CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 luglio 2018, n. 19367
Tributi – Accertamento – Disciplina delle “società di comodo” ex art. 30 Legge n. 724 del 1994 – Test di operatività – Elementi – Valutazione – Immobili in corso di realizzazione – Esclusione
Fatti di causa
Con sentenza del 20.1.2011 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha respinto l’appello proposto sia dalla SO.CO.GI . S.r.L. che dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 50/1/2009 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che aveva parzialmente accolto il ricorso, proposto dalla società contribuente, contro avviso di accertamento IVA IRPEG IRAP annualità 2003, sulla base dei seguenti rilievi: “a1) l’esistenza di un reddito minimo non dichiarato di euro 19.208,13, accertato presuntivamente ai sensi del 3° comma dell’articolo 30 della legge 724/94 sulla base dell’assunto che la società stessa doveva essere “astrattamente” considerata “non operativa (c.d. di comodo)” ai sensi della citata norma in quanto i ricavi dichiarati risultavano inferiori alla somma degli importi ottenuti applicando i criteri previsti dal primo comma della norma medesima; a2) l’esistenza di un’omessa registrazione di ricavi desunta dalla circostanza che alla data del 24.02.2003 il conto “denaro e valori in cassa” presentava, a seguito del pagamento di una fattura della A. s.r.l. di euro 29.975,69, un saldo negativo di euro 8.950,56 incompatibile con la natura di tale conto; a3) l’esistenza di un’omessa registrazione di ricavi depositati presso conti correnti bancari non contabilizzati desunta dai pagamento di fatture per 20.000,00 euro eseguito con due assegni, nonostante la società non fosse titolare di conti correnti bancari ed operasse solo con il citato conto “denaro e valori in cassa”; a4) l’errata contabilizzazione di costi per energia elettrica per euro 860,82 ed euro 63,72, i quali, oltre a non essere riferiti all’esercizio di competenza in cui erano stati sostenuti, erano indeducibili perché l’immobile di via (…) cui erano riferiti risultava affidato in comodato ad altra società; a5) l’infedele dichiarazione dei redditi per la mancata compilazione dello studio di settore Mod 5G69U e per l’indicazione nel modello “unico 2004 – quadro RF rigo” dell’esistenza della relativa causa di esclusione n. 2; b1) l’esistenza di un indebito rimborso per euro 74.624,00 non spettante per le società di comodo in virtù del dettato del 4° comma dell’articolo 30 della legge 724/94; b2) l’elusione dell’IVA per í ricavi non contabilizzati sopra indicati alle lettere a2) e a3), nonché per i costi non deducibili di cui sopra al punto a4); C) in materia di IRAP, il maggior valore di euro 29.875,10 della produzione netta rispetto ai dichiarato per effetto delle irregolarità sopra indicate per le imposte dirette ai punti a2), a3) e a4).
In particolare la CTP aveva annullato i rilievi nn. a2, a3 e a4, ovvero il recupero di € 8.950,56, di € 20.000,00 e di € 924,54.
Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione la società indicata in epigrafe affidato a quattro motivi.
Con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., «violazione del disposto dell’articolo 30 della legge 724/1994 e dell’articolo i delle preleggi del codice civile» nonché «contraddittoria e carente motivazione».
Con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c. <<violazione del disposto dell’articolo 2697 c.c. e falsa applicazione dell’articolo 30, 1° comma, della legge 724/1994» nonché «omessa motivazione”.
Con il terzo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., «omessa motivazione».
Con il terzo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., «nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c.”.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso, deducendo l’infondatezza dei ricorso principale; ha altresì proposto ricorso incidentale lamentando, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., «violazione degli artt. 39, 1° comma, lett. d) del d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600 e 2729 cod. civ.” nonché «insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio».
La società contribuente ha, altresì, illustrato le proprie ragioni con memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1.1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta che la CTR avrebbe erroneamente affermato che la presunzione di cui all’art. 30 cit., nel testo vigente ratione temporiS (annualità 2003), non ammetta prova contraria.
