Corte di Cassazione, ordinanza n. 23497 depositata l’ 8 agosto 2023
Oggetto: Tributi – Accertamento – Litisconsorzio necessario
RILEVATO CHE
– La CTP di Forlì accoglieva parzialmente il ricorso proposto dalla società B.G. & C. s.a.s., esercente attività di commercio all’ingrosso di rottami metallici, avverso l’avviso di accertamento con il quale era stato rideterminato il reddito di impresa per l’anno d’imposta 2009, a seguito della ripresa a tassazione di costi e IVA, in relazione alle fatture di acquisto, emesse dalle società F.N. s.r.l., N. s.r.l. e Nolo Service s.r.l., riguardanti operazioni ritenute soggettivamente inesistenti;
– con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia – Romagna accoglieva parzialmente sia l’appello principale proposto dalla contribuente, annullando la ripresa fiscale ai fini delle imposte sui redditi, sia quello incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate, dichiarando legittimo il recupero dell’IVA;
– dalla sentenza impugnata si evince, per quanto ancora qui rileva, che:
– la sentenza di primo grado andava riformata, in quanto aveva ritenuto, decidendo ultrapetita, che le fatture contestate non fossero soggettivamente inesistenti, ma vi fosse stata solo una sovrafatturazione da parte delle società fornitrici, riducendo la ripresa a tassazione;
– i motivi preliminari dell’appello principale, riguardanti la mancanza del contraddittorio endoprocedimentale e l’illegittima integrazione della motivazione dell’avviso di accertamento, erano infondati;
– il primo era anche inammissibile, in quanto non era stato proposto nel ricorso introduttivo e, comunque, era infondato, essendo emerso che il contraddittorio era stato attivato, avendo l’Ufficio pure modificato le conclusioni del PVC;
– il secondo motivo preliminare era infondato, non avendo l’Ufficio modificato i motivi dell’accertamento con la memoria depositata in giudizio, con la quale aveva solo prodotto elementi a supporto della motivazione contenuta nell’atto impositivo;
– nel merito, andavano accolte parzialmente entrambe le impugnazioni, in quanto, se da un lato l’Ufficio aveva dimostrato l’inesistenza soggettiva delle operazioni fatturate, dall’altro lato era emerso che i costi per il noleggio dei macchinari erano inerenti ed erano stati effettivamente sostenuti, non essendo stata provata la presunta antieconomicità dell’attività esercitata dalla contribuente, per cui andava recuperata solo l’IVA, trattandosi di operazioni che non erano state rese dalle società che avevano emesso le relative fatture;
– la B.G. & s.a.s. impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;
– l’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
– con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per nullità della sentenza o del procedimento, non avendo la CTR spiegato come mai la documentazione prodotta dal contribuente non fosse idonea a dimostrare il diritto alla detrazione dell’IVA, non avendo argomentato in modo sufficiente in ordine all’inesistenza soggettiva delle operazioni contestate;
– con il secondo motivo, deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000, non avendo l’Ufficio specificato in modo esaustivo con quali criteri aveva effettuato l’accertamento, avendo inizialmente considerato inesistenti i costi derivanti dalle fatture contestate, per poi ritenerli in giudizio almeno in parte effettivamente sostenuti;
– con il terzo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, comma 1, 3 cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che l’Ufficio, che prima aveva sostenuto l’inesistenza oggettiva delle operazioni riqualificandole nel corso del giudizio in operazioni soggettivamente inesistenti, non fosse tenuto a provare “l’inesistenza delle operazioni generanti i costi, ma solo indicare il fatto costitutivo della pretesa, a prescindere dalla effettiva idoneità di tali elementi a fondare il sospetto e la conseguente inversione dell’onus probandi”;
– con il quarto motivo, denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, per avere la CTR ritenuto le operazioni soggettivamente inesistenti, sulla base di elementi insufficienti, quali la circostanza che le società cedenti fossero prive di personale e di dotazione strumentale, pur ammettendo che non vi fosse certezza sull’inesistenza di dette operazioni e senza considerare la documentazione prodotta dalla contribuente, sulla base della quale si evinceva che i costi erano stati effettivamente sostenuti e la reddittività aziendale era in linea con le medie di settore;
– preliminarmente rileva la Corte la violazione delle norme sul contraddittorio, in quanto il giudizio si è svolto senza la necessaria partecipazione dei soci;
– ed invero, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo n. 546/92 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass., Sez. U., 4 giugno 2008, 14815; Cass., 14 dicembre 2012, n. 23096; Cass., 28 novembre 2014, n. 25300; Cass., 20 aprile 2016, n. 7789; Cass., 25 giugno 2018, n. 16730; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27603);
