CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 18855 depositata il 4 luglio 2023

Tributi – Accantonamento – Fondo oscillazione cambi – IRPEF – ILOR – Domanda rimborso – Rigetto

Fatti di causa

1. Con la dichiarazione dei redditi relativa all’anno 1987, la (…) S.p.A. (successivamente incorporata dalla (…) S.p.A., ora (…) S.p.A.) sottoponeva a tassazione l’importo, corrispondente a un accantonamento iscritto in bilancio al “fondo oscillazione cambi” per L.. 5.011.824.731, in quanto non deducibile, secondo il d.p.r. n. 597/1973 applicabile al periodo in questione, versando su detto importo Irpef e Ilor.

Successivamente, con istanza del 15.6.1988, la Società richiedeva il rimborso di detti importi, invocando l’applicabilità, anche all’esercizio 1987, dell’art. 72 del D.P.R. n. 917/1986 (che consentiva di dedurre dall’imponibile l’accantonamento di cui sopra, per effetto della retroattività prevista dall’art. 36 d.p.r. n. 42/1988).

2. Il silenzio rifiuto dell’Amministrazione, formatosi sull’istanza, veniva impugnato dalla Società innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Brescia, la quale accoglieva il ricorso.

3. La sentenza veniva confermata dalla competente Commissione Tributaria di secondo grado.

4. L’Amministrazione finanziaria proponeva, allora, impugnazione dinanzi alla Commissione Tributaria Centrale, contestando la pronuncia del giudice di merito sia sotto il profilo della ritenuta retroattività dell’art. 72 cit. sia per l’omessa verifica della conformità alle disposizioni di detta norma della dichiarazione della società; ma, anche questa volta, le tesi dell’Amministrazione venivano disattese con sentenza n. 7545, depositata il 13.10.2003, e notificata il 20.2.2004.

5. Per la cassazione di questa sentenza proponeva ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

6. Con sentenza n. 18519/05 questa Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso, cassava la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria della Lombardia affinché la lite fosse decisa alla luce del principio per cui la questione relativa alla conformità della dichiarazione della (…) S.p.A. relativamente all’anno 1987, quale condizione imprescindibile per l’applicazione retroattiva dell’art. 72 del d.p.r. n. 917/86 era deducibile da parte dell’Amministrazione finanziaria nel giudizio di appello prima, e conseguentemente dinanzi alla Commissione tributaria centrale dopo, integrando una mera argomentazione difensiva relativa a una circostanza che, in quanto elemento costitutivo della domanda di rimborso, faceva già parte del tema decidendum, rientrando nei contenuti di quanto la società ricorrente avrebbe dovuto provare a sostegno della sua pretesa” e spettando al giudice di merito verificare in concreto se sussistesse o meno la conformità della dichiarazione dei contenuti al d.p.r. n. 917/1986, e in particolare al disposto dell’art. 72, relativo agli oneri deducibili per effetto degli accantonamenti al fondo di copertura dei rischi di cambio, tenuto conto anche delle specifiche controdeduzioni svolte al riguardo dalla società.

7. Riassunto il processo, la Commissione tributaria della Regione Lombardia – Sezione staccata di Brescia accoglieva il ricorso introduttivo della società dichiarando, per l’effetto, dovuto il rimborso delle imposte in contestazione.

I Giudici territoriali argomentavano la decisione rilevando che il bilancio della società al 31.12.1987 era senz’altro conforme al nuovo T.U. n. 917/1986 mentre la dichiarazione dei redditi 1987 non era conforme (avendo la società inserito una variazione in aumento) ma era diventata conforme a seguito della rettifica operata a seguito dalla tempestiva presentazione dell’istanza di rimborso.

Questa Corte, con sentenza n. 23319/2013, in accoglimento del terzo motivo di ricorso, cassava con rinvio la decisione impugnata.

9. Riassunto il processo dalla società, con la sentenza qui impugnata la CTR della Lombardia riconosceva la fondatezza della pretesa di rimborso.

10. Avverso detta sentenza ricorre l’Amministrazione con tre motivi e resiste (…) S.p.A. con controricorso.

Il pubblico ministero ha depositato memoria con le proprie conclusioni scritte.

La controricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione censura la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”

Osserva la ricorrente che, come risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, la CTR ha ritenuto che l’Ufficio non avesse contestato che dalla contabilità della società, e in particolare dalla relazione al bilancio, come da questa affermato nel ricorso in riassunzione, emergesse un saldo negativo delle variazioni di valore dei crediti in valuta conseguenti alle oscillazioni dei cambi durante l’esercizio 1987, pari a L.. 5.011.824.731, cioè proprio l’importo indicato nell’istanza di rimborso come base di calcolo delle imposte in tesi indebitamente versate per non avere la società dedotto il corrispondente accantonamento.

Di conseguenza, secondo la Commissione regionale, l’Ufficio non avrebbe più potuto contestare la sussistenza dei presupposti per applicare il sopravvenuto art. 72, comma 1, del d.p.r. n. 917 del 1986, e riconoscere retroattivamente il rimborso in questione, dato che l’istanza di rimborso aveva reso la dichiarazione del 1987 conforme a quanto richiesto dalla nuova disciplina, rettificando la dichiarazione dei redditi iniziale, che era invece difforme perché, invece, sottoponeva a tassazione l’accantonamento.

2. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 72 comma 1, D.P.R. n. 917del 1986.

Lamenta la ricorrente che la Commissione regionale abbia deciso nonostante il mancato assolvimento da parte della contribuente dell’onere di dimostrare la fondatezza della richiesta di rimborso, ovvero che la dichiarazione di rettifica con l’istanza di rimborso contenesse i requisiti di cui all’ art. 72, comma 1, del d.p.r. n. 917 del 1986, così incorrendo in violazione del principio dell’onere probatorio.

Più in dettaglio, osserva l’Agenzia che la società contribuente non avrebbe provato, pur avendone l’onere visto che invocava una deduzione con conseguente rimborso, né in qual modo si fosse formato il complessivo accantonamento iscritto in bilancio, né, soprattutto, quali fossero i saldi dei crediti in valuta ai due tassi di cambio rilevanti, quello del momento dell’insorgenza e quello di fine esercizio, quale ne fosse l’ipotetica differenza negativa, e se in tale ipotetica differenza trovasse capienza l’accantonamento iscritto per L.. 5.011.824.731.

Donde la violazione dell’art. 2697 c.c., e per conseguenza dell’art. 72 del d.p.r. n. 917/1986, in quanto sarebbero stati omessi tutti i passaggi da quest’ultimo richiesti, e, infine, dell’art. 36 del d.p.r. n. 917/1986, perché in definitiva non sarebbe stato provato che l’istanza di rimborso rendesse la dichiarazione conforme a quanto voluto dall’art. 72 cit. e che quindi quest’ultimo potesse, in forza dell’art. 36 cit., applicarsi retroattivamente.

3. Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia denuncia la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 14 prel.; 72 c. 1 D.P.R. n. 22.12.86 n. 917; 36 D.P.R. n. 4.2.88 n. 42, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”

Allega la ricorrente che, nella subordinata ipotesi che la dichiarazione rettificativa (l’istanza di rimborso) dovesse ritenersi conforme al dettato dell’ art. 72, comma 1, del d.p.r. n. 917 del 1986, sussisterebbero comunque le violazioni denunciate e, in particolare, l’istanza avrebbe dovuto essere comunque ritenuta inefficace perché tardiva.

