CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 luglio 2021, n. 20807

Tributi – Disciplina delle società di comodo – Applicabilità – Società agricole

Rilevato che

1. La Commissione tributaria regionale del Veneto accoglieva l’appello proposto dalla G. società agricola a responsabilità limitata avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Venezia (n. 101/5/13), che aveva respinto il ricorso presentato dalla contribuente contro l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti dalla Agenzia delle entrate per l’anno 2006, con rideterminazione del reddito nella misura di euro 104.036,00, non avendo la società ha superato il test di operatività di cui all’art. 30 della legge n. 724 del 1994. Il giudice d’appello rilevava, con riferimento alle annualità successive a quella in oggetto (2006), quindi dal 2007 in poi, che il direttore dell’Agenzia delle entrate, con provvedimento del 14 febbraio 2008, aveva inserito le società agricole tra le ipotesi di disapplicazione automatica della disciplina in materia di società di comodo. Già in precedenza, l’Agenzia delle entrate, con circolare n. 25/E de 4 maggio 2007, si era espressa in tal modo, ribadendo tale posizione, anche con la risoluzione n. 331/E del 16 novembre 2007.

Con riferimento specifico all’annualità 2006, l’Agenzia delle entrate aveva motivato il proprio avviso di accertamento sul fatto che l’Agenzia regionale del Veneto aveva rigettato l’istanza di disapplicazione, ai sensi dell’art. 37, ottavo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, aggiungendo che la società agricola, che aveva acquistato 45 ha di terreni agricoli con sovrastanti fabbricati rurali, era partecipata da altra società. Tale circostanza, però, non assumeva alcuna rilevanza ai fini del procedimento, stante l’autonomia giuridica di ogni compagine sociale. In realtà, la G. società agricola svolgeva effettivamente tali attività, con la qualifica di imprenditore agricolo professionale, essendo in possesso di tutti i requisiti di cui all’art. 1 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, come risultava dal certificato della regione Veneto, servizio ispettorato regionale per l’agricoltura di Venezia, tanto che aveva chiesto i contributi europei per la “calmierizzazione”dei prezzi dei prodotti agricoli.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

3. Resiste con controricorso la società contribuente.

Considerato che

1. Con un unico motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce la “violazione e falsa applicazione dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994 (nella versione applicabile ratione temporis), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.”. Invero, per il giudice d’appello alla società contribuente non era applicabile la disciplina sulle società di comodo in ragione del fatto che si trattava di una società agricola. La Commissione regionale utilizza, però, alcuni documenti di prassi dell’Agenzia delle entrate, che sono tutti successivi all’annualità in contestazione (2006), in base ai quali tali società sono state inserite tra le ipotesi per le quali è prevista la disapplicazione automatica della disciplina in materia di società di comodo. In realtà, l’art. 30 della legge 724 del 1994, nella versione vigente nel 2006, non include tra le ipotesi di esclusione le società agricole. L’unica possibilità concessa alle società agricole era quella di presentare un interpello disapplicativo per dimostrare la presenza di oggettive situazioni che avevano reso impossibile il conseguimento dei ricavi ed il superamento del test di operatività, ai sensi del comma 4-bis dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994. Pertanto, nell’anno 2006 le società agricole non erano affatto escluse automaticamente dall’applicazione della disciplina sulle società di comodo. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 14 febbraio 2008 non si è in alcun modo provveduto alla disciplina delle società agricole, non rientrando le stesse tra le ipotesi di disapplicazione automatica. Né l’esclusione dalla disciplina delle società di comodo era contenuta nella circolare n. 25/E del 4 maggio 2007. La risoluzione n. 331/E del 16 novembre 2007, pure citata dal giudice d’appello, si riferiva invece al reddito imputato ad una holding. Solo con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate dell’11 giugno 2012, è stato previsto che le società agricole fossero ricomprese tra le ipotesi di disapplicazione automatica, ma solo a partire da 2012.

