Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 14127 depositata il 27 marzo 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – PREPOSTO – DELEGA – RESPONSABILITA’ INCOMBENTI SUL DATORE DI LAVORO – INOSSERVANZA DELLE MISURE DI SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
FATTO / DIRITTO
1. Con sentenza in epigrafe indicata, il Tribunale di Ascoli Piceno ha condannato L.C. alla pena di € 1.200,00 di ammenda per i reati di cui agli art. 190, comma 1, 202, comma 1, e 37, comma 1, d.lgs. 81/2008; accertati il 3 gennaio 2014.
2. Propone ricorso in appello – trasmesso a questa Corte di Cassazione ex art. 568 cod. proc. pen. – l’imputato, tramite il difensore, con unico motivo di ricorso: mancata assoluzione dell’imputato per mancanza o insufficienza delle prove della commissione del reato; presenza, in azienda, di un responsabile della sicurezza che esclude la responsabilità del ricorrente.
3. Il ricorso risulta inammissibile perché il motivo di ricorso è manifestamente infondato e generico, trattandosi di appello, come tale, è solo in fatto, senza censure di legittimità. Il ricorso, infatti, richiede una nuova valutazione di merito delle prove testimoniali, incompatibile con il giudizio di legittimità.
Inoltre, per completezza, si deve osservare che: «In tema di infortuni sul lavoro, l’esistenza sul cantiere di un preposto – salvo che non vi sia la prova rigorosa di una delega espressamente e formalmente conferitagli, con pienezza di poteri ed autonomia decisionale, e di una sua particolare competenza – non comporta il trasferimento in capo allo stesso degli obblighi e delle responsabilità incombenti sul datore di lavoro, essendo a suo carico (peraltro, neppure in maniera esclusiva quando l’impresa sia di dimensioni molto modeste) soltanto il dovere di vigilare a che i lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione, comportandosi in modo da non creare pericolo per sé e per gli altri» (Sez. 4, n. 24055 del 01/04/2004 – dep. 26/05/2004, C., Rv. 22858701).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue favore della Cassa delle ammende della somma di €3000,00 e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
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