CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 aprile 2022, n. 10668
Rapporto di lavoro – Richiesta di trattenimento in servizio – Manifestazione di volontà di proseguire il rapporto oltre il 65° anno di età – Istanza prolungamento secondo l’iter previsto dalla legge – Mancata presentazione
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 6214/2015, accoglieva l’impugnazione dell’I.N.P.S. e, in riforma della sentenza del locale Tribunale, che aveva accolto la domanda di P.C. volta ad ottenere la reintegra nell’incarico di Dirigente Generale della Regione Calabria, assegnato con determina n. 64 del 6.5.2009, sino al raggiungimento del 67° anno di età (28.6.2012), respingeva la domanda.
2. Il C. aveva stipulato in data 5.6.2009 il contratto individuale accessivo all’incarico conferitogli in cui si stabiliva il trattamento economico con scadenza il 31.7.2012.
Con comunicazione del 15.3.2010 il Direttore Centrale delle Risorse Umane gli aveva comunicato che la sua domanda di trattenimento in servizio oltre il 65° anno di età era stata ritenuta irricevibile perché presentata fuori termine. Successivamente, in data 20.5.2010 era stata comunicata al C. la risoluzione del rapporto (con decorrenza 1.7.2010) per raggiunti limiti di età.
Il Tribunale aveva accolto la domanda ritenendo che la domanda presentata fuori termine dal C. fosse in realtà tamquam non esset atteso che l’Amministrazione, avendo conferito al predetto un incarico triennale che andava a scadere dopo il raggiungimento del 65° anno di età aveva già manifestato la volontà di prolungare il rapporto fino alla scadenza del contratto.
La Corte territoriale riteneva, invece, che il rapporto di servizio ed il rapporto conseguente al conferimento di incarico dirigenziale sono distinti e regolamentati da due diversi contratti e da diversi livelli normativi.
Osservava che la volontà di concludere un rapporto dirigenziale tramite contratto “accessivo” per una durata superiore al rapporto di servizio non può incidere sulla prosecuzione di quest’ultimo oltre i limiti di età, fissati per legge. Rilevava che il contratto dirigenziale accede a quello di servizio e mentre quest’ultimo determina l’inserimento del dipendente nell’organizzazione e regola il rapporto, con quello dirigenziale l’ente si definisce solo il trattamento economico.
Aggiungeva che il rapporto di incarico dirigenziale era definito per volontà delle parti e che tale volontà nulla potesse determinare sulla prosecuzione dello stesso oltre il limite di età di 65 anni, ove la legge prevede una specifica richiesta per la prosecuzione del servizio fino al 67° anno di età, richiesta che deve essere presentata dal dipendente ex art. 16, comma 1, d.lgs. n. 503/92 come modificato dall’art. 72, comma 7, d.l. 112/2008 e che prevede un potere discrezionale dell’ente di accettazione.
Sosteneva che l’incarico dirigenziale non poteva essere, nemmeno implicitamente, espressione della volontà di proseguire il rapporto oltre il limite previsto dalla legge.
Evidenziava che tanto era dimostrato proprio dalla istanza di trattenimento in servizio presentata dal C. (tardivamente) in data 19.02.2010, oltre il termine previsto dall’art. 2 della delibera commissariale che aveva recepito l’art. 72, comma 7, d.l. n. 112/2008 ossia il termine di 12 mesi prima del compimento dei 65 anni (28.06.2010).
Riteneva, inoltre, fondata in rito l’eccezione presentata con l’appello incidentale condizionato dal C. perché il Tribunale aveva omesso di pronunciarsi sull’eccezione di invalidità dell’atto risolutivo per essere stato emesso da un organo privo del relativo potere ma considerava la stessa infondata nel merito in quanto il collocamento a riposo per raggiunto limite di età impone alla P.A. l’estinzione del rapporto automaticamente, salve le ipotesi di proroga del rapporto su richiesta del dipendente con il consenso dell’amministrazione.
5. Ricorre per la Cassazione della sentenza il C. sulla base di quattro motivi.
6. L’I.N.P.S. ha opposto difese con controricorso.
7. Il Procuratore Generale ha presentato memoria concludendo per l’inammissibilità e in subordine per il rigetto del ricorso.
8. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Preliminarmente va rigettata l’istanza di rinvio presentata dal difensore del ricorrente non adeguatamente documentata quanto ai dedotti motivi di salute nonché quanto alla dedotta impossibilità di farsi sostituire.
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 16, comma 1, d.lgs. n. 503/1992, come modificato dall’art. 72 d.l. n. 112/2008, e degli artt. 1322 e 1325, n. 4, cod. civ., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.
Evidenzia che l’interpretazione della normativa da parte della Corte territoriale pecca di “eccesso di formalismo” in quanto l’art. 16 cit., come modificato dall’art. 72, non prevede tra i requisiti per il trattenimento in servizio una forma per la reciproca manifestazione di volontà di prolungare il rapporto oltre il 65° anno di età.
Rileva che la manifestazione di volontà di prolungare il servizio per il biennio di legge è stata resa nei termini di legge e nei modi previsti dalla legge, che non prevede una forma scritta ad substantiam.
Sostiene che tale manifestazione di volontà sia confluita nel rapporto dirigenziale che, difatti, aveva termine di scadenza sostanzialmente coincidente con il raggiungimento del 67° anno di età del ricorrente (il contratto scadeva il 31.07.2012 mentre il ricorrente ha compiuto i 67 anni il 28.06.2012).
Assume che dalla determina di conferimento incarico e dal contratto individuale accessivo emerge la volontà di ambe le parti di prolungare il rapporto, così come dimostrato dalla comune intenzioni delle parti anche in base al comportamento tenuto successivamente alla conclusione del contratto.
Evidenzia che la manifesta volontà di proseguire il rapporto oltre il 65° anno di età è dimostrata, ulteriormente, dalla mancanza di clausole di salvaguardia all’interno del contratto.
3. Il motivo non è fondato.
3.1. Il prolungamento oltre il 65° anno di età è subordinato alla richiesta del dipendente ed al consenso (discrezionale) dell’ente.
Nel caso di specie non c’è stata una tempestiva richiesta di prolungamento del rapporto (si evince dalla sentenza impugnata che l’istanza del C. di permanenza in servizio oltre il 65° anno di età era stata considerata irricevibile in quanto presentata oltre il termine previsto dalla determinazione commissariale n. 88 del 2008 di recepimento dell’art. 72, comma 7, d.l. n. 112/2008).
3.2. Non può desumersi un prolungamento del rapporto implicito sulla base di una diversa manifestazione di volontà, ossia sulla base della volontà di conferire un incarico dirigenziale.
Ed infatti l’incarico dirigenziale ed il rapporto di servizio operano su piani contrattuali e normativi diversi (si vedano, su tale distinzione, Corte cost. nn. 313/1996, 275/2001, 11/2002, 193/2002) dovendo, in particolare, evidenziarsi che il rapporto di servizio risulta disciplinato, quanto alla sua cessazione, direttamente dalla legge.
In conseguenza, dal conferimento dell’incarico dirigenziale non può ricavarsi anche, per implicito, la volontà dell’amministrazione di far proseguire il rapporto di servizio oltre il 65° anno di età (v. Cass. 9 giugno 2020, n. 11008).
Per tale prosecuzione è, infatti necessaria apposta istanza cui la P.A. deve dare risposta nei modi e nei termini e modi previsti.
Il suddetto art. 72, comma 7, d.l. n. 112/2008 già nel testo vigente prima del conferimento dell’incarico dirigenziale in questione prevedeva che: «All’articolo 16 comma 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni, dopo il primo periodo sono aggiunti i seguenti: “In tal caso è data facoltà all’amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi. La domanda di trattenimento va presentata all’amministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di età per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento”».