1.2. Tale profilo di censura è infondato, ancorché per ragioni diverse da quella indicata dalla CTR, la cui motivazione sul punto va corretta ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, c.p.c.
1.3. La disciplina di cui all’art. 30 L. n. 724 del 1994, che, in rapporto alla sottoproduzione di ricavi, qualifica la società di comodo, non consentendo perciò alcun rimborso IVA e determinando la rettifica del reddito imponibile, onera l’ente che non abbia raggiunto lo standard normativo a provare le situazioni giustificative: il fallimento del cd. test di operatività istituisce cioè una presunzione iuris tantum di inoperatività, che è onere della società vincere mediante prova contraria esplicativa dell’anomalia reddituale (cfr. Cass. n. 6195/2017).
1.4. In particolare, la norma, nel testo applicabile ratione temporis, prevede che «la prova contraria deve essere sostenuta da riferimenti a oggettive situazioni di carattere straordinario che hanno reso impossibile il conseguimento di ricavi, di incrementi di rimanenze e di proventi nella misura richiesta».
1.5. Orbene, la CTR, pur avendo erroneamente affermato che trattasi di presunzione iuris et de iure, ha comunque escluso l’operatività della società contribuente, rilevando che le affermazioni contrarie di quest’ultima, secondo cui le conclusioni dell’Ufficio risultavano in contrasto <<con i due PV redatti prima e dopo la redazione del PVC posto a base dell’atto impugnato», erano infondate poiché «le risultanze dei due verbali il primo del 31/3/2005 ed il secondo del 18/10/2007 non contraddic(evano)… quello posto a base dell’atto impugnato perché gli stessi erano finalizzati a verifiche parziali e non generali e perciò escludevano l’esame generale dei bilanci della società, esame dal quale, i verbalizzanti …(avevano)… tratto una presunzione delle non operatività della società, poi verificato nel concreto».
1.6. Ne consegue che la CTR non ha, in concreto, escluso che la società potesse provare i fatti giustificativi idonei a vincere la presunzione di inoperatività, avendo piuttosto ritenuto inidonea allo scopo la prova contraria della società.
1.7. E’ invece fondato il primo motivo di ricorso nella parte in cui la contribuente denuncia la carente motivazione della sentenza, per essersi il Giudice d’appello limitato ad escludere l’operatività della società sulla base delle affermazioni dianzi trascritte.
1.8. Invero, il vizio di motivazione ricorre quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, oppure quando li indichi, ma senza esaminarli, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (cfr., ex multis, in particolare, Cass. n, 8850/2014).
1.9. Nella specie la sentenza di appello non contiene l’indicazione delle ragioni logiche, che hanno indotto ad respingere l’appello proposto dalla società, non bastando a tale fine il generico richiamo ai <<bilanci della società», dal cui esame i verbalizzanti avrebbero «tratto una presunzione della non operatività della società, poi verificato nel concreto», senza dar poi adeguato conto, in primo luogo, delle argomentazioni, corredate da prova scritta, della società in merito all’effettuata integrale analisi da parte della GdF, dei suddetti bilanci nel secondo PVC datato 18.10,2007 (in cui era stato altresì riconosciuto, per gli anni 2005 e 2006 in riferimento ai medesimi immobili della società, un credito IVA e la legittimità della sua compensazione con debiti d’imposta).
1.10 Circa le affermazioni della CTR – secondo cui «le risultanze dei due verbali il primo del 31/3/2005 ed il secondo del 18/10/2007 non contraddic(evano) … quello posto a base dell’atto impugnato perché gli stessi erano finalizzati a verifiche parziali e non generali e perciò escludevano l’esame generale dei bilanci della società, esame dal quale, i verbalizzanti …(avevano).., tratto una presunzione delle non operatività della società, poi verificato nei concreto» il Collegio osserva che l’assunto risulta insufficientemente motivato attraverso il semplice richiamo ai due PVC in oggetto, in mancanza di alcuna disamina e valutazione del contenuto di tali documenti e della loro conducenza probatoria rispetto alla tesi accolta, disamina e valutazione tanto più necessarie a fronte delle contrarie allegazioni e argomentazioni difensive tese a evidenziare la sussistenza di indici di diverso segno, desumibili da quegli stessi documenti (avviso di accertamento e p.v.c. sul confronto dei valori di bilancio) e da altri non considerati dalla C.T.R. (cfr, documentazione relativa all’oggetto sociale e al rilascio di autorizzazioni amministrative e permesso a costruire su immobili di proprietà della contribuente, analiticamente illustrata, in ossequio al principio di autosufficienza, alle pagg. 18-21 ricorso).
