CORTE di CASSAZIONE – Sentenza n. 22057 depositata il 24 luglio 2023
Lavoro – Licenziamento disciplinare – Assenze ingiustificate – Congedo per cure degli invalidi – Richiesta del medico convenzionato con il S.S.N. – Piano riabilitativo – Art. 348 ter, ultimo comma, c.p.c. – Omesso esame di un documento – Inammissibilità
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale di Gorizia che aveva rigettato l’impugnativa del licenziamento disciplinare intimato, ex art. 55 quater d.lgs. n. 165 del 2001, dal MIUR nei confronti del ricorrente, assistente amministrativo presso l’I.B.E.M. di Gradisca d’Isonzo, per avere egli effettuato, ex art. 7 d.lgs. n. 119/2011 (recante “congedo per cure degli invalidi”), una serie di assenze ingiustificate dal servizio, precisamente in data 9.6.2018 e per altre n. 4 giornate di “cure riabilitative” seppure in difetto di valida giustificazione.
2. La Corte d’appello rilevava che il lavoratore in menzione, pur invocando la disposizione dell’art. 7 d.lgs. n. 119/2011 cit., non aveva accompagnato la domanda con la richiesta del medico convenzionato con il S.S.N. ovvero appartenente a una struttura sanitaria pubblica dalla quale risultasse la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta.
3. La Corte d’appello osservava che la richiesta del medico convenzionato aveva una valenza sostanziale, atteso che il giudizio sulla necessità della cura e quindi di un congedo retribuito per il lavoratore, era rimesso a soggetti terzi dotati di competenza e facenti parte di una struttura pubblica, mentre il congedo del ricorrente era stato fruito sulla base di un piano riabilitativo redatto dall’Ospizio Marino di Grado e dunque da un soggetto non abilitato ai sensi della richiamata normativa.
4. Era oltretutto incontroverso ‒ ad avviso della Corte di merito ‒ che il piano riabilitativo prevedeva 10 sessioni di cure mentre il lavoratore si era assentato per 14 giorni chiedendo poi di giustificare l’assenza sulla base di detto piano, sicché, anche sotto tale profilo, incidente sulla corretta esecuzione della prestazione lavorativa, le assenze erano ingiustificate e meritevoli del licenziamento con preavviso.
5. Il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un solo motivo assistito da memoria, mentre il Miur è rimasto intimato.
6. La Procura generale ha rassegnato conclusioni scritte ed ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Ragioni della decisione
1. Con unico motivo, il ricorrente lamenta ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. «l’omessa valutazione di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti rappresentato dalla circostanza che il dirigente scolastico aveva dichiarato che, ove non fosse stato riconosciuto il diritto al congedo, le assenze sarebbero state qualificate come malattia e comunque sarebbero state considerate ex post come ferie». Tanto emergeva ‒ secondo il ricorrente ‒ da due documenti provenienti dal dirigente scolastico (i.e., pec del 12 aprile 2018 e nota n. 3625/18 del 21 maggio 2018), i quali precisavano che le giornate chieste come congedo ex d.lgs. n. 119/2011, se non adeguatamente confortate da documentazione, sarebbe valse come malattia.
2. Il motivo è inammissibile.
3. In primo luogo, in quanto trascura di considerare che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., che viene invocato a sostegno delle doglianze, per i giudizi di appello instaurati dopo il trentesimo giorno successivo alla entrata in vigore della legge 7 agosto 2012 n. 134, di conversione del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, non può essere invocato, rispetto a un appello promosso nella specie dopo la data sopra indicata (art. 54, comma 2, del richiamato d.l. n. 83/2012), con ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che conferma la decisione di primo grado, qualora il fatto sia stato ricostruito nei medesimi termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter, ultimo comma, cod. proc. civ., in base al quale il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme; v. Cass. n. 23021 del 2014).
In questi casi il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass. n. 29851 del 2022; Cass. n. 26774 del 2016, conf. Cass. n. 20944 del 2019), mentre nulla di ciò viene specificato nella censura.
4. In ogni caso, l’interpretazione di questa Corte (da ultimo, Cass. n. 27415 del 2018) ha chiarito come l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134), abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per Cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice (che, nel caso di specie, ha analiticamente analizzato le circostanze legate all’assenza del lavoratore), ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014).
5. Per di più, è noto il principio secondo cui «Il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento. Ne consegue che la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa» (Cass., sez. terza, ord. 26 giugno 2018, n. 16812).
6. A tutto concedere, il ricorrente non ha dimostrato la decisività della documentazione richiamata in ricorso, in quanto la prospettazione secondo cui «il dirigente scolastico aveva dichiarato che ove non fosse stato riconosciuto il diritto al congedo le assenze sarebbero state qualificate come malattia e comunque sono state considerate ex post come ferie», non varrebbe di per sé a giustificare, come giustamente sottolinea la procura generale, le assenze dal lavoro per cure riabilitative non effettuate, in relazione alle quali il lavoratore non ha allegato alla richiesta alcuna nota del medico convenzionato, dando corso altresì a sessioni riabilitative per un numero di giorni (14) largamente superiore a quello previsto per il piano abilitativo individuale (10).
7. Conclusivamente, il ricorso ‒ per le ragioni tutte già indicate ‒ va dichiarato inammissibile; nulla per le spese del giudizio di legittimità in difetto di difese del MIUR.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
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