CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 giugno 2021, n. 18337
Tributi – IVA – Società costituita per l’esecuzione di un contratto pubblico di appalto – Credito – Rimborso – Diniego in applicazione della disciplina delle società di comodo – Illegittimità
Fatti di causa
1. L’Agenzia delle Entrate («A.E.») ricorre, con un motivo, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di rigetto dell’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza n. 02/02/2012 emessa dalla CTP di Ancona che accolse il ricorso di O.S. s.p.a. (attuale O.S. s.r.l. in liquidazione) avverso il diniego di rimborso IVA, motivato in applicazione della disciplina inerente le «società di comodo» di cui all’art. 30 della L. n. 724 del 1994.
2. Circa i fatti di causa, per quanto ancora rileva in questa sede, dalla sentenza impugnata e dagli atti di parte emerge che l’USL di Ancona nel 2003 deliberò la realizzazione del «nuovo Presidio Ospedaliero Intercomprensoriale di rete in località S. Sabino di Osimo» mediante procedura di «project financing».
Aggiudicatasi la gara, il Consorzio Ospedaliero di Osimo, all’uopo costituito nel 2003, costituì la società di progetto (O.S. s.p.a.) in forma di società per azioni, in forza dell’art. 37 quinquies della I. 11 febbraio 1994, n. 109 («la nuova legge quadro in materia di lavori pubblici»), che, subentrata al Consorzio aggiudicatario, stipulò nel 2005 il relativo contratto di concessione (con l’ASUR della Regione Marche).
In esecuzione del detto contratto la società subentrante ultimò la progettazione definitiva ed esecutiva dell’opera pubblica (così maturando un credito d’IVA) che però non fu portata a termine in ragione di un provvedimento di autoannullamento emesso dall’Amministrazione nel 2008 (a sua volta annullato dal TAR).
2.1. Ne conseguì, da parte della società di progetto O.S. s.p.a., la richiesta di rimborso IVA (per euro 269.659,00) che, però, fu rigettata dall’A.E., la quale considerò la contribuente «società di comodo» (ex art. 30 della l. n. 724 del 1994), con provvedimento oggetto di impugnazione accolta dalla CTP con statuizione confermata dalla CTR (con la sentenza oggetto di attuale impugnazione).
3. La Commissione regionale, in particolare, ritenne sussistente la «causa di esclusione contemplata» dall’art. 30, comma 1, n. 1, della l. n. 724 del 1994, ai sensi del quale «la normativa volta a regolare le società non operative non si applica “ai soggetti ai quali, per la particolare attività svolta, è fatto obbligo di costituirsi sotto forma di società di capitali”». Tale era, per il Giudice d’appello, la società di progetto in quanto costituita, dal consorzio aggiudicatario, obbligatoriamente sotto forma di società di capitali, ex art. 37 quinquies della I. 11 febbraio 1994, n. 109 (poi trasfuso nell’art. 156 del d.lgs. n. 163 del 2006, c.d. «codice dei contratti pubblici»).
4. Come detto, avverso la sentenza d’appello l’A.E. ricorre, con motivo unico, e la contribuente si difende con controricorso sostenuto da memorie.
Ragioni della decisione
1. Il ricorso non merita accoglimento.
2. Con motivo unico, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 30, comma 1, n. 1, della l. n. 724 del 1994, per aver la CTR ritenuto esso operante nella specie.
La fattispecie concreta, a detta della ricorrente, non sarebbe invece caratterizzata dalla sussistenza di un obbligo, ex lege, di costituzione sotto forma di società per azioni in ragione del fatto che l’art. 37 quinquies della l. 11 febbraio 1994, n. 109 (poi trasfuso nell’art. 156 del d.lgs. n. 163 del 2006, c.d. «codice dei contratti pubblici») dispone che il bando di gara per l’affidamento della concessione debba prevedere la «facoltà», per l’aggiudicatario, di costituire una società di progetto in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile.
Alle medesime conclusioni si dovrebbe pervenire, sempre a detta dell’A.E., per il caso in cui la costituzione della società di progetto dovesse essere prevista come obbligatoria dal bando. Si sostiene che, diversamente opinando si finirebbe per considerare rilevante, ai fini dell’esclusione dell’applicabilità della disciplina delle società di comodo, un obbligo di costituzione in forma di società per azioni o a responsabilità limitata non derivante dalla legge bensì di natura contrattuale (emergente dal bando di gara).