2.1. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta che nella sentenza impugnata gli immobili di proprietà della ricorrente siano stati erroneamente inclusi tra le immobilizzazioni previste dal 1 comma, lett. b), dell’articolo 30 della legge 724/1994, con conseguente loro utilizzazione da parte dell’Ufficio ai fini dell’esecuzione dei test di operatività previsto dalla norma medesima, senza che l’Agenzia delle Entrate avesse fornito alcuna idonea prova al riguardo, trattandosi invece di immobili oggetto di attività edificatoria e come tali non suscettibili dì produrre reddito, e quindi esclusi dal test di operatività citato.
2.2. Sul punto si ritiene opportuno richiamare i principi sanciti dalla Corte di Giustizia secondo cui il diritto a detrazione rimane acquisito qualora, a causa di circostanze estranee alla sua volontà, il soggetto passivo non abbia mai fatto uso dei suddetti beni e servizi per realizzare imponibili (sentenza C-37/95 del 15/01/1998), atteso che osta ai principi in materia di armonizzazione delle imposte sulla cifra d’affari la perdita del diritto alla detrazione o il differimento dell’esercizio di tale diritto fino all’inizio effettivo dello svolgimento abituale delle operazioni imponibili (sentenza C-110/98 del 21/03/2000) infatti, anche le attività preparatorie devono già essere considerate attività economiche sentenza C-268/83 del 14/02/1985), al pari delle prime spese di investimento effettuate con la dichiarata intenzione dell’impresa di avviare un attività soggetta all’IVA (sentenza C-110/94 del 29/02/1996).
2.3. A maggior ragione ci vale in presenza delle peculiari situazioni a favore della parte contribuente, quali le immobilizzazioni in corso di realizzazione non suscettibili, al momento, di produrre un reddito, ancorché minimo, e la temporanea inagibilità dell’immobile, come confermato successivamente anche dal par. 4.5 della Circolare n. 5 del 2007 per l’esclusione dal test di operatività.
2.4. Si tratta appunto delle condizioni addotte dalla ricorrente con riguardo agli immobili della società, e positivamente riscontrate in loco dai funzionari dell’Agenzia nei verbale di constatazione dell’anno 2005 (con riguardo al fabbricato di via F.lli S.), prodotto dalla ricorrente in primo grado, e dimostrata, con riguardo ai due terreni siti in Rieti, fraz. Vazia, mediante produzione, da parte della ricorrente, nel giudizio innanzi alla CTR (cfr, per l’ammissibilità della produzione di nuovi documenti in appello ai sensi dell’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992, Cass. n. 27774/2017), della documentazione amministrativa attestante la richiesta ed il rilascio dell’autorizzazione a costruire in anni successivi al 2003 (oggetto dell’avviso di accertamento impugnato), menzionata ed illustrata analiticamente alle pagg. 28 e 29 dei ricorso.
2.5. La CTR, ha, quindi sostanzialmente tralasciato di considerare e ponderare tutti gli elementi prospettati dalla ricorrente, certamente dotati del carattere della decisività, volti a sostenere che la società non fosse operativa in guanto gli immobili di sua proprietà non erano oggetto di attività edificatoria e non erano allo stato suscettibili di produrre reddito, pertanto rimanendo esclusi dall’applicazione del test di operatività, senza verificare l’eventuale sussistenza di elementi di prova contraria da parte dell’Ufficio ex art. 2697 c.c.