1.1. Il motivo è fondato.

Va premesso che è pacifico che la società contribuente è stata costituita nel 2005 dalla C.O. s.p.a, allo scopo di acquisire un fondo rustico con insistenti fabbricati ed un’azienda agricola. Tale operazione è stata realizzata nell’ottobre 2005, quando la società ha acquistato dai signori P.S. terreni agricoli con sovrastanti fabbricati rurali ed abitativi siti nel comune di Cona, per un’estensione complessiva di oltre 45 ha al prezzo di euro 2.190.000,00, per un investimento complessivo di euro 2.239.707,00, oltre alla società semplice denominata “S.P.E.E.”. L’Agenzia delle entrate ha espresso parere contrario all’istanza di disapplicazione della disciplina delle società di comodo presentata dalla società contribuente, in assenza di incidenza di fattori naturali.

1.2. Quanto alla complessa disciplina normativa che fa da cornice all’intera vicenda fattuale, si rileva che, ai sensi dell’art. 35, comma 15, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248, applicabile al caso in esame, si è previsto l’inserimento all’interno dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994, del comma 4-bis.

L’art. 30, comma 4 bis, della legge n. 724 del 1994, prevede quindi che “in presenza di oggettive situazioni di carattere straordinario che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del presente articolo, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto di cui al comma 4, la società interessata può richiedere la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive ai sensi dell’art. 37-bis, comma 8, del decreto del presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600″.

Al comma 16 dell’art. 35 del decreto-legge n. 223 del 2006 si prevede, poi, che “le disposizioni del comma 15 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

1.3. L’art. 1, comma 128, della legge n. 244 del 2007 ha, poi, inserito all’interno dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994 il comma 4-ter, in base al quale “con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate possono essere individuate determinate situazioni oggettive, in presenza delle quali è consentito disapplicare le disposizioni del presente articolo, senza dover assolvere all’onere di presentare l’istanza di interpello di cui al comma 4-bis” (disapplicazione automatica).

1.4. Il direttore dell’Agenzia delle entrate con provvedimento del 14 febbraio 2008 n. 23681 ha individuato le ipotesi di disapplicazione automatica inserendovi:a) società in stato di liquidazione, cui non risulti applicabile la disciplina dello scioglimento o trasformazione agevolata di cui al comma 129 dell’art. 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che con impegno assunto in dichiarazione dei redditi richiedono la cancellazione dal registro delle imprese a norma degli articoli 2312 e 2495 del codice civile entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi successiva; b) società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria e di liquidazione coatta amministrativa; società in concordato preventivo e in amministrazione straordinaria; c) società sottoposte a sequestro penale o a confisca nelle fattispecie di cui agli articoli 2-sexies e 2-nonies della legge 31 maggio 1965 n. 575; d) società che dispongono di immobilizzazioni costituite da immobili concessi in locazione ad enti pubbliche) società che detengono partecipazioni in : 1) società considerate non di comodo ai sensi dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994; 2) società escluse dall’applicazione della disciplina di cui al citato articolo 30 anche in conseguenza di accoglimento dell’istanza di disapplicazione;3) società collegate residenti all’estero cui si applica il regime dell’art. 168 del Tuir, f) società che hanno ottenuto l’accoglimento dell’istanza di disapplicazione in relazione ad un precedente periodo d’imposta.

Tali situazioni consentono la disapplicazione della disciplina sulle società di comodo, senza necessità di interpello, “a partire dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007”.

Inoltre, nel provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 2008 si prevede anche che “costituiscono, inoltre, situazioni oggettive che consentono la disapplicazione della disciplina sulle società di comodo per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007, senza necessità di presentare istanza interpello, anche le nuove fattispecie di esclusione individuate dall’art. 1, comma 128 lettere B e C della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008)”.

Pertanto, per l’anno 2007, altre ipotesi di esclusione automatica dalla disciplina delle società di comodo sono rinvenute nelle seguenti: “6-bis: alle società che nei 2 esercizi precedenti hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle 10 unità; 6-ter: alle società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria, di liquidazione coatta amministrativa ed in concordato preventivo; 6-quater: alle società che presentano un ammontare complessivo del valore della produzione (raggruppamento a del conto economico) superiore al totale attivo dello stato patrimoniale; 6-quinquies: alle società partecipate da enti pubblici almeno nella misura del 20% del capitale sociale; 6-sexies: alle società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore”.

