Corte di Cassazione sentenza n. 11217 depositata il 9 maggio 2018
FALLIMENTO – ORGANI – CURATORE – POTERI – AMMINISTRAZIONE DEL PATRIMONIO FALLIMENTARE – RECLAMI – DECRETO DEL TRIBUNALE SUL RECLAMO AVVERSO DECRETO DEL GIUDICE DELEGATO EX ART. 36 L. FALL. – NATURA DECISORIA – ESCLUSIONE – CONSEGUENZE – RICORSO PER CASSAZIONE EX ART. 111 COST. – INAMMISSIBILITA’
RILEVATO
che:
V.R. presentò una proposta di acquisto di un complesso immobiliare sito in agro del comune di Eboli, acquisito all’attivo del fallimento di (omissis) s.r.l.;
tale fallimento era stato dichiarato nell’anno 1999;
il curatore non prese in considerazione la proposta, essendo stato previamente autorizzato dal giudice delegato all’abbandono del bene;
l’istante propose reclamo ai sensi della L. Fall., art. 36, eccependo l’inapplicabilità ratione temporis dell’art. 104-ter stessa legge;
il giudice delegato, con Decreto 23 novembre 2016, osservò che sull’istanza era stato già adottato il provvedimento del tribunale dell’11-11-2016, e dispose comunicarsi a V. il detto provvedimento;
il proponente insorse contro tale decisione del giudice delegato, rilevando l’inconferenza della motivazione, riferita a diversa istanza attinente all’opposizione avverso il decreto di abbandono del bene;
il tribunale di Napoli, con decreto del 23-1-2017, dichiarò improcedibile il reclamo, osservando che il provvedimento del giudice delegato (in data 23-11-2016) si era limitato a ordinare la mera comunicazione di quello anteriore del tribunale, sicché non aveva avuto contenuto decisorio, mentre il decreto del tribunale (in data 11-11-2016) avrebbe dovuto essere gravato dinanzi alla corte d’appello;
V. ha proposto ricorso per cassazione in due motivi;
la curatela non ha svolto difese;
il ricorrente ha depositato una memoria.
CONSIDERATO
che:
col primo motivo il ricorrente, denunziando la falsa applicazione di norme di diritto (L. Fall., artt. 26 e 36, art. 246 stessa legge in relazione agli artt. 24 e 111 Cost.), sostiene che oggetto del reclamo non poteva che essere il provvedimento del giudice delegato in data 23-11-2016, la cui decisorietà era da rinvenire nel richiamo per relationem al provvedimento collegiale dell’11-11-2016; invero in base alla norma transitoria di cui alla L. Fall., art. 246, le forme del procedimento ex art. 36, si sarebbero dovute considerare estendibili anche alla procedura de qua;
col secondo motivo il ricorrente, deducendo la falsa applicazione della L. Fall., artt. 26, 242 e 246, in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., censura la decisione nella parte in cui ha ritenuto che il decreto collegiale dell’11-11-2016 avrebbe dovuto essere reclamato dinanzi alla corte d’appello, non considerando che il detto provvedimento non era stato mai comunicato e che, in ogni caso, era stato emesso a seguito di una irrituale opposizione alla comunicazione di abbandono del bene;
il ricorso è inammissibile;
come evidenziato dallo stesso ricorrente (a pag. 13 del ricorso), l’oggetto del reclamo L. Fall., ex art. 36, comma 2, era “il decreto di rigetto del g.d. del 23.11.2016”;
tale decreto era stato censurato per il fatto di aver rigettato, in vero, il reclamo avverso l’atto del curatore “richiamando il precedente decreto collegiale dell’11.11.2016”;
la tesi del ricorrente è che la censura, prospettata “in via mediata” (così il ricorso, pag. 13), era legittimata dall’avere il giudice delegato fatto propria la stessa (asseritamente errata) decisione del tribunale; sennonché il decreto del tribunale, oggetto dell’attuale ricorso straordinario, non può considerarsi avente natura decisoria ove anche la situazione fosse da intendere nel senso prospettato dal ricorrente, come cioè relativa a un provvedimento del giudice delegato di rigetto del reclamo proposto contro l’atto del curatore; ciò in quanto quello del curatore era un atto di amministrazione del patrimonio: segnatamente un diniego di adesione alla proposta di acquisto di beni;
il decreto del tribunale, che ha provveduto ai sensi della L. Fall., art. 36, avverso il provvedimento del giudice delegato che era stato adito contro l’atto di amministrazione del curatore, non può dirsi risolutore di una controversia su diritti soggettivi;
si tratta di una misura annoverabile tra i provvedimenti che attengono all’esercizio della funzione di controllo circa l’utilizzo, da parte del curatore, del potere di amministrazione del patrimonio del fallito;
al decreto anzidetto va quindi negata la natura decisoria, così come questa Corte ha avuto modo di affermare in situazioni finanche di maggiore rilevanza effettuale, quali quelle relative allo scioglimento dal contratto preliminare (v. Cass. n. 8870-12 e Cass. n. 5425-94; e v. pure Cass. n. 1240-13).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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