Non rientrando la fattispecie nelle ipotesi di esclusione dell’applicabilità della disciplina delle c.d. «società di comodo», di conseguenza, sempre per l’A.E., avrebbe dovuto operare, al fine dell’eventuale disapplicazione della stessa disciplina nel caso concreto, l’istituto del c.d. «interpello disapplicativo» (di cui al medesimo art. 30 della l. n. 724 del 1994), invece nella specie non attivato.
Per converso, la controricorrente, nel sostenere la tesi opposta a quella di cui innanzi, fa perno sulla particolare procedura del «project financing», sulla tipologia dell’attività delle società di progetto di cui all’art. 37 quinquies della l. n. 109 del 1994 e sulla relativa espressa previsione normativa della forma di società per azioni o a responsabilità limitata (anche consortile).
3. Il motivo è infondato.
3.1. La questione giuridica posta (per la prima volta) all’attenzione dei questa Corte inerisce i rapporti tra la disciplina (antielusiva) delle c.d. «società di comodo», di cui all’art. 30 della l. n. 724 del 1994, e la particolare procedura del «project financing», di cui all’art. 37 quinquies della l. n. 109 del 1994 («la nuova legge quadro in materia di lavori pubblici»), applicabile ratione temporis alla fattispecie.
Si tratta di disciplina sostanzialmente trasfusa nell’art. 156 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 («Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE», c.d. «Codice dei contratti pubblici»), a sua volta abrogato dall’art. 217 del d.lgs. n. 50 del 2016 («Codice dei contratti pubblici») e sostanzialmente trasfuso nell’attuale art. 184 del medesimo d.lgs. n. 50 del 2016.
Ci si chiede in particolare se l’esclusione dell’applicabilità delle disposizioni antielusive inerenti le «società di comodo», prevista dall’art. 30, comma 1, n. 1, della l. n. 724 del 1994, in tutte le sue varie formulazioni, laddove sancisce che le stesse «non si applicano … ai soggetti ai quali, per la particolare attività svolta, è fatto obbligo di costituirsi sotto forma di società di capitali», operi anche con riferimento alle «società di progetto» di cui all’art. 37-quinquies della l. n. 109 del 1994, 109, ratione temporis applicabile (come detto, sostanzialmente trasfuso nei decreti innanzi citatati).
Alla questione di cui innanzi deve darsi risposta positiva all’esito della disamina, ancorché limitata a quanto rileva in questa sede, dell’istituto antielusivo in rilievo, della procedura del «project financing» (come mutuata dai Paesi di common law e positivizzata nel nostro ordinamento giuridico) e dei loro rapporti.
3.2. La disciplina prevista dall’art. 30, comma 1, n. 1, della l. n. 724 del 1994, e successive modifiche, intende disincentivare il fenomeno dell’uso improprio dello strumento societario quale involucro per raggiungere scopi, anche di risparmio fiscale, diversi – tra i quali l’amministrazione dei patrimoni personali dei soci – da quelli previsti dal legislatore per lo strumento societario (cosiddette società «non operative» o «senza impresa» o «di mero godimento», dunque «di comodo»).
Il meccanismo deterrente consiste nel fissare un livello minimo di ricavi e proventi correlato al valore di determinati beni patrimoniali, il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società (nel senso innanzi indicato), con conseguente presunzione di un reddito minimo, stabilito in base a coefficienti medi di redditività dei detti elementi patrimoniali di bilancio (ex plurimis, Cass. sez. 5, 24/02/2020, n. 4850, in motivazione; Cass. sez. Cass. sez. 5, 21/10/2015, n. 21358, Rv. 636908-01; per la funzione antielusiva della disciplina in esame oltre che per la ricostruzione della stessa all’esito delle varie modifiche normative, Cass. sez. 5, 01/02/2019, n. 3063, in motivazione).
La normativa si limita quindi a stabilire una semplice presunzione superabile con la prova contraria, spettando al contribuente dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive e specifiche, indipendenti dalla sua volontà, che hanno reso impossibile il raggiungimento della soglia di operatività e del reddito minimo presunto. Il fallimento del cd. «test di operatività» istituisce, quindi, una presunzione legale iuris tantum di inoperatività che è onere della parte contribuente vincere mediante prova contraria esplicativa dell’anomalia reddituale (ex plurimis: Cass. sez. 5, 01/02/2019, n. 3063, in motivazione; Cass. sez. 5, 24/02/2020, n. 4850, in motivazione; Cass. sez. 5, 30/12/2019, n. 34642, Rv. 656422-01; Cass. sez. 5, 18/04/2018, n. 9461, Rv. 647825-01; Cass. sez. 5, 10/03/2017, n. 6195, Rv. 643461-02).
