effettivo responsabile.»
L’art. 1 della legge n. 48 del 2010 ha così modificato la norma:
«In caso di perdita irrimediabile o distruzione totale di prodotti che si trovano in regime sospensivo, è concesso l’abbuono della relativa imposta qualora il soggetto obbligato provi, in un modo ritenuto soddisfacente dall’Amministrazione finanziaria, che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. Fatta eccezione per i tabacchi lavorati, i fatti imputabili a titolo di colpa non grave, a terzi o allo stesso soggetto passivo, sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore.»
3.3 Le modifiche operate con la legge del 2010 hanno riguardato i seguenti punti:
- l’inserimento della locuzione «in un modo ritenuto soddisfacente dall’Amministrazione finanziaria» con riguardo alla prova «che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore»;
- l’eliminazione degli ultimi due periodi relativi alla interferenza nellaprocedura di riscossione rispetto a reati ad opera di terzi.
3.4 Entrambe le modifiche sono irrilevanti nella vicenda in giudizio: la seconda perché relativa a profili del tutto estranei; la prima perché priva di incidenza sulla configurazione normativa della fattispecie.
L’indicazione normativa, infatti, investe non il rapporto di causalità tra l’evento e la condotta riferibile al contribuente e l’incidenza, come fattore imprevedibile e inevitabile, della forza maggiore e del caso fortuito, né la prova che deve essere fornita dal contribuente stesso per andare esente da responsabilità ma, semplicemente, un profilo anteriore – e di rilevanza procedurale amministrativa – con riguardo alla valutazione delle giustificazioni e prove da parte dell’Ufficio.
Una tale formulazione, del resto, trova un suo esatto riferimento nella stessa disciplina unionale e nelle decisioni della Corte di Giustizia (v. ad es. art. 20, par. 4, dir. n. 92/12/CEE; artt. 7 e 10 dir. n. 2008/118/CE)
in ordine alla valutazione dell’Amministrazione, che deve essere ancorata a parametri rigorosi e non meramente discrezionali, senza incidere sulla valutazione giudiziale, che è autonoma, concerne il riscontro dei requisiti obbiettivi previsti dalla disciplina e resta eventuale e successiva rispetto all’apprezzamento dell’Amministrazione stessa.
In altri termini, si tratta di connotazione che non integra un elemento della fattispecie, né condiziona la valutazione della prova sul caso fortuito (che è ciò che non può prevedersi o sulla forza maggiore (che è ciò che non può evitarsi) che va desunta dall’art. 45 cod. pen. rimanendo integrata con il concorso dell’imprevedibilità ed inevitabilità (v. Cass. n. 10343 del 29/04/2010; v. anche Cass. n. 2482 del 01/02/2018 che ne delinea una nozione oggettiva dovendosi intendere l’imprevedibilità «come obiettiva inverosimiglianza dell’evento, benché non anche come sua impossibilità, mentre l’eccezionalità è qualcosa di più pregnante dell’improbabilità (quest’ultima in genere intesa come probabilità inferiore alle cinquanta probabilità su cento), … come una sensibile deviazione (ed appunto eccezione) dalla frequenza statistica accettata come «normale», vale a dire entro margini di oscillazione – anche ampi – intorno alla media statistica, che escludano i picchi estremi, se isolati, per identificare valori comunemente accettati come di ricorrenza ordinaria o tollerabile e, in quanto tali, definibili come ragionevoli»; v., anche, Cass.n. 11111 del 06/04/2022) e trova ampio riscontro nelle specifiche statuizioni della Corte di Giustizia.
La sentenza 18 dicembre 2007, Société Pipeline Méditerranée et Rhône (SPMR), in C-314/06, relativa allo sversamento di un oleodotto e forza maggiore, ha infatti affermato (punto 40) che «la nozione di «forza maggiore» ai sensi dell’art. 14, n. 1, prima frase, della direttiva 92/12 riguarda circostanze estranee al depositario autorizzato, anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso da parte sua. Il presupposto secondo cui le circostanze devono essere estranee al depositario autorizzato non si limita a circostanze a lui estranee in senso materiale o fisico, ma concerne anche circostanze che risultano oggettivamente sfuggire al controllo del depositario autorizzato o situarsi al di fuori del suo ambito di responsabilità».
In termini ancor più incisivi si è poi pronunciata la sentenza 24 febbraio 2021, Silcompa, in C-95/19, che, al punto 52, ha sottolineato che «il legislatore dell’Unione ha conferito un ruolo centrale al depositario autorizzato, nell’ambito della procedura di circolazione dei prodotti soggetti ad accisa e sottoposti ad un regime sospensivo, il che si traduce in un regime di responsabilità per tutti i rischi inerenti a tale circolazione. Detto depositario è, di conseguenza, designato come soggetto tenuto al pagamento dei diritti di accisa nel caso in cui un’irregolarità o un’infrazione, che determini l’esigibilità di tali diritti, sia stata commessa nel corso della circolazione di detti prodotti. Tale responsabilità è, inoltre, di tipo oggettivo e si basa non già sulla colpa dimostrata o presunta del depositario, bensì sulla sua partecipazione a un’attività economica».
La decisione della CTR si è attenuta a tali principi, valutando la ricorrenza dei presupposti del caso fortuito e della forza maggiore nonché escludendo, con un articolato accertamento in fatto rispetto all’equiparata situazione della colpa lieve, che la contribuente avesse mostrato una sufficiente ed adeguata diligenza («la contribuente non dimostra – anzi sul punto è totalmente reticente – di aver assolto l’onere di controllo dei processi produttivi e di verifica e manutenzione degli impianti. Posto che le tubazioni in gomma e le fasce di collegamento sono le parti più usurabili … e sottoposte a maggiori sollecitazioni … il mancato periodico controllo delle loro condizioni di utilizzo appare un comportamento di per sé dirimente … la contribuente non avendo posto in essere l’attività di controllo e manutenzione dell’impianto non ha reso possibile di accertare che l’evento, che si è poi verificato, non avrebbe potuto essere evitato malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso»).
Va sottolineato sul punto che la stessa CTR, dopo aver escluso che l’eventuale valutazione dell’Ufficio assumesse un rilievo dirimente ai fini dell’integrazione della norma, ha valutato in concreto la responsabilità della società, ritenendo che non ricorressero i presupposti per la colpa lieve.
3.5 La contestazione sull’apprezzamento delle prove operato dalla CTR è invece inammissibile, risolvendosi la censura non solo in una non più proponibile lamentela sulla sufficienza della motivazione ma anche in una sollecitazione per un nuovo giudizio di merito, non consentito in sede di legittimità.
4. Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese, liquidate come in dispositivo, sono regolate per soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna P. Spa al pagamento delle spese a favore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che liquida in complessive € 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
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