Si precisa, nel provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate 2008/23681 che “le nuove cause di esclusione individuate dalla legge finanziaria per il 2008 [comma 128 lettere b e c], accomunate, quanto agli aspetti procedurali, a quelle individuate con il presente provvedimento, costituiscono situazioni oggettive al ricorrere delle quali le società non operative possono disapplicare la relativa disciplina per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2007, senza necessità di presentare istanza di interpello”.

1.5. Con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate n. 2012/87956 sono state inserite tra le ipotesi di esclusione automatica della disciplina delle società di comodo, anche le società agricole (lettera i “le società che esercitano esclusivamente attività agricola ai sensi dell’art. 2135 del codice civile e rispettano le condizioni previste dall’art. 2 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99”). Si prevede, poi, nel provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 2012 che “le situazioni oggettive indicate al paragrafo 3 e la sostituzione prevista dal paragrafo 4 hanno efficacia a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di adozione del presente provvedimento”.

1.6. La questione dirimente, dunque, è quella di accertare se l’ipotesi di esclusione prevista dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate nel 2012 possa estendere la sua applicazione anche ad anni antecedenti, e segnatamente all’anno di imposta 2006.

1.7. L’art. 2135 c.c. (imprenditore agricolo) prevede, dopo la modifica di cui all’art. 1, primo comma, d.lgs. 18 maggio 2001, n. 228, che “E’ imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”. Al secondo comma dell’art. 2135 c.c. si stabilisce che “per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per l’allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”.

Il terzo comma dell’art. 2135 c.c. si riferisce alle attività “connesse” esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata.

1.8. L’art. 1 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 ha, poi, dato la definizione di imprenditore agricolo professionale.

Pertanto, “ai fini dell’applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell’art. 5 del regolamento CE n. 1257/1999 del consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui all’art. 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il 50% del proprio reddito globale di lavoro.

L’art. 1, terzo comma, dispone che “le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’art. 2135 del codice civile e siano in possesso dei seguenti requisiti: a) nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per le società in accomandita la qualifica si riferisce ai soci accomandatari;c) nel caso di società di capitali o cooperative, quando almeno un amministratore che sia anche socio per le società cooperative, sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale”.

L’art. 2 del d.lgs. n. 99 del 2004 prevede, poi, al primo comma che “la ragione sociale o la denominazione sociale delle società che hanno quale oggetto sociale esercizio esclusivo delle attività di cui all’art. 2135 del codice civile deve contenere l’indicazione di società agricola”. Al secondo comma si dispone che “le società costituite alla data di entrata in vigore del presente decreto, che abbiano i requisiti di cui al presente articolo devono inserire nella ragione sociale o nella denominazione sociale l’indicazione di “società agricola” ed adeguare lo statuto, ove redatto”.

La norma, quindi, ha l’obiettivo di incentivare gli imprenditori del settore agricolo alla costituzione di società, pur se è indispensabile l’esercizio “esclusivo” delle attività agricole di cui all’articolo 2135 c.c e nel consiglio di amministrazione vi è un vincolo di presenza di almeno un soggetto in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP). Proprio tale normativa ha, dunque, indotto la società C.O. S.p.A. a costituire una specifica società nel maggio 2005, in quanto l’acquisizione diretta dell’azienda agricola non avrebbe consentito il soddisfacimento del requisito oggettivo, costituito dall’oggetto sociale esclusivamente circoscritto ad attività ai sensi dell’articolo 2135 c.c.

1.9. L’art. 36, comma 8, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, ha stabilito che non costituisce distrazione dall’esercizio esclusivo dell’attività agricola la locazione, il comodato o l’affitto di fabbricati ad uso abitativo e ad uso strumentale rispetto alle attività agricole e di terreni, qualora i ricavi conseguiti con l’attività di locazione non superino il 10% di quelli complessivi.

2. L’art. 1, comma 1093, della legge n. 296 del 2006, prevede che “le società di persone, le società a responsabilità limitata e le società cooperative, che rivestono la qualifica di società agricola ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, come da ultimo modificato dal comma 1096 del presente articolo, possono optare per l’imposizione dei redditi ai sensi dell’art. 32 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni”.

