CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 novembre 2018, n. 30275
Professionisti – Ragioniere commercialista – Acquisizione del titolo di dottore commercialista – Iscrizione alla Cassa dei dottori commercialisti – Rinuncia al titolo di ragioniere
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza n. 206/2015, ha rigettato il gravame proposto dal dottor E.A. contro la sentenza che aveva respinto la sua domanda intesa ad ottenere il riconoscimento del diritto ad essere cancellato dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali (CNRP) e la condanna della stessa Cassa a provvedere in tal senso, sulla scorta del fatto che dopo essersi iscritto all’Albo tenuto dal collegio dei Ragionieri del Friuli, e transitato quindi nell’Albo Unico con il titolo di ragioniere commercialista, aveva conseguito nel 2008 anche l’abilitazione alla professione di dottore commercialista ed aveva quindi aggiunto anche questo titolo alla sua iscrizione all’Albo Unico, rinunciando successivamente al titolo di ragioniere commercialista e rimanendo iscritto con il solo titolo di dottore commercialista.
A fondamento della sentenza la Corte sosteneva che a seguito del decreto legislativo n. 139/2005, che ha istituito l’ordine e l’albo professionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, nella cui sezione A sono confluiti, dal 1 gennaio 2008 coloro che alla data del 31 dicembre 2007 erano iscritti nell’Albo dei dottori commercialisti o in quello dei ragionieri e periti commerciali, esistevano dalla stessa data per dottori e ragionieri commercialisti un unico ordine ed un unico albo, ma due casse previdenziali; una a favore dei dottori commercialisti e l’altra a favore dei ragionieri e periti commerciali; per cui, in difetto di unificazione e di una norma che regolasse l’eventuale passaggio degli assicurati dall’una all’altra forma di previdenza, coloro che esercitavano la professione di ragioniere o di dottore commercialista ed erano già iscritti alla corrispondente cassa alla data del 31 dicembre 2007, erano inevitabilmente destinati a conservare tale iscrizione fino a quando non fossero venuto meno i presupposti in base agli ordinamenti di ciascuna associazione. Né poteva bastare, ai fini dell’accoglimento della pretesa dell’appellante, il fatto che egli avesse rinunciato all’uso del titolo di ragioniere commercialista dal momento che tale fatto non comportava automaticamente la cessazione della relativa attività professionale richiesta dall’articolo 2 lettera b) del Regolamento ai fini della cancellazione dalla cassa stessa; anche perché l’oggetto della professione dei soggetti iscritti nella sezione A dell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili era unico e identico per tutti, indipendentemente dall’albo di provenienza e dal titolo di abilitazione. Ad avviso della corte triestina era inevitabile concludere quindi che, allo stato, il commercialista iscritto alla Cassa ragionieri dapprima dell’1/1/2008 non poteva passare a quella dei commercialisti semplicemente rinunciando al titolo di ragioniere, ma per ottenere questo risultato doveva, presumibilmente, cessare del tutto attività professionale, cancellarsi dalla cassa di originaria appartenenza e poi iscriversi all’altra, ricongiungendo infine i periodi assicurativi.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il dottor E.A. con quattro motivi di censura ai quali la CNRP ha resistito con controricorso. Sono state depositate le memorie ex art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1. – Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 61 e/o 1 e/o 2 e/o 34 e/o 36 e/o 39 del decreto legislativo n. 139/2005 e/o 3 e/o 4 legge n. 34/2005 (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.) avendo la corte d’appello triestina errato ad affermare che l’attività professionale di ragioniere e di dottore commercialista fosse unica e identica per tutti indipendentemente dall’albo di provenienza e dal titolo di abilitazione; laddove invece il legislatore, pur unificando i due ordini professionali, aveva inteso mantenere la distinzione tra dottore commercialista e ragioniere commercialista, come riconosciuto anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.
