CORTE di CASSAZIONE ordinanza n. 21519 depositata il 31 agosto 2018
base per il calcolo del TFR – incidenza del premio di anzianita
Rilevato che:
1.1. con ricorso al Tribunale di Milano PO, dipendente di Intesa Sanpaolo S.p.A., conveniva in giudizio la società al fine di ottenerne la condanna al pagamento di talune voci retributive incidenti su t.f.r. (premio di anzianità ed elargizione per l’abitazione) invocando le sentenze favorevoli rese da questa Corte ex art. 420 bis cod. proc. civ. (così Cass. 15 marzo 2010, n. 6204);
1.2. il Tribunale respingeva la domanda;
1.3. la Corte d’appello di Milano, in riforma della decisione impugnava, riteneva fondate le pretese e condannava la Banca al pagamento in favore dell’appellante di euro 10.263, 82 (di cui euro 3.074,86 per incidenza sul t.f.r. del premio di anzianità ed euro 7.188,96 per incidenza dell’elargizione per abitazione);
riteneva la Corte territoriale, quanto al premio di anzianità, che si trattasse di un emolumento il quale, lungi dall’avere carattere eccezionale ovvero occasionale, rientrava nel calcolo da effettuarsi ai seni dell’art. 2120 cod. civ., non emergendo che le parti collettive (art. 94 c.c.n.l. 22 giugno 1995 Assicredito) avessero espresso alcuna volontà nel senso di escludere lo stesso dal computo della retribuzione annua utile ai fini del calcolo del t.f.r.;
quanto all’elargizione per abitazione, corrisposta al funzionario trasferito con familiari conviventi, pur in assenza di un diretto riconoscimento nella normativa contrattuale di settore, ne evidenziava il carattere continuativo e periodico, rilevandone l’avvenuta corresponsione per diversi anni consecutivi, ed escludeva che la stessa fosse stata corrisposta a titolo, anche parziale, di rimborso spese, sottolineando sottolineando che il funzionario trasferito poteva ricevere tale erogazione forfetaria senza dover dimostrare di aver sostenuto spese specifiche e che, nella specie, vi era anche stato l’assoggettamento a contribuzione degli importi a tale titolo percepiti;
riteneva, altresì, che l’indicata elargizione non fosse assimilabile al trattamento corrisposto con finalità similari previsto dall’art. 53 c.c.n.l. personale direttivo aziende di credito, consistente sostanzialmente in un risparmio sul canone di locazione, prescindendo la stessa dalla concreta sistemazione abitativa del dipendente trasferito;
considerava, pertanto, tale elargizione computabile nella base di calcolo ai fini del trattamento di fine rapporto escludendo che l’importo della stessa pattuito in misura forfetizzata a livello individuale comprendesse anche l’eventuale incidenza sul t.f.r.;
2. avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale Intesa Sanpaolo S.p.A. propone ricorso per cassazione fondato su un motivo;
3. PO resiste con controricorso;
4. la società ha depositato memoria.
Considerato che:
1.1. con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 69 e 53 del c.c.n.l. per il personale direttivo delle aziende di credito del 1990 e dell’art. 2697 cod. civ. (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.);
lamenta che la Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso che l’erogazione al funzionario trasferito di una somma di denaro in occasione del trasferimento (e per il periodo dal 25 ottobre 1991 e fino all’ottobre 2000 v. pag. 6 del ricorso per cassazione) potesse essere stata corrisposta per ‘finalità similari’ a quelle che caratterizzano i trattamenti previsti, in favore del funzionario trasferito, dall’art. 53 del c.c.n.l.;
rileva che anche l’elargizione per cui è causa, come quelle di cui alla norma pattizia, non è diretta a rimborsare spese effettive; evidenzia che tra gli emolumenti di cui all’indicata norma sono anche previste una ‘diaria’ e soprattutto la fornitura di un ‘alloggio nella nuova sede di residenza’, la cui finalità è proprio quella di alleviare il disagio connesso al cambio dell’abitazione e della residenza familiare, ovvero la medesima finalità che, a dire della Corte del merito, è alla base dell’erogazione de qua; non si giustificherebbe, pertanto, secondo la società, il diverso trattamento in termini di inclusione dell’erogazione nella base di calcolo del t.f.r., derivando, al contrario, in via immediata e diretta la sua esclusione dal computo suddetto dal richiamato art. 69 c.c.n.l. di categoria, con la conseguenza che è del tutto irrilevante verificare la natura dell’erogazione in discussione, in presenza della deroga contrattuale ai sensi dell’art 2120, co. 2, cod. civ.;
