CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 30 aprile 2020, n. 8424
Tributi – Accertamento catastale – Revisione del classamento ex art. 1, co. 335, L. n. 311 del 2004 – Motivazione dell’atto – Contenuto minimo
Fatti di causa
La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di accertamento con il quale è stata disposta, ai sensi dell’art. 1, comma 335, l. n. 311 del 2004, la revisione del classamento di una unità immobiliare di proprietà di M.E.P. della T.P. sita in Roma, Via G.C. n. (…), da categoria A/2, classe 4, in categoria A/1, classe 4.
L’accertamento veniva contestato sotto vari profili e l’adita Commissione tributaria provinciale di Roma aveva respinto l’originario ricorso con decisione confermata dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, con la sentenza n. 6723/2016, depositata l’8/11/2016.
C.Q.P., in qualità di erede della contribuente, deceduta in data 10/2/2017, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, illustrati con memoria.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso, mentre i coeredi J.Q.P. e T.Q.P. non hanno svolto attività difensiva.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso si deduce, ai sensi degli artt. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, ed in relazione all’art. 112 c.p.c., la nullità della sentenza impugnata per avere la CTR omesso qualsivoglia pronuncia sulla richiesta disapplicazione degli atti amministrativi generali del Comune di Roma, riguardanti l’istituzione delle microzone, in quanto illegittimi, perché recanti valori e redditi non uniformi, in violazione di ciò che prevede la normativa di riferimento.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi degli artt. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, per non avere la CTR considerato, se non in maniera del tutto apparente, la prospettata illegittimità della delibera istitutiva della microzona comunale, cui avrebbe dovuto seguire la disapplicazione dell’atto amministrativo e l’annullamento dell’accertamento catastale.
Con il terzo motivo deduce, ai sensi degli artt. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 41, Carta UE, e degli artt. 7, l. n. 241 del 1990, 12 l. n. 212 del 2000 (Statuto del Contribuente), per mancato preventivo contraddittorio, per avere la CTR ritenuto che la revisione catastale non richiede alcuna “visita sopralluogo” da parte dell’Ufficio.
Con il quarto motivo deduce, ai sensi degli artt. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 17, r.d.l. n. 652 del 1939, 56 e 61, d.p.r. n. 1142/1949, 3, commi 58 e 154, l. n. 662 del 1996, 1, commi 335 e 336, l. n. 31 del 2004, e di ogni altra disposizione normativa e regolamentare riguardante l’attribuzione di qualità e classi catastali alle unità immobiliari urbane, per non avere la CTR considerato la necessità di una motivazione individualizzante riguardo alla singola particella ed alle sue specifiche caratteristiche strutturali, essendo erronea la ritenuta legittimità della motivazione dell’avviso di accertamento, ancorché indicante soltanto i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche dell’impugnato rilassamento.
Con il quinto motivo deduce, ai sensi degli artt. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., la nullità della sentenza della CTR per avere il giudice di secondo grado omesso di rispondere alle censure in fatto di parte contribuente.
Con il sesto motivo di ricorso deduce – in subordine – la illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 335, l. n. 311 del 2004, per contrasto della disposizione con gli artt. 3, 53 e 97 della Costituzione.
Dei motivi di ricorso assume valore assorbente il quarto, che per tale ragione merita di essere prioritariamente esaminato.