2. – Col secondo motivo viene lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 4 e/o 5 statuto associazione Cassa di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali vigente fino al 31/12/2013 e/o articolo 1 e/o 2 e/o 7 del Regolamento di Esecuzione della intimata CNPR vigente fino al 31 dicembre 2013; dell’articolo 5 statuto associazione Cassa di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali e/o articoli 1 e/o 2 del Regolamento di previdenza dell’intimata CNPR e/o articoli 1 e/o 2 e/o 3 e/o 36 e/o 39 decreto legislativo numero 139/2005 e/o 3 e/o 4 legge n. 34/2005 (in relazione all’articolo 360 n. 3 c.p.c.) atteso che, come risultava anche dal protocollo di intesa siglato in data 13 marzo 2014 tra le due Casse, il conseguimento del titolo professionale e l’iscrizione all’albo con il titolo di dottore commercialista conferivano al professionista la facoltà di scegliere se mantenere l’iscrizione alla cassa ragionieri o optare per quella dei dottori commercialisti; e nel caso in cui il professionista avesse scelto di iscriversi alla Cassa dei dottori commercialisti era necessaria la cancellazione da quella dei ragionieri, non potendo un soggetto essere iscritto a due diverse casse.
3. – Con il terzo motivo viene dedotto l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (utilizzo codice ATECO ai fini Iva 69.20.11 “Servizi forniti da dottori commercialisti” in luogo di quello 69.20.12 “Servizi forniti da ragionieri e periti”, da cui consegue la diversità delle due attività professionali) in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
4. – Il quarto motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (impossibilità di conseguire prestazioni previdenziali a carico della Cassa Ragionieri a seguito dell’utilizzo del codice ATECO ai fini Iva 69.20.11 “Servizi forniti da dottori commercialisti” in luogo di quello 69.20.12 “Servizi forniti da ragionieri e periti” cui consegue la diversità delle due attività professionali ) in relazione all’art.360 n. 5 c.p.c.
5. Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla CNRP atteso che il ricorso proposto sottopone a puntuale critica le affermazioni effettuate dalla sentenza con censure idonee, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., a conseguire la cassazione della sentenza impugnata.
6. – Tanto premesso, i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per l’intima connessione che li correla, sono fondati per le ragioni di seguito esposte.
Ad avviso del collegio la soluzione accolta dalla Corte territoriale risulta incoerente rispetto al quadro sistematico desumibile dall’ordinamento in tema di identificazione ed iscrizione alla gestione assicurativa previdenziale dal momento che il canone fondamentale della materia è quello secondo cui l’identificazione della gestione previdenziale, fonte di molteplici diritti e doveri per ciascun lavoratore, deve seguire la reale natura dell’attività svolta, in base all’oggettiva presenza dei requisiti costitutivi della fattispecie dettati dall’ordinamento. Pertanto, anche in un sistema previdenziale di categoria, l’iscrizione previdenziale (e la corrispondente tutela) deve seguire il titolo abilitativo e corrispondere all’attività libero professionale esercitata.
Talché il ragioniere commercialista, benché iscritto all’albo unico istituito dal decreto legislativo n. 139/2005, una volta acquisito il titolo di dottore commercialista, ha diritto di iscriversi alla Cassa dei dottori commercialisti, tanto più se rinuncia al titolo di ragioniere; non potendosi, quindi giustificare il mantenimento dell’iscrizione previdenziale alla cassa dei ragionieri.
Ciò perché le due attività, benché transitate all’interno di un albo unico (ma con due Casse previdenziali), non possono considerarsi un’unica attività; come risulta anche dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 4796 del 26/02/2013) che ha posto in evidenza le persistenti differenze in materia di accesso all’una e all’altra categoria professionale; e confermato, pertanto, l’esistenza di due categorie professionali che si ricollega anche alla previsione di differenti titoli soggettivi richiesti per l’iscrizione (laurea o diploma) e di differenti esami di abilitazione per l’accesso alla professione.
Anche ai fini fiscali rileva la diversità delle due attività professionali, qualificate da distinti percorsi formativi; ciò risulta dal differente codice ATECO spettante ai fini Iva; che per i “Servizi forniti da dottori commercialisti” è il 69.20.11, mentre per i “Servizi forniti da ragionieri e periti” è il 69.20.12.