censura, inoltre, la sentenza impugnata per aver ritenuto incombente sulla Banca l’onere di provare l’equivalenza del trattamento di cui all’art. 53 c.c.n.l. e della c.d. erogazione abitativa;
1.2. di contro, il dipendente sostiene che la fornitura di alloggio prevista dall’art. 53 non prevede un’erogazione di somma di denaro che, ove corrisposta come nella specie dalla società, diversamente dalla prima, secondo l’accertamento in fatto della Corte, ha natura retributiva e sinallagmatica;
2.1. il ricorso non è fondato;
2.2. in termini generali, non può non rilevare quanto convenuto tra le parti in sede di definizione del trattamento economico dovuto e a tal fine, in sede interpretativa, deve considerarsi l’elemento letterale, che, sebbene centrale nella ricerca della reale volontà delle parti, deve essere riguardato alla stregua di ulteriori criteri ermeneutici e, segnatamente, dell’interpretazione funzionale, che attribuisce rilievo alla causa concreta del contratto ed allo scopo pratico perseguito dalle parti, oltre che dell’interpretazione secondo buona fede, che si specifica nel significato di lealtà e si concreta nel non suscitare falsi affidamenti e nel non contestare ragionevoli affidamenti ingenerati nella controparte (cfr., da ultimo, Cass. 19 marzo 2018, n. 6675; Cass. 28 marzo 2017, n. 7927; Cass. 22 novembre 2016, n. 23701);
2.3. nei casi in cui non vi sia riferimento a precise ed inequivoche clausole contrattuali pattuite in vista del trasferimento del lavoratore e, comunque, a prescindere dall’assetto riconducibile alla qualificazione dei contraenti in ipotesi di disciplina legale che sia da ritenere prevalente sulla concreta previsione pattizia quanto alla inclusione nel trattamento di fine rapporto, in mancanza di deroga espressa da parte della contrattazione collettiva ai sensi dell’art. 2120, co. 2, cod. civ., ai fini della individuazione della natura di retribuzione ovvero di rimborso spese di una voce del trattamento corrisposto per lo svolgimento di lavoro all’estero o in altra sede lavorativa, deve aversi riguardo ad indici sintomatici, che consentano una valutazione della suddetta natura in via induttiva, senza trascurare, in tale indagine, anche elementi che emergano in sede di stipulazione del contratto individuale, che assumono, per quanto detto, valore orientativo ai fini considerati;
2.4. così, ai fini dell’identificazione dei caratteri propri della retribuzione, rilevano sicuramente: a) la continuità, periodicità ed obbligatorietà della somma corrisposta o del beneficio riconosciuto, b) l’assenza di giustificativi di spesa, c) la natura compensativa del disagio o della penosità della prestazione resa, d) il rapporto di necessaria funzionalità con la prestazione lavorativa, e) la sottesa garanzia di salvaguardia del livello retributivo e di adeguamento ai maggiori oneri derivanti dal nuovo ambiente di lavoro, f) il prelievo contributivo effettuato (la cui mancanza non può, tuttavia, deporre necessariamente nel senso della connotazione quale esborso della indennità riconosciuta e della esclusione della natura retributiva);
2.5. diversamente, la finalità di tenere indenne il lavoratore da spese che quest’ultimo non avrebbe incontrato se non fosse stato trasferito e che ha sostenuto nell’interesse dell’imprenditore (non attinenti, perciò, all’adempimento degli obblighi impliciti nella prestazione lavorativa, cui egli è contrattualmente tenuto) è indice della natura non retributiva dell’emolumento, normalmente collegato ad una modalità della prestazione lavorativa richiesta per esigenze straordinarie, priva dei caratteri della continuità e determinatezza (o determinabilità) e fondata su una causa autonoma rispetto a quella retributiva, con tendenziale esclusione, per volontà collettiva, dalla base di computo del t.f.r., che, tuttavia, non può estendersi al di là dell’espressa previsione derogatoria rispetto alla generale previsione codicistica;
2.6. i suddetti principi vanno, poi, coniugati con quello più strettamente attinente all’onere della prova, considerato che, per l’art. 2120 cod. civ., ove i contratti collettivi non contengano diversa previsione, la retribuzione annua comprende tutte le somme corrisposte a titolo non occasionale e non di rimborso spese e che l’esclusione di una o più voci dalla base retributiva, costituendo deroga all’indicato principio, presuppone in primo luogo una volontà della norma collettiva che neghi espressamente l’inclusione, ed esige, poi, una specifica prova di questa negazione da parte di colui che l’invochi (v. Cass. 14 agosto 2004, n. 15889);