Con esso parte ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1, comma 335, l. n. 311 del 2014, in quanto la sentenza trova il suo sostanziale fondamento nel principio, già espresso da questa Corte con la sentenza n. 21176/2016, secondo cui “la motivazione dell’atto di classamento, che non è un atto di imposizione fiscale, trova riferimento, ai fini della propria sufficienza, nella peculiare normativa ora citata, in quanto presupposto della revisione è il riallineamento resosi essenziale per il registrato significativo scostamento di valore rispetto all’insieme delle microzone comunali, senza che sia necessario indicare specifiche caratteristiche dell’immobile alle quali deve essere invece attento un diverso tipo di atto di classamento, che trova in altre norme la propria giustificazione (come ad es. quello previsto dal comma 336 dell’art. 1 della stessa legge 311 del 2004, che richiede la presenza di innovazioni specifiche concernenti l’immobile in esame ed esige, quindi, in questo caso, e solo in questo caso, che la motivazione dell’atto di revisione riporti l’analitica indicazione delle trasformazioni subite dal bene; oppure quello previsto dall’art. 3, comma 58, della legge 662 del 1996, nella parte in cui si riferisce alla palese incongruità del classamento dell’immobile oggetto di revisione rispetto a fabbricati similari: è in questa seconda ipotesi, e solo in questa, che l’atto impositivo, come afferma Cass. n. 2184 del 2015, dovrà indicare la specifica individuazione di tali fabbricati, del loro classamento e delle caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento). Il contribuente, tuttavia, ben potrà poi dare liberamente prova, nella fase contenziosa, del fatto che il proprio immobile abbia caratteristiche tali da sottrarlo alla ratio del riclassamento per microzona di appartenenza, caratteristiche rispetto alle quali non si pongano (o possano recedere) le esigenze perequative che hanno motivato l’accertamento in coerenza con il disegno del legislatore. Il fatto che la revisione del classamento ex art. 1, comma 335, legge n. 311 del 2004 non sia condizionata alle specifiche tecniche dell’unità immobiliare, bensì esclusivamente ai parametri relativi alla microzona alla quale quest’ultima appartiene, rende evidente l’insussistenza di un obbligo dell’Agenzia al sopralluogo (in materia v. anche Cass. n. 21923 del 2012).”. Tale pronunciamento, tuttavia, è stato superato dall’orientamento interpretativo di legittimità più recente (Cass. n. 19810/2019 e numerose altre), ed in via di consolidamento, che nell’ambito di un procedimento ad impulso officioso privilegia la estensione degli obblighi motivazionali, in coerenza con le indicazioni ermeneutiche fornite dalla Corte Costituzionale, la quale, con la sentenza n. 249 del 2017, se da un lato ha affermato che «la scelta fatta dal legislatore con il censurato comma 335 [art. 1 della legge n. 311 del 2004] non presenta profili di irragionevolezza [in quanto] la decisione di operare una revisione del classamento per microzone si basa sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene», nello stesso tempo ha evidenziato che «la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento».
Come è stato ripetutamente affermato da questa Corte, “Il Giudice delle leggi ha così individuato nell’obbligo di motivazione rigorosa un elemento dirimente e qualificante ai fini della legittimità dell’operazione dal carattere “diffuso”, escludendo che tale legittimità potesse affermarsi in via presuntiva; tale requisito va dunque soddisfatto ex ante, e senza che sia sufficiente la mera possibilità del contribuente di fornire prova contraria in sede contenziosa.” (Cass. n. 19810/2019 citata), sicché ricorre la denunciata violazione di legge, come dedotto nel motivo di ricorso in trattazione, in relazione al contenuto (legale) della motivazione dell’impugnato avviso di accertamento, posto che, sia pur esplicitate le ragioni fondative (ed i relativi dati fattuali) della procedura di revisione delineata dall’art. 1, c. 335, della l. n. 311 del 2004, l’atto attributivo della nuova rendita catastale (conseguente alla diversa classe identificativa del superiore «livello reddituale ordinario ritraibile dalla unità immobiliare»; d.p.r. n. 138 del 1998, art. 8, c. 3) deve esso stesso indicare in quali termini il mutato assetto dei valori medi di mercato e catastale (recte del loro rapporto), nel contesto delle microzone comunali previamente individuate, abbia avuto una ricaduta sul singolo immobile (sulla sua classe e rendita catastale), «così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare» (Corte Cost., n. 249/2017 citata).
In conclusione, accolto il motivo di ricorso, ed assorbiti gli altri motivi, l’impugnata sentenza va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso della contribuente.
5. – In considerazione delle antinomie emerse negli orientamenti giurisprudenziali di merito e del progressivo consolidarsi della pertinente giurisprudenza della Corte, le spese processsuali vanno integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
accoglie il quarto motivo ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
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