7. – Non appare pertanto condivisibile la tesi sostenuta nella sentenza impugnata secondo cui il dottore commercialista, conseguito il titolo ed iscrittosi all’albo unico con tale diverso titolo, debba mantenere la precedente iscrizione alla Cassa dei ragionieri; dalla quale non potrebbe essere cancellato (ai sensi dell’art. 2 del Regolamento) neppure rinunciando al relativo titolo professionale; essendo bensì necessario, secondo la Corte territoriale – e sulla base della errata premessa dell’unicità di attività – smettere addirittura di effettuare qualsiasi attività lavorativa (anche quella da dottore commercialista) per potersi cancellare dalla Cassa dei ragionieri ed iscriversi solo in seguito alla Cassa dei dottori commercialisti.
8. – Ora, a prescindere dal fatto che non si capirebbe neppure per quanto tempo dovrebbe durare tale cessazione, è sufficiente mettere in rilievo l’irrazionalità e l’incongruenza della conclusione – ovvero la necessità di cessare l’esercizio di qualsiasi attività lavorativa – per inficiare la correttezza delle premesse sull’unicità dell’attività e sull’insufficienza della rinuncia al titolo di ragioniere, allo scopo di ottenere la cancellazione dalla corrispondente Cassa in base alle previsioni del Regolamento.
Al contrario appare piuttosto chiaro che rinunciando al titolo di ragioniere non si possa svolgere la relativa attività, dato che secondo la normativa regolamentare (Statuto della Cassa ragionieri, Regolamento di Esecuzione, Regolamento della previdenza) per l’esercizio della professione di ragioniere commercialista è sempre necessario possedere il relativo titolo di studio, abilitativo e professionale. E pertanto avendo il ricorrente rinunciato al titolo di ragioniere commercialista, e mancando quindi uno dei presupposti necessari per l’iscrizione all’Albo unificato nella sottosezione ragionieri commercialisti, egli doveva essere necessariamente cancellato dalla Sezione afferente quel titolo professionale; e non potendo più esercitare l’attività professionale di ragioniere né con il carattere di continuità, né in maniera saltuaria cancellato pure dalla Cassa dei ragionieri.
9. – Del resto la possibilità di un’opzione o di un passaggio da una cassa all’altra deriva pure dall’intesa intervenuta tra le due Casse (protocollo del 13.3.2014); all’interno della quale la regola di base è (e non poteva che essere) quella secondo cui i dottori commercialisti si debbano iscrivere alla Cassa dei dottori commercialisti ed i ragionieri commercialisti alla Cassa dei ragionieri commercialisti.
10. – Inoltre dalla stessa intesa si evince semmai la regola opposta a quella affermata nella sentenza impugnata: in quanto viene data ai ragionieri già iscritti alla cassa ragionieri, divenuti dottori commercialisti, la facoltà di mantenere eccezionalmente l’iscrizione precedente; ma non si nega, di certo, la possibilità di transitare presso la cassa che corrisponde al nuovo titolo professionale che giustifica l’iscrizione in atto all’albo e che corrisponde all’attività in concreto svolta (in ossequio al canone che funge da principio generale).
11. – Anche perché le due Casse hanno regolamentazioni diverse e garantiscono prestazioni differenti. E quindi non si capisce sulla base di quale principio si possa riconoscere ad un sistema previdenziale di categoria di escludere la propria operatività nei confronti di un soggetto, pur rientrante nella categoria e svolgente le attività alle quali esso si riferisce, sol perché egli in precedenza fosse assoggettato ad un sistema previdenziale di altra categoria.
12. – In conclusione ed in altre parole, risulta pure evidente come non si possa negare al ricorrente, appartenente ad una determinata categoria professionale, il diritto di iscriversi alla cassa previdenziale corrispondente all’ordine professionale cui afferisce il suo nuovo titolo abilitativo, senza mettere in discussione i principi costituzionali di cui agli artt. 3, 35 e 38 Cost.
13. – In forza delle ragioni fin qui esposte il ricorso deve essere quindi accolto. La sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata al nuovo giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà ai principi di diritto sopra affermati e provvederà pure alle spese processuali relative al giudizio di legittimità.
14. – Dato l’esito del giudizio, non sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo dovuto a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Venezia.
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