CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 23116 depositata il 28 luglio 2023
Lavoro – Termini apposti a contratti di lavoro a tempo determinato stipulati da PA – Risarcimento del danno – Pensionamento – Legge n. 107/2015 – Domanda di equiparazione stipendiale agli insegnanti di pari anzianità assunti con contratto a tempo indeterminato – Diritto alla progressione professionale – Accertamento della prescrizione – Causa di sospensione o atto interruttivo – Rinvio a nuovo ruolo
Rilevato che
1. la Corte d’Appello di Torino, adita con appello principale dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e con impugnazione incidentale da G.G.M.C., ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale della stessa sede che, accertata l’illegittimità dei termini apposti ai contratti di lavoro a tempo determinato intercorsi fra le parti a partire dal 1984, aveva condannato il Ministero al risarcimento del danno, quantificato in 15 mensilità della retribuzione globale di fatto spettante in relazione all’ultimo rapporto di lavoro dedotto in ricorso, nonché al pagamento delle differenze retributive maturate in ragione della anzianità di servizio nei limiti della prescrizione quinquennale e, quindi, a far tempo dal 15 luglio 2004;
2. la Corte territoriale ha richiamato in premessa i principi di diritto affermati da questa Corte a partire dalla sentenza n. 22552/2016 e, dato atto dell’avvenuto pensionamento del C. che aveva impedito la stabilizzazione del rapporto sulla base della disciplina dettata dalla legge n. 107/2015, ha rilevato che la domanda risarcitoria non poteva essere accolta in quanto l’originario ricorrente, sulla base dei contratti a termine in atti, aveva prestato l’attività lavorativa di docente presso istituti scolastici diversi, sicché non poteva essere ravvisato il dedotto abuso;
3. il giudice d’appello ha ritenuto, invece, infondato l’appello del Ministero proposto avverso il capo della sentenza che aveva accertato il diritto alla progressione professionale e, in relazione alla condanna pronunciata a detto titolo, ha accolto in parte l’impugnazione incidentale, perché l’atto interruttivo della prescrizione andava individuato nella richiesta del tentativo di conciliazione comunicata anche al Ministero e non nella data di riunione del collegio e, pertanto, non erano prescritti i ratei relativi al periodo 24 gennaio 2004/15 luglio 2004, data, quest’ultima, erroneamente indicata nella pronuncia impugnata;
4. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso G.G.M.C. sulla base di tre motivi, ai quali il M.I.U.R. ha opposto difese con controricorso, notificato dopo la rinnovazione della notifica del ricorso, disposta con ordinanza pubblicata all’esito dell’adunanza camerale del 12 luglio 2022.
Considerato che
1. con il terzo motivo G. C. addebita alla sentenza gravata la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2935 cod. civ., perché la domanda di equiparazione stipendiale agli insegnanti di pari anzianità assunti con contratto a tempo indeterminato è soggetta alla prescrizione decennale e non quinquennale in quanto si fa valere una pretesa di carattere risarcitorio, fondata sulla mancata attuazione della direttiva 1999/70/CE;
2. osserva il Collegio che in relazione al motivo in parola rileva l’ordinanza interlocutoria n. 6051 del 2023, con la quale la Sezione Lavoro ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite della questione inerente alla decorrenza della prescrizione in pendenza di rapporti a tempo determinato stipulati dalle amministrazioni pubbliche;
3. detta questione è rilevante anche nella fattispecie, sebbene il ricorso addebiti alla sentenza impugnata di avere erroneamente ritenuto prescritto in parte il credito, non in conseguenza dell’errata individuazione del dies a quo, bensì quale effetto dell’erronea applicazione del termine quinquennale, a suo dire non applicabile all’azione di risarcimento dei danni derivati dall’inadempimento degli obblighi comunitari;
3.1. va ricordato che la Corte di Cassazione, in ragione della funzione del giudizio di legittimità di garantire l’osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, può ritenere fondata o infondata la questione sollevata dal ricorso anche sulla base di argomenti diversi da quelli prospettati dalle parti, perché l’esercizio del potere di qualificazione giuridica dei fatti accertati nel giudizio di merito, come esposti nel ricorso e nella sentenza gravata, incontra come unico limite quello imposto dall’art. 112 cod. proc. civ. ( cfr. fra le tante Cass. n. 25223/2020; Cass. n. 27542/2019; Cass. n. 18775/2017; Cass. 11868/2016 e la giurisprudenza ivi richiamata);
3.2. in linea con il richiamato principio, di carattere generale, è l’orientamento, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, proposta l’eccezione di prescrizione, rientra nel potere officioso del giudice, anche di legittimità, l’individuazione della norma applicabile alla fattispecie (Cass. S.U. n. 10955/2002; Cass. n. 28292/2011; Cass. n. 9993/2016) sicché la Corte di cassazione, sempre che sia investita da uno specifico motivo di ricorso che abbia impedito la formazione del giudicato interno, può rigettare o accogliere il ricorso stesso per ragioni diverse da quelle prospettate dalle parti quanto al regime giuridico applicabile o all’indicazione in iure del momento costitutivo della nascita del diritto, rilevante ai fini dell’individuazione del dies a quo (cfr. Cass. n. 35567/2021 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione);
3.3. infatti il principio secondo cui l’accertamento della prescrizione è di competenza del giudice del merito opera solo qualora l’indagine di fatto, a quest’ultimo riservata, non sia stata inficiata da errori giuridici (cfr. fra le tante Cass. n. 9014/2018), non già nella diversa ipotesi che si verifica allorquando, ferme le circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione, emerga un error in iudicando relativo al termine prescrizionale applicato, al dies a quo di decorrenza, alla sussistenza di una causa di sospensione o di un atto interruttivo desumibile dagli atti;
3.4. il motivo di ricorso formulato dal Ciotti ha impedito il passaggio in giudicato del capo della decisione che ha ritenuto parzialmente prescritto il credito e ciò è sufficiente per rendere rilevante anche nel presente giudizio la questione posta con la richiamata ordinanza interlocutoria;
3.5. la causa, pertanto, deve essere rinviata a nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite.
P.Q.M.
Rinvia la causa a nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle Sezioni Unite sulla questione prospettata dall’ordinanza interlocutoria n. 6051 del 2023.
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