Il citato art. 30 prevede altresì, oltre all’istituto del c.d. «interpello disapplicativo», strumento con il quale il contribuente chiede, a date condizioni, all’A.E. di disapplicare la disciplina in esame, ipotesi di vera e propria esclusione dell’applicabilità delle disposizioni antielusive inerenti le «società di comodo».
3.2.1. In particolare, limitando i riferimenti a quanto in maniera specifica rileva in questa sede, l’art. 30, comma 1, n. 1, della l. n. 724 del 1994, in tutte le sua varie formulazioni, prevede che le disposizioni in esame «non si applicano … ai soggetti ai quali, per la particolare attività svolta, è fatto obbligo di costituirsi sotto forma di società di capitali». L’obbligatorietà della forma di società di capitali, prevista per la particolare attività svolta, esclude dunque l’operatività della disciplina antielusiva in oggetto, senza necessità di (ed a prescindere dall’) «interpello disapplicativo» e dalla conseguente (eventuale) disapplicazione da parte dell’A.E.
3.3. Il fenomeno della finanza di progetto è un istituto di origine anglosassone che ha trovato inizialmente la propria applicazione in Paesi di common law, ove l’ordinamento giuridico presenta caratteristiche di flessibilità non comuni alle basi strutturali di quello italiano.
La caratteristica qualificante tale istituto consiste essenzialmente nella copertura finanziaria di importanti investimenti sulla base di un progetto in quanto tale, prendendo in considerazione la sua validità, la sua corretta gestione e quindi la sua capacità di produrre reddito per un determinato periodo di tempo.
A differenza del tradizionale finanziamento all’imprenditore, basato sull’equilibrio finanziario ed economico del soggetto, il «project financing» si basa, pertanto, sulle prospettive reddituali e sui flussi di cassa attesi da una specifica iniziativa. Esso si applica, quindi, con particolare riferimento ai progetti infrastrutturali nel settore delle opere pubbliche, a quelle iniziative che risultano essere in grado di generare un cash flow di gestione e un adeguato profitto in termini di capacità di soddisfare un bisogno reale diffuso. Ne consegue che il «project financing» non è generalmente uno strumento adatto a tutte le iniziative che richiedono elevati investimenti ma solo a quelle dotate di un rapporto tale da rendere l’iniziativa affidabile, prescindendo dalle garanzie e dall’equilibrio economico-finanziario dei suoi promotori.
L’iniziativa viene, pertanto, valutata esclusivamente o prevalentemente sulla base dei profitti che può generare.
Altro elemento peculiare della finanza di progetto è la presenza di una singolare strutturazione dei rapporti giuridici ed economici che si instaurano tra i molteplici operatori pubblici e privati che vi partecipano. Si tratta cioè di un fenomeno contrattuale, inteso come mezzo per gestire e ripartire il rischio connesso al progetto fra i soggetti coinvolti nell’iniziativa.
Sempre in termini generali (per come diffuso nei Paesi di common law), l’istituto in questione necessita di una lettura non in chiave atomistica, cioè come sommatoria dei singoli rapporti contrattuali che lo compongono, ma, al contrario, quale risultato del collegamento negoziale fra molteplici rapporti giuridici in cui gli interessi, gli obblighi e le responsabilità rendono difficile qualificare come «terzo» uno dei soggetti partecipanti all’iniziativa rispetto alle prestazioni rese dagli altri soggetti coinvolti.
Sicché, le operazioni realizzate con lo strumento del «project financing» si distinguono per una estrema contrattualizzazione dei rapporti giuridici sottostanti e per il quasi totale isolamento del progetto («ring fence») da ogni relazione esterna. Strettamente connessa ad una tale logica strutturale e contrattuale è la presenza pervasiva dei soggetti finanziatori che entrano nella vita del progetto sin dalla sua fase iniziale e ne determinano termini e condizioni di operatività.
3.4. Premessa l’analisi suesposta, necessariamente sintetica, circa i principali meccanismi che caratterizzano le operazioni in «project financing» a livello internazionale, occorre ora evidenziare che tale istituto è stato disciplinato dal Legislatore italiano, ancorché non con riferimento a tutti gli aspetti, con la legge n. 109 del 1994 (e successive modificazioni), normativa che, come già evidenziato, è stata poi oggetto di altri specifici interventi normativi (tra cui il d.lgs. n. 163 del 2006 ed il successivo d.lgs. n. 50 del 2016).