2.6. La CTR, ha pertanto totalmente omesso di esaminare tali elementi di prova, trincerandosi sull’unico elemento, ritenuto fondante e decisivo, dell’iscrizione in bilancio di altri due immobili, siti in Rieti, oltre quello di via S., computando il valore dei quali «si otten(eva) … sempre un valore maggiore del reddito dichiarato di € zero>>,
2.7. L’errore di diritto e le carenze motivazionali della sentenza si presentano, dunque, palesi, con conseguente accoglimento del secondo motivo di ricorso,
3.1. E’ fondato anche il terzo motivo di ricorso laddove si censurano le affermazioni della CTR circa la violazione, da parte della contribuente, della compilazione degli studi di settore, sostenendo la ricorrente che non fosse tenuta a farlo, trovandosi nelle condizioni di esenzione di cui alla clausola di esclusione n. 2, riferita ai soggetti che sì trovano in «periodo di non normale svolgimento dell’attività>>
3.2. Occorre evidenziare che art. 10, comma 4, L.146/1998, come modificato dal comma 16 L. 296/2006, esclude l’accertamento del reddito societario, con riferimento agli studi di settore, solo in presenza di una situazione <<di non normale svolgimento dell’attività ».
3.3. Orbene, i giudici della C.T.R., relativamente alla questione preliminare inerente l’utilizzabilità, nella fattispecie concreta, degli studi di settore ed al presupposto individuato, sempre per escludere l’applicabilità degli studi di settore, dalla L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 4, nel testo vigente ratione temporis , costituito dalla situazione di <<non normale svolgimento dell’attività>>, in quanto costituita esclusivamente da attività di edificazione, che non produceva ricavi, ritualmente dedotta dalla ricorrente nei due gradi di giudizio e supportata dalla documentazione già richiamata con riguardo al precedente motivo di ricorso, hanno apoditticamente affermato che la società non aveva adempiuto all’obbligo di compilazione degli studi di settore il che «legittima(va) … la pretesa tributaria»,
3.3. Premesso che la valutazione di legittimità del ricorso da parte dell’Ufficio all’accertamento mediante gli, studi di settore non esaurisce il ruolo del giudice tributario, che può e quindi deve – liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente, nella specie tale valutazione non vi è stata da parte della CTR, come dimostra la motivazione sostanzialmente apparente della sentenza: la Commissione non chiarisce perché le giustificazioni del contribuente in sede di contraddittorio e in giudizio non fossero in alcun modo convincenti a giustificare la mancata applicazione degli studi di settore, mancando quindi, una valutazione di merito effettiva da parte della CTR sul punto.
4.1. Ricorrono, altresì, con riguardo al quarto motivo di ricorso, i presupposti del vizio di omessa pronuncia della CTR, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., con riguardo alla «domanda subordinata della società ricorrente di dichiarazione di inapplicabilità delle sanzioni irrogate».
4.2. La sentenza della CTR non ha infatti preso in considerazione tale richiesta dell’appellante contribuente, sulla quale si riscontra, pertanto, una omessa pronuncia.
5. All’accoglimento del ricorso principale consegue, con evidenza, l’assorbimento del ricorso incidentale, laddove si censura l’annullamento, da parte della CTR, dei rilievi nn. 2 e 3 dell’avviso di accertamento, inerenti l’omessa contabilizzazione di ricavi («presunzione conseguente al pagamento di fatture con fondi non contabilizzati, ovvero con disponibilità derivante da ricavi non contabilizzati»; «presunzione conseguente al pagamento di fatture non contabilizzate per contanti anziché con assegni, ovvero con disponibilità derivante da ricavi non contabilizzati>>).
6. Sulla baie di tutte le considerazioni che precedono il ricorso principale va accolto nei limiti indicati in motivazione, sicché la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, che provvederà ad applicare i superiori principi ed anche alla regolamentazione delle spese dei presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale nei limiti indicati in motivazione, assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, che provvederà a regolare anche le spese del giudizio di legittimità.
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