2.7. alla stregua dei criteri identificativi utili per la descritta valutazione di tipo induttivo, deve ritenersi che l’esame compiuto dalla Corte del merito non presenti gli errori e le carenze denunciati ai fini della individuazione della natura dell’elargizione in discussione;
2.8. del resto, secondo quanto da questa Corte affermato con riguardo al trattamento economico aggiuntivo attribuito al lavoratore che presti la propria opera all’estero (id est per l’ipotesi di trasferimento presso altra sede lavorativa), alle somme erogate al suddetto titolo va riconosciuta natura retributiva qualora si tratti di somme compensative della maggiore gravosità e del disagio morale ed ambientale dell’attività lavorativa prestata, presso la sede oggetto di trasferimento, per adempiere, sia pur indirettamente, gli obblighi della prestazione lavorativa, assumendo rilievo non il carattere forfetario o meno dell’erogazione, ma esclusivamente il collegamento sinallagmatico con la prestazione lavorativa, risolvendosi la corresponsione dell’importo in un adeguamento della retribuzione per i maggiori esborsi in considerazione delle (mutate) condizioni ambientali in cui il lavoratore presta la propria attività (cfr. Cass. 18 marzo 2009, n. 6563, Cass. 21 aprile 2016 n. 8086, Cass. 22 luglio 2016, n. 15217, Cass. 19 gennaio 2017, n. 1314, Cass. 22 febbraio 2018, n. 4340);
2.9. la decisione impugnata, là dove ha attribuito rilevanza al carattere periodico dell’erogazione, alla corresponsione in misura fissa (forfetaria annuale, in quote periodiche anticipate) e senza documentazione giustificativa, alla finalità di contributo corrisposto in relazione alle esigenze abitative personali del lavoratore, all’essere la stessa condizionata al permanere della sistemazione abitativa, all’avvenuto assoggettamento a contribuzione, è coerente con i principi sopra ricordati;
2.10. corretto è stato anche il richiamo al principio della onnicomprensività della retribuzione da prendere a base del t.f.r. di cui all’art. 2120 cod. civ. – principio che può essere derogato solo dai contratti collettivi stipulati successivamente all’entrata in vigore della normativa e a condizione che gli stessi prevedano in modo esplicito la deroga – evidenziandosi che questa Corte ha ritenuto non censurabile l’interpretazione dei giudici di merito che, al cospetto di una clausola di contrattazione collettiva strutturata come quella in esame – art. 73 del c.c.n.l. per i quadri direttivi e per il personale delle aree professionali dipendenti dalle aziende di credito – “nel qualificare i trattamenti con finalità similari, corrisposti al funzionario trasferito o in missione, come erogazioni della società al fine di compensare il lavoratore delle spese connesse al trasferimento”, ha considerato “che tali trattamenti non rientrino nella deroga prevista dal c.c.n.l. ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, ma ricadano sotto la disciplina generale dell’art. 2120 cod. civ.” (così Cass. n. 3278/2004 cit.) ed analogamente, rispetto a previsioni con clausole della contrattazione collettiva temporalmente applicabile, sostanzialmente sovrapponibili a quella contenuta nell’art. 69, ha confermato l’interpretazione dei giudici di merito secondo cui “tale disposizione altro non è che una maggiore specificazione del disposto dell’art. 2120 cod. civ. che già esclude dal computo del t.f.r. le prestazioni a titolo occasionale e quanto è stato corrisposto a titolo di rimborso spese” (Cass. 25 novembre 2005, n. 24875 e, da ultimo, Cass. 8086/2016 cit.);
3. alla stregua di tali considerazioni, il ricorso va respinto;
4. le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza della ricorrente e si liquidano come da dispositivo;
5. va dato atto dell’applicabilità dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, co. 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 200,00 per esborsi ed euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge e rimborso forfetario in misura del 15% da corrispondersi all’avv. IM, antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
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