3.4.1. Ai fini della risoluzione delle specifica questione di diritto prospettata con il motivo di ricorso, rileva in particolare la disciplina delle «società di progetto» di cui all’art. 37-quinquies della citata l. n. 109 del 1994, ratione temporis applicabile alla fattispecie (come detto, sostanzialmente trasfuso nell’art. 156 del d.lgs. n. 163 del 2006 e, da ultimo, nell’articolo 184 del d.lgs. n. 50 del 2016).
Tale articolo (rubricato sotto il titolo: «società di progetto») dispone, al comma 1, che il bando di gara per l’affidamento di una concessione per la realizzazione e/o gestione di una infrastruttura o di un nuovo servizio di pubblica utilità deve prevedere per l’aggiudicatario la facoltà o l’obbligo, dopo l’aggiudicazione, di costituire una società di progetto in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile, il cui capitale sociale minimo deve essere indicato dallo stesso bando di gara. In caso di concorrente costituito da più soggetti, nell’offerta deve essere altresì indicata la quota di partecipazione al capitale sociale di ciascun soggetto. La società così costituita, cioè la società di progetto, diventa la concessionaria subentrando nel rapporto di concessione all’aggiudicatario senza necessità di approvazione o autorizzazione, e tale subentro non costituisce cessione di contratto.
I lavori da eseguire e i servizi da prestare da parte delle dette società (in forza del successivo comma 1-bis, introdotto nel 1999) si intendono realizzati e prestati in proprio anche nel caso siano affidati direttamente dalle suddette società ai propri soci, sempre che essi siano in possesso dei requisiti stabiliti dalle vigenti norme legislative e regolamentari, restando comunque ferme le disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali che prevedano obblighi di affidamento dei lavori o dei servizi a soggetti terzi.
Ai sensi del comma 1-ter (introdotto nel 2002), per effetto del subentro di cui innanzi, che non costituisce cessione del contratto, la società di progetto diventa la concessionaria a titolo originario e sostituisce l’aggiudicatario in tutti i rapporti con l’Amministrazione concedente. Nel caso di versamento di un prezzo in corso d’opera da parte della P.A., i soci della società restano solidalmente responsabili con la società di progetto nei confronti dell’Amministrazione per l’eventuale rimborso del contributo percepito. In alternativa, la società di progetto può fornire alla P.A. garanzie bancarie ed assicurative per la restituzione delle somme versate a titolo di prezzo in corso d’opera, liberando in tal modo i soci (garanzie che cessano alla data di emissione del certificato di collaudo dell’opera). Il contratto di concessione stabilisce altresì le modalità per la eventuale cessione delle quote della società di progetto, fermo restando che i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione, sono tenuti a partecipare alla società ed a garantire, nei limiti di cui sopra, il buon adempimento degli obblighi del concessionario sino alla data di emissione del certificato di collaudo dell’opera. L’ingresso nel capitale sociale della società di progetto e lo smobilizzo delle partecipazioni da parte di banche ed altri investitori istituzionali che non abbiano concorso a formare i requisiti per la qualificazione possono tuttavia avvenire in qualsiasi momento.
3.5. Dalla detta disciplina emerge quindi che, proprio per la particolare attività svolta, «project financing» con riferimento ad «affidamento di una concessione per la realizzazione e/o gestione di una infrastruttura o di un nuovo servizio di pubblica utilità», le società di progetto devono essere costituite in forma di società per azioni o a responsabilità limitata (anche consortile), per espressa disposizione di legge.
Sicché, a chi intenda avvalersi della facoltà (prevista dal bando di gara) di costituite una società di progetto o a chi sia (sempre dal bando) «obbligato» alla detta costituzione, è fatto obbligo, per legge, e proprio in virtù della particolare attività svolta, di costituire la detta società in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile.
Ne consegue che tali società di progetto sono escluse dall’operatività della disciplina della «società di comodo», ex art. 30, comma 1, n. 1, della l. n. 724 del 1994, in tutte le sue varie formulazioni susseguitesi nel tempo, in quanto «… soggetti ai quali, per la particolare attività svolta, è fatto obbligo di costituirsi sotto forma di società di capitali».