Si prevede, al comma 1094, anche che “si considerano imprenditori agricoli le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dei soci. In tali ipotesi, le società possono optare per la determinazione del reddito applicando all’ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 25%“.

La società contribuente ha aderito, solo a partire dall’anno 2007, all’opzione per la tassazione in base al reddito catastale prevista dall’articolo 32 del d.p.r. numero 917 del 1986, introdotta dal comma 1093 dell’articolo 1 della legge numero 297 del 2006, attuata con il decreto 27 settembre 2007, numero 213, con applicazione, in base all’articolo 6, del decreto ministeriale, il quale prevede che “le società di persone, le società a responsabilità limitata e le società cooperative che posseggono i requisiti sostanziali di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, numero 99 sin dall’inizio del periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto possono optare per il regime impositivo di cui all’articolo 1 a partire dal medesimo periodo d’imposta, se inseriscono nella ragione sociale o nella denominazione sociale l’indicazione di “società agricola” ed adeguano lo statuto entro il primo periodo di imposta per il quale è esercitata l’opzione”.

Nel 2006, invece, la società ha preferito quantificare il proprio reddito “reale”, senza l’opzione per la rendita catastale.

2.1. Con la circolare n. 50/E del 1 ottobre 2010 l’Agenzia delle entrate ha commentato la disciplina dell’opzione per la determinazione del reddito su base catastale. L’obiettivo dell’art. 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è, dunque, quello di incentivare il passaggio alla forma societaria degli imprenditori agricoli individuali, con il mantenimento in capo alle società che rivestono la qualifica di “società agricole” di un particolare sistema di determinazione del reddito, che costituisce un regime naturale di tassazione solo per le persone fisiche, società semplici ed enti non commerciali.

Pertanto le società di persone, le società a responsabilità limitata e le società cooperative possono qualificarsi come “società agricole” se: a) l’oggetto sociale prevede l’esercizio “esclusivo” delle attività di cui all’art. 2135 del codice civile; b) la ragione sociale o denominazione sociale contiene l’indicazione “società agricola”.

Il regime di esercizio dell’opzione è disciplinato dall’art. 2 del decreto del 27 settembre 2007, n. 213 del Ministero dell’economia e delle finanze. Si prevede, quindi, che “ai fini delle modalità di esercizio dell’opzione di cui all’articolo 1 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni recate dal decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442”. Di notevole rilievo è il contenuto dell’art. 3, primo comma, del decreto 442/1997, ove si chiarisce che “il reddito dei soggetti di cui all’articolo 1 determinato ai sensi dell’art. 32 del testo unico delle imposte sui redditi è considerato reddito di impresa”. Pertanto, per effetto dell’opzione il reddito imponibile delle società agricole, pure se determinato applicando i criteri catastali, non muta la categoria di appartenenza, in quanto è considerato “reddito di impresa”. Inoltre, le società che svolgono attività agricole oltre i limiti fissati dall’art. 32 del Tuir determinano la base imponibile analiticamente ai sensi dell’art. 56 e seguenti del testo unico (art. 2, comma 2, del decreto 442/1997).

2.2. Nella circolare richiamata (n. 50/E del 1 ottobre 2010), si prevede il rapporto tra l’opzione per la rendita catastale e l’applicazione della disciplina delle società di comodo. Si chiarisce, infatti, che la circostanza che la società per effetto dell’esercizio dell’opzione determini un reddito effettivo inferiore a quello minimo “può essere apprezzato nell’ambito dell’interpello al solo fine di disapplicare, come previsto dalla circolare n. 25/E del 4 maggio 2007, l’obbligo di dichiarare il reddito minimo”. Tale circostanza invece, risulta del tutto irrilevante per superare il test di operatività, in quanto lo stesso si fonda sul confronto tra i ricavi minimi presunti con i ricavi effettivi che non sono in alcun modo influenzati dalle modalità di determinazione del reddito di impresa. Pertanto, fino all’anno 2012 le società agricole non godevano di alcuna causa di esclusione automatica dalla disciplina delle società di comodo. Tra l’altro, la disapplicazione sarebbe stata solo parziale e riferita alle sole imposte dirette, ferme restando le conseguenze ordinarie in materia di Irap ed Iva (cfr. ultima parte della circolare 50/E del 2010 ” anche in caso di accoglimento della predetta istanza, resta fermo l’assoggettamento alla determinazione del reddito minimo Irap, secondo le regole previste dal comma 3-bis dell’art. 30, e alle limitazioni stabilite ai fini Iva dal successivo comma 4 dello stesso art. 30″).

