CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 03 maggio 2018, n. 10536
Tributi locali – TOSAP – Scadenza della concessione – Permanente vigenza del divieto di cui all’art. 93 del d.lgs. n. 259 del 2003 – Sussistenza
Fatti di causa
Con l’impugnata sentenza il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche respingeva l’appello proposto da <<C.C.L.M. e R.F.>> contro la decisione del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche di Torino che aveva accolto l’opposizione – proposta da T.I. S.p.A. – avverso l’ingiunzione emessa ai sensi dell’art. 2 r.d. 14 aprile 1910 n. 639 per la riscossione di <<canoni demaniali risarcitori degli anni 2006 2007 2008 2009 2010>> ammontanti a complessivi € 57.255,73.
Il TSAP dopo aver respinta la preliminare eccezione di difetto di giurisdizione del TRAP – non essendo stati <<censurati atti amministrativi su cui si fonda la pretesa ma la stessa debenza dei pretesi canoni>> – riteneva l’appello infondato nel merito perché l’art. 93, comma 1, d.lgs. 1 agosto 2003 n. 259 proibiva in modo assoluto che gli impianti <<di reti o per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica>> potessero essere assoggettati a oneri o canoni non stabiliti dalla legge. Secondo il TSAP difatti la disposizione doveva interpretarsi restrittivamente – nel rispetto delle Direttive unionali – onde evitare che il pagamento di oneri o canoni geograficamente diversi nel territorio dello Stato potesse negativamente incidere sulla libera concorrenza nello specifico settore di mercato delle telecomunicazioni.
<<C.C.L.M. e R.F.>> ricorreva per quattro motivi, anche illustrati da memoria. L’intimata T.I. S.p.A. – che non presentava difese – partecipava però alla discussione.
Ragioni della decisione
1. Con il primo preliminare motivo di ricorso – rubricato <<Difetto di giurisdizione>> – <<C.C.L.M. e R.F.>> riteneva che erroneamente il TSAP avesse affermato la giurisdizione sui diritti soggettivi del TRAP. Osservava a riguardo la ricorrente come la scaduta concessione 2 giugno 1993 rep. 90240 – rilasciata ai sensi dell’art. 136, comma 1, lett. c) r.d. 8 maggio 1904 n. 368 – prevedesse al suo art. 4 che T.I. S.p.A. fosse tenuta alla <<corresponsione, sino all’avvenuto ripristino, a titolo risarcitorio, di una somma, per ciascun anno o frazione posteriori alla scadenza stessa, pari al doppio dell’indennità annuale di cui all’ultimo comma del successivo art. 11 a valore aggiornato>>. Sosteneva quindi la ricorrente che – in ragione della veduta natura risarcitoria dei cccanoni demaniali in argomento>>
– fosse stato messo in discussione lo stesso << potere impositivo>> dell’ente con la conseguente giurisdizione amministrativa del TSAP.
Il motivo deve essere rigettato atteso che la ricorrente ha infondatamente contestato la giurisdizione ordinaria del TRAP – affermando invece sussistente quella amministrativa del TSAP – avendo avuto infatti questa Corte recente occasione di stabilire che l’art. 93 d.lgs. n. 259 cit. fissa la giurisdizione ordinaria laddove sottrae agli enti diversi dallo Stato la determinazione dei canoni per l’occupazione di aree su cui insistono infrastrutture di rete di telecomunicazioni (Cass. sez. un. n. 2730 del 2017). Col che rimane confermata la competenza del TRAP – rispetto a quella del giudice civile appartenente alla medesima giurisdizione ordinaria (Cass. sez. un. n. 24663 del 2007; Cass. sez. un. n. 39 del 2000) – mai oggetto di contestazione in applicazione dell’art. 38 c.p.c. (Cass. sez. un. n. 24903 del 2011).
2. Con il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso – rubricati <<violazione e falsa applicazione dell’art. 12 I. 27 dicembre 1977 n. 984, ecc.>> – <<C.C.L.M. e R.F.>> deduceva complessivamente che il TSAP erroneamente aveva ritenuto che la questione fosse quella della imposizione di canoni per utilizzo del <<reticolo demaniale gestito dalle Regioni>>. Un’imposizione effettivamente vietata dall’art. 93 d.lgs. n. 259 cit. Laddove invece secondo la ricorrente quelli in discussione erano <<canoni risarcitori>> stabiliti – tra l’altro ben prima dell’entrata in vigore dell’art. 93 d.lgs. n. 259 cit. che non poteva quindi avere effetti retroattivi – per la mancata eliminazione dei manufatti che insistevano sulle opere di bonifica dopo lo scadere della concessione.
I riassunti motivi – da trattarsi congiuntamente per la loro stretta connessione – sono infondati in base al principio di diritto secondo cui: <<Lo scadere della concessione non comporta in alcun modo il venire meno del radicale divieto contenuto nell’art. 93 d.lgs. n. 259 cit. di assoggettare a canoni – o comunque a qualsiasi altro onere – la occupazione di aree con infrastrutture di telecomunicazione ancora utilizzabili. E ciò conformemente alla ratio della disposizione che è intesa – in recepimento delle note Direttive unionali – ad eliminare ogni possibile tipo di interferenza sulla libera concorrenza nel settore di mercato delle telecomunicazioni che possa derivare dalla sottoposizione all’interno del territorio dello Stato a canoni o oneri geograficamente differenziati >> (sulla restrittiva interpretazione della disposizione, v. già Cass. sez. I n. 283 del 2017; Cass. sez. I n. 17524 del 2015). In realtà gli operatori che forniscono reti di telecomunicazione elettronica – giusta la regola contenuta nell’art. 93, comma 2, d.lgs. n. 259 cit. come autenticamente interpretato con efficacia retroattiva dall’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 15 febbraio 2016 n. 33 – sono soltanto obbligati a tenere <<indenni>> i proprietari o gestori delle aree coinvolte dagli interventi infrastrutturali a seguito della dismissione degli impianti. Regola che – atteso che trattasi solo di <<indennizzo>> – conferma quella contenuta nell’art. 93, comma 1, d.lgs. n. 259 cit. del divieto assoluto di sottoposizione a canoni o altri oneri salve le eccezioni ex lege.
3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente <<C.C.L.M. e R.F.>> a rimborsare a T.I. S.p.A. le spese processuali, liquidate in € 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in € 200,00, agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.
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