4. Il primo e secondo motivo di ricorso, da trattarsi unitamente per la loro connessione, non sono fondati.

Questa Corte con la sentenza di rinvio n. 23319/2013 aveva così disposto: i) che il Giudice del rinvio verificasse in concreto se sussistesse o meno la conformità della dichiarazione ai contenuti del d.p.r. n. 917/86 ed in particolare al disposto dell’art. 72 relativo agli oneri deducibili per effetto degli accantonamenti al fondo copertura dei rischi di cambio, tenuto conto anche delle specifiche deduzioni svolte al riguardo dalla società; ii) che al riguardo, l’Agenzia delle Entrate aveva dedotto che dal contenuto dell’istanza di rimborso non fosse evincibile la prova della richiesta conformità; iii) che l’art. 72 cit., relativo agli oneri deducibili per effetto degli accantonamenti al fondo copertura dei rischi di cambio, dispone, infatti, che l’accantonamento sia calcolato e dedotto attraverso l’evidenziazione del saldo dei crediti e debiti di valuta estera calcolato secondo il cambio corrente al momento della loro insorgenza e secondo il cambio corrente nell’ultimo mese di esercizio e che solo qualora dal raffronto di tali saldi emerga che, in chiusura di esercizio, sia aumentato il saldo valutario passivo o sia diminuito il saldo valutario attivo la deduzione è ammessa limitatamente alla parte eccedente; iv) che sul punto la motivazione della Commissione Tributaria Regionale risultava omessa, non essendo stato esposto l’iter logico seguito al fine di affermare che la dichiarazione dei redditi del 1987 fosse divenuta conforme al disposto normativo sopra illustrato a seguito della tempestiva presentazione dell’istanza di rimborso, e ciò malgrado il contenuto dell’istanza, della quale la Commissione tributaria regionale aveva omesso ogni esame; che per gli stessi motivi la sentenza impugnata era egualmente immotivata laddove affermava apoditticamente, senza esplicitare l’iter logico seguito, che il bilancio della società al 31.12.1987 era senz’altro conforme al nuovo T.U. n. 917/1986 e non illustrava le ragioni di rilevanza, ai fini che qui interessano, delle emergenze di bilancio; v) rimaneva assorbito l’esame del quarto motivo di ricorso, presupponente la conformità della rettifica al disposto normativo.

4.1. Il giudice di rinvio si è attenuto alle predette indicazioni.

In primo luogo, la Corte territoriale non ha ritenuto non contestato, con gli effetti di cui all’art. 115 c.p.c., il “fatto che il saldo esposto dalla società fosse corretto e derivasse dal raffronto tra il saldo al momento dell’insorgenza dei crediti in valuta e il saldo alla fine dell’esercizio” (cfr. primo motivo di ricorso, pag. 39), ma ha al contrario esaminato e respinto la relativa contestazione mossa dall’Agenzia delle Entrate nel giudizio di rinvio, e segnatamente “… l’assunto dell’essere in precedenza mancato un raffronto dei due particolari aggregati pecuniari, perché le univoche emergenze storiche sopra rimarcatesi attestano per contro come l’accantonamento in discorso avesse in realtà costituito l’esito di una esperita duplice valutazione dei crediti/debiti espressi in moneta estera…” (pag. 3 sentenza impugnata).

Il riferimento contenuto nella sentenza ad “ordini di valori non… direttamente contestati” non è quindi diretto alla correttezza dell’accantonamento operato dalla società, ma alla aderenza delle sue modalità di quantificazione ai principi contabili di redazione del bilancio, così come illustrati nelle Note esplicative al bilancio dell’esercizio 1987

4.2. Non essendo effettivamente in discussione che la società si fosse concretamente attenuta ai principi contabili e alle metodologie di calcolo così come illustrate nella relazione del C.d.A., la CTR, partendo dalla corretta premessa della rispondenza del bilancio ai principi contabili così come enunciati ed attestati negli allegati al bilancio stesso (relazione del C.d.A., relazione del Collegio sindacale e della Società di revisione), ha verificato altresì la corrispondenza tra quanto previsto da tali principi contabili circa le modalità di accantonamento al fondo oscillazione cambi e il criterio di deducibilità previsto dalla normativa fiscale (art. 72 del d.p.r. n. 917/1986).

I giudici di merito hanno in particolare verificato che le modalità di quantificazione dell’accantonamento fossero rispettose dei criteri imposti dall’art. 72 d.p.r. n. 917/1986, avendo riscontrato come “all’espressione… del legislatore ‘cambio del giorno in cui (debiti e crediti) sono sortì fosse del tutto equivalente quella di controparte facente riferimento al giorno ‘in cui è stata effettuata l’operazione’, ovvero al giorno in cui si era conclusa volta a volta la negoziazione generativa degli effetti; né davvero sussisteva qualche varianza tra la valutazione prescrittasi dal legislatore ‘secondo il cambio dell’ultimo mese dell’esercizio’ e il criterio – anzi, a maggior precisazione – enunciatosi in bilancio in termini di crediti e debiti ‘valutati ai cambi medi UIC del mese di dicembre 1987′: ultimo mese dell’esercizio”.