3. Vari elementi depongono per l’applicazione della esclusione automatica dalla disciplina delle società di comodo alle società agricole, sia pure con riferimento ai requisiti di cui al d.lgs. n. 99 del 2004, solo a decorrere dall’anno 2012, quando le imprese agricole sono state inserite espressamente tra quelle escluse dalla disciplina delle società di comodo.

3.1. In primo luogo, deve evidenziarsi che il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 2012, che per la prima volta ha inserito le società agricole tra quelle che sono esentate dalla richiesta di disapplicazione per evitare di incorrere nella disciplina delle società di comodo (disapplicazione automatica), in realtà, ha, sul punto, natura costitutiva.

Il paragrafo 5 dell’articolo unico del provvedimento del Direttore dell’agenzia delle entrate n. 2012/87956 ha previsto espressamente che “le situazioni oggettive indicate al paragrafo 3…. hanno efficacia a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di adozione del presente provvedimento”. In sostanza, il potere di normazione secondaria, conferito dal legislatore delegante, comprende anche la facoltà di indicare la data di decorrenza, atteso che la delega, in tanto ha un senso, in quanto il delegato possa tenere conto di molteplici situazioni di organizzazione interna e di gettito fiscale; altrimenti il legislatore avrebbe provveduto “ex auctoritate sua” a disciplinare la fattispecie legale e i relativi termini anche temporali.

3.2. In secondo luogo, Il legislatore, nel 2006, con l’art. 1, comma 1093, della legge 297 del 2006, ha previsto la possibilità dell’impresa agricola di optare per l’imposizione dei redditi ai sensi dell’art. 32 del Tuir, riconoscendo la peculiarità dell’attività agricola.

Tuttavia, le società agricole non erano state escluse dalla disciplina delle società di comodo, ritenendosi soltanto che l’opzione per la rendita catastale costituiva un elemento da valutare ai fini dell’ottenimento della disapplicazione su richiesta, ai sensi dell’art. 37 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, richiamato dall’art. 30 della legge n. 724 del 1994. Non vi era, dunque, alcuna incompatibilità tra la riconosciuta possibilità di accedere alla tassazione catastale, quindi “forfettaria”, con la soggezione alla presunzione di percezione del reddito minimo di cui all’art. 30, comma 3, della legge n. 724 del 1994.

Il reddito delle società agrarie, anche se si sono avvalse della opzione per l’imposizione dei redditi in base alla “rendita catastale” di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 917/1986, è, comunque, reddito di “impresa”, ai sensi dell’art. 3, primo comma, del d.P.R. n. 442/1997, richiamato dal d.m. 27 settembre 2007, n. 213 del Ministero dell’economia e delle finanze.

3.3. L’opzione per la “rendita catastale” può, comunque, costituire un indizio a favore della società agricola da valutare al momento della presentazione della istanza di interpello disapplicativo.

3.4. Le società agricole che svolgono attività agricole oltre i limiti di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 917 del 1986 determinano la base imponibile “analiticamente” ai sensi dell’art. 56 del d.P.R. n. 917/1986.

4. Dovendosi, quindi, applicare alla fattispecie in esame l’art. 30 della legge n. 724/1994, nella versione vigente, nell’anno 2006, la società contribuente dovrà dimostrare l’esistenza di oggettive situazioni di carattere straordinario che non le hanno consentito, nell’anno di imposta 2006, il superamento del test di operatività.

5. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, che si adeguerà al seguente principio di diritto: “In tema di società di comodo, il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n.2012/87956, emesso ai sensi dell’art. 1, comma 128, della legge n. 244 del 2007, con cui le società agricole sono state escluse dalle disposizioni di cui all’art. 30 della legge n. 724 del 1994 (c.d. disapplicazione automatica), ha efficacia a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di adozione del provvedimento (anno di imposta 2012), senza alcuna efficacia retroattiva“, e provvederà sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.