Differentemente da quanto sostenuto dall’A.E. ricorrente, dunque, non si tratterebbe di un obbligo (quello della forma di società di capitali) previsto contrattualmente (ovvero dalla lex specialis costituita dallo specifico bando di gara) bensì di un obbligo ex lege, non dovendosi confondere la facoltà della costituzione della società di progetto (eventualmente prevista dal bando in alternativa all’obbligatorietà della detta costituzione) con l’obbligo di costituirla in forma di società per azioni o a responsabilità limitata (anche consortile).
3.6. Questa lettura dei rapporti tra le due discipline è altresì confermata dalle relative (suesposte) rispettive finalità dei due istituti oltre che coerente la ratio sottesa e collegata alla perfetta autonomia patrimoniale delle società di capitali in relazione alla rilevanza pubblica dell’affidamento ed alla sua esecuzione mediante «project financing» e con il connesso effetto di ring fence (ossia la separazione giuridica ed economica tra l’attività da finanziare e la generalità delle attività del promotore dell’iniziativa).
Come emerge dalla normativa più volte innanzi citata, difatti, la società di progetto è la società che l’aggiudicatario può o deve costituire (a seconda delle previsioni del bando), senza che vi sia necessità che intervenga l’approvazione dell’Amministrazione che ha aggiudicato la gara.
La sua caratteristica, come chiarito anche da Cons. st., 26 ottobre 2016, n. 4469 (in ordine all’art. 156 del d.lgs. n. 163 del 2003), è quella di introdursi nella fase post aggiudicazione per realizzare le opere effettuando tutti gli adempimenti a tal fine necessari. Il suo scopo è quello di evitare che le eventuali conseguenze pregiudizievoli connesse a tale sua attività soprattutto se di natura patrimoniale, possano riflettersi sulla stessa società aggiudicataria di cui è emanazione. Non essendovi cessione di contratto, la società di progetto, peraltro, non fa in alcun modo venir meno le garanzie patrimoniali e di capacità tecnica che l’aggiudicataria è tenuta a mantenere intatte per tutta la durata dei lavori (garanzie che, del resto, sono assicurate dal fatto stesso che sono soci della società di progetto le stesse società che si sono aggiudicate la gara, come chiarisce Cons. st. n. 4469 del 2016, cit.).
La società così costituita, cioè la società di progetto, diventa quindi la concessionaria subentrando nel rapporto di concessione all’aggiudicatario (senza necessità di approvazione o autorizzazione e senza che tale subentro costituisca cessione di contratto). Per effetto del subentro la società di progetto diventa la concessionaria a titolo originario e sostituisce l’aggiudicatario in tutti i rapporti con l’Amministrazione concedente.
Le dette finalità della società di progetto richiedono dunque la sostituzione dell’aggiudicatario con il nuovo soggetto giuridico a cui devono necessariamente essere corrisposti i flussi di cassa derivanti dalla gestione dell’opera, affinché sia efficacemente prodotto l’effetto di ring fence, ossia la separazione giuridica ed economica tra l’attività da finanziare e la generalità delle attività del promotore dell’iniziativa (in tal senso anche Parere ANAC – rif. 46/13 – reso all’adunanza del 26 febbraio 2014).
4. In conclusione, il ricorso è rigettato, con compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità in ragione della assoluta novità della questione, in applicazione del seguente principio di diritto, formulato ex art. 384 c.p.c.
«Le società di progetto, di cui all’art. 37-quinquies della I. 109 del 1994, applicabile ratione temporis (sostanzialmente trasfuso prima nell’art. 156 del d.lgs. n. 163 del 2006 e successivamente nell’art. 184 del d.lgs. n. 50 del 2016), sono escluse dall’applicabilità della disciplina delle c. d. «società non operative» (o «senza impresa» o «di mero godimento», dunque «di comodo»), ai sensi dall’art. 30, comma 1, n. 1, della l. n. 724 del 1994 (nelle sue varie formulazioni), perché soggetti ai quali, per la particolare attività di «project financing» svolta con riferimento ad affidamento di una concessione per la realizzazione e/o gestione di una infrastruttura o di un nuovo servizio di pubblica utilità, è fatto obbligo ex lege (dalle citate disposizioni normative susseguitesi nel tempo) di costituirsi sotto forma di società di capitali, in particolare sotto forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile, e, dunque, a prescindere dalla circostanza che il bando di gara preveda il ricorso alle dette società come facoltativo ovvero come obbligatorio».
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, con compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.