– pertanto, ove in sede di legittimità venga rilevata una violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal Collegio di primo grado (che avrebbe dovuto disporre immediatamente l’integrazione del contraddittorio, ovvero riunire i processi in ipotesi separatamente instaurati dai litisconsorti necessari, ai sensi dell’art. 29 del decreto legislativo 546 del 1992), né dal Collegio d’appello (che avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice, ai fini dell’integrazione del contraddittorio con tutti i soci della società contribuente, ai sensi dell’art. 59, comma 1, lett. b) del decreto legislativo n. 546 del 1992, in modo da assicurare un processo unitario per tutti i soggetti interessati), deve disporsi, anche d’ufficio, l’annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 383 ultimo comma, cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 16 febbraio 2009, n. 3678 e, di recente, Cass., 16 marzo 2018, n. 6644; Cass., 23 ottobre 2020, 23315; Cass., 22 febbraio 2021, n. 4665);
– anche con riferimento all’IRAP, questa Corte ha affermato che, trattandosi di imposta assimilabile all’ILOR – in forza dei suo carattere reale, della sua non deducibilità dalle imposte sui redditi e della sua proporzionalità (cfr. art. 17, comma 1, e art. 44 del decreto legislativo n. 446 del 1997 – ed essendo essa imputata per trasparenza ai soci, ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, al pari delle imposte sui redditi, il litisconsorzio necessario del soci sussiste anche nel giudizio di accertamento della relativa imposta dovuta dalla società (Cass., Sez. U., 20 giugno 2012, n. 10145; , Sez. U., 29 maggio 2017, n. 13452; Cass., 24 luglio 2018, n. 19599);
– questa Corte ha affermato, di recente, che «Nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, la violazione del litisconsorzio necessario tra società e soci determina la rimessione della causa al primo giudice che, tuttavia, non è necessaria ove in sede di legittimità possa disporsi la ricomposizione del contraddittorio mediante la riunione; ciò si verifica quando, oltre a sussistere la piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, la complessiva fattispecie sia caratterizzata da: identità oggettiva quanto a “causa petendi” dei ricorsi; simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici» (cfr. Cass., 24 febbraio 2022, n. 6073);
– in particolare, nella sentenza richiamata, è stato precisato che «la ricomposizione successiva del contraddittorio in sede di legittimità di cause decise separatamente nel merito (senza la originaria partecipazione congiunta di tutti i litisconsorti necessari) richiede, peraltro – oltre che alla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, all’identità oggettiva quanto a causa petendi e alla simultanea proposizione degli stessi avverso l’unitario avviso di accertamento posto a fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società sia di tutti i suoi soci – anche la simultanea trattazione dei processi innanzi ad entrambi i giudici del merito e la identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici (Cass., Sez. V, 13 dicembre 2017, n. 29843; , Sez. V, 10 novembre 2011, n. 26648; Cass., Sez. V, 18 febbraio 2010, n. 3830)» e che «La mancanza di trattazione unitaria e l’impossibilità di verificare una completa identità delle questioni trattate comporta la violazione del litisconsorzio necessario, con conseguente rimessione della causa al primo giudice, non potendo la causa essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto dei litisconsorti (Cass., Sez. U., 4 giugno 2008, n. 14815)» (Cass., 24 febbraio 2022, n. 6073, in motivazione);
– ciò posto, come risulta dalla sentenza impugnata, nella fattispecie in esame, nel giudizio promosso dalla società B.G. & s.a.s. non sono stati parti i soci, che pur risultano avere impugnato i relativi avvisi di accertamento, e ciò nonostante la specifica richiesta di riunione formulata sia nel giudizio di primo grado che nel giudizio di appello, senza che la Commissione tributaria provinciale e la Commissione tributaria regionale abbiano disposto l’ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci ex art. 331 cod. proc. civ.; inoltre, come si legge sempre nella sentenza impugnata, i ricorsi in appello proposti dai soci avverso le sentenze di primo grado erano stati assegnati alla medesima sezione della Commissione tributaria regionale dell’Emilia – Romagna, che aveva trattato i relativi giudizi nella medesima udienza;
– in conclusione, quindi, rilevata la violazione del litisconsorzio necessario, deve disporsi anche d’ufficio l’annullamento delle pronunce emesse a contraddittorio non integro, con rinvio della causa al giudice di primo grado (Corte di giustizia tributaria di primo grado di Forlì), ex art. 383, comma 3, cod. proc. civ., che provvederà a rinnovare il giudizio di merito a contraddittorio integro e a regolamentare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara la nullità della sentenza impugnata e di quella di primo grado, rinviando alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Forlì, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
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