3.3. Da tanto si desume la necessità di una manifestazione di volontà idonea e diretta in modo non equivoco alla richiesta di trattenimento in servizio oltre i limiti di età per il pensionamento, previsto, nel lavoro pubblico contrattualizzato, dall’art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992 e successivamente una inequivoca ed espressa manifestazione di volontà dell’amministrazione di accoglimento di tale richiesta, tenuto conto delle proprie esigenze organizzative e funzionali in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal pubblico dipendente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi (v. ex multis Cass. 16 ottobre 2017, n. 24372; Cass. 7 ottobre 2013, n. 22790),
3.4. Peraltro, alla data del suddetto conferimento dell’incarico dirigenziale (5.6.2009) non era stata ancora presentata dal C. l’istanza di trattenimento in servizio oltre tale limite di età né può ritenersi che la stessa (che doveva necessariamente corrispondere ai requisiti di cui all’art. 72 del d.l. n. 118 del 2008 così da consentire all’amministrazione di esercitare la scelta coerentemente e secondo criteri oggettivi e predeterminati, nel rispetto nel canone di imparzialità previsto dall’art. 97 Cost.), e la relativa accettazione fossero state surrogate dalla stipula del contratto accessivo all’incarico dirigenziale di cui si è detto.
Si aggiunga che tale contratto scadeva più di un mese dopo il 67° anno di età: se si aderisse alla tesi del ricorrente allora la P.A. non avrebbe potuto recedere nemmeno al compimento del 67° anno del dipendente per mancanza di clausola di riserva (ed infatti il biennio di cui all’art. 72 del d.l. n. 112/2008 segna il limite massimo del trattenimento in servizio, non essendo consentita la possibilità di una negoziazione individuale che, in deroga ad una previsione di legge, faccia proseguire il rapporto di lavoro oltre il 67° anno).
4. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19, 21 e 23 del d.lgs. n. 165/2001 e degli artt. 1325 e 1418, comma 2, cod. civ., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver considerato totalmente scissi il contratto individuale accessivo e la determina di conferimento incarico; sostiene che il contratto è, appunto, accessivo alla determina perché trattasi di una fattispecie a formazione progressiva ex art. 19 d.lgs. n. 165/2001.
Sostiene che il contratto non possa individuare il solo aspetto economico del rapporto ma riguarda l’intero assetto negoziale secondo i criteri individuati dalla determina di conferimento.
5. Il motivo è infondato per le stesse ragioni evidenziate al punto sub 3. che precede.
Si aggiunga che, al di là della considerazione del rapporto tra la determina ed il contratto, il punto centrale è che la manifestazione di volontà riconducibile a tali atti non può che riguardare l’incarico conferito e non anche esprimere, in sé, quella “di proseguire il rapporto oltre i limiti di età”.
Per tale prolungamento (che attiene al sottostante rapporto di servizio) è necessaria, come detto, una richiesta esplicita (la domanda deve essere presentata nei termini e deve essere seguita da un consenso altrettanto esplicito della P.A., che ha il potere di respingere la stessa).
6. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 cod. civ., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per non aver ritenuto tamquam non esset la richiesta tardivamente presentata dal ricorrente ai fini del trattenimento in servizio, essendosi già formata la procedura prevista ex art. 72 D.L. 112/2008. Sostiene che mancando alcuna clausola di salvaguardia all’interno del contratto l’Ente non avrebbe potuto risolvere il contratto nel rispetto del principio di buona fede e correttezza tra le parti.
7. Il motivo è infondato.
Come evidenziato dalla Corte territoriale, con argomentazione in fatto insuscettibile di revisione in questa sede di legittimità, la richiesta di trattenimento in servizio (presentata dal C. tardivamente) era vieppù dimostrativa del fatto che non c’era stata, nemmeno nella convinzione del ricorrente, una precedente manifestazione di volontà di proseguire il rapporto tra le parti oltre il 65° anno di età perché non era stata presentata istanza di prolungamento secondo l’iter previsto dalla legge.
Va in ogni caso, al riguardo, ribadita l’insuperabilità della previsione normativa che governa l’istituto del trattenimento in servizio senza che possa assumere alcuna rilevanza la negoziazione individuale.
8. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.
Evidenzia che in caso di soccombenza la pronuncia sulle spese non potrebbe che ricadere sull’I.N.P.S. (principio della soccombenza).
9. Il motivo è inammissibile sostanziandosi non in una critica al decisum della Corte territoriale (che, peraltro ha disposto la compensazione delle spese) ma un mero sollecito ad applicare la regola della soccombenza in caso di (auspicata) riforma della sentenza impugnata.
10. Il ricorso va, conseguentemente, respinto.
11. La regolamentazione delle spese segue la soccombenza.
12. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello prescritto per il ricorso, ove dovuto a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’I.N.P.S., delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
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