Hanno quindi concluso, facendo leva sulla lettura combinata dei documenti comunicati all’Agenzia unitamente all’istanza di rimborso, rilevando che “il metodo di contabilizzazione seguito dalla contribuente era stato effettivamente conforme al criterio contemplato dal testo dell’art. 72”, e richiamando a tale riguardo anche la relazione del Consiglio di amministrazione al bilancio finale dell’esercizio 1987, allegata alla dichiarazione unitamente al bilancio medesimo, nella quale “a saliente esplicazione dei principi contabili applicativi era dato di leggere che le partite in valuta, comprese quelle in lire, ma contrattualmente riferite a divise estere, erano state contabilizzate secondo il cambio del giorno in cui era stata perfezionata l’operazione negoziale, mentre poi la susseguita valutazione di tali medesime partite per come operata ai cambi medi UIC del mese di dicembre 1987 (…) aveva fatto emergere un conclusivo saldo differenziale negativo, per tanto apprezzatosi nelle sue possibili conseguenze mediante un connesso stanziamento al fondo oscillazione cambi in misura di L.. 5.011.824.731”.

4.3. La Commissione regionale, infine, con riguardo alla contestazione dell’Ufficio avente ad oggetto “la mancata esplicitazione delle componenti costitutive dell’aggregato in oggetto” richiamando il principio, affermato da questa Corte, secondo cui il “il sistema contabile prefigurato dall’art. 72 era ispirato al principio di globalità, l’applicazione del quale imponeva una valutazione complessiva di tipo forfettario, volta a compensare le differenze di cambio attive e passive che si generavano su tutti i crediti e i debiti in valuta, evidenziandone il risultato netto” (Cass. n. 9856/2016), ha escluso che “al documento di bilancio potesse accedere una non richiesta articolazione analitica delle partite creditorie e debitorie”.

4.4. Va conclusivamente rammentato che questa Corte ha affermato che “quando si tratti di accertare fatti che non possono essere dimostrati analiticamente, il bilancio certificato costituisce fonte rilevante di informazioni e può essere verificato dall’Amministrazione finanziaria secondo i criteri di congruità e di coerenza, tenendo conto, altresì, della relazione della società di revisione, a sua volta mezzo di prova rilevante, in ragione dei profili del controllo pubblicistico e della responsabilità civile e penale del revisore, e confutabile soltanto mediante la produzione di documenti che dimostrino l’errore o l’inadempimento del revisore” (Cass. n. 5926 del 12/03/2009; a conforto, sull’attendibilità dei bilanci certificati, v. Cass. 40048/2021 e 2597/2023.

5. Anche il terzo motivo è infondato.

Questa Corte ha già affermato, in esatti termini rispetto alla fattispecie in esame, e contrariamente a quanto sostenuto dalla Amministrazione ricorrente, che “In tema di imposte dirette, l’applicazione retroattiva delle norme di cui al d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, secondo la previsione di cui all’art. 36 del d.p.r. 4 febbraio 1988, n. 42, ben può discendere dalla conformità della dichiarazione dei redditi alla nuova disciplina, realizzatasi a seguito di rettifica conseguente alla presentazione di un’istanza di rimborso che sia tempestiva avuto riguardo alla disciplina dei rimborsi all’epoca in vigore, anche se tale adempimento sia successivo all’entrata in vigore del d.p.r. n. 42 del 1988, dovendosi ritenere esclusa l’efficacia rettificativa dell’istanza medesima, successiva al suddetto termine, solo quando essa abbia ad oggetto una dichiarazione già originariamente conforme alla nuova normativa” (Cass. n. 16915 del 16/08/2005).

6. In conclusione, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.

Rilevato che risulta soccombente l’Agenzia delle Entrate, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1- quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 18.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.