CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 44906 depositate l’ 8 novembre 2023

Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro – Infortunio lavoratori – Contratto di subappalto – Causa estintiva del reato – Difetti strutturali del mezzo – Piano di sicurezza – Motivazione apparente/mancante – Annullamento e rinvio a giudizio

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza emessa il 9/10/2019 dal Tribunale di Bologna, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di S.L. e di T.S. in ordine al reato previsto dall’art. 590 c.p. – commesso in danno di T.A. ed C.E. – in quanto estinto per intervenuta prescrizione; ha contestualmente revocato le statuizioni civili in favore dell’INAIL e a carico di T.S. e del responsabile civile C.R. S.r.l. in favore della parte civile C.E., confermando le statuizioni civili a carico di S.L. nei confronti dello stesso C. e a carico degli imputati e della C.R. S.r.l. in favore di T.A., anche in punto di determinazione di una provvisionale esecutiva.

Era contestato agli imputati – in cooperazione con altri soggetti la cui posizione era poi stata stralciata – nelle rispettive qualità di presidente del consiglio di amministrazione della Impresa Edile C.R. S.r.l. (affidataria di lavori da eseguire presso il condominio di via del Giorgione n. 52, in Bologna) e di socio rappresentante della I.T. S.n.c., subappaltatrice dei predetti lavori, di avere dato luogo all’esecuzione dei lavori in violazione delle disposizioni contenute nel D.M. 11 aprile 2011 e del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 71, comma 11, art. 72, comma 2, art. 96, comma 1, lett. g) e art. 23, comma 1; violazioni, a propria volta, ritenute all’origine dell’infortunio subito dai predetti lavoratori che, nell’utilizzo di una piattaforma mobile della quale era subconduttrice la Impresa Edile C.R., erano precipitati al suolo da un’altezza di circa dodici metri, riportando le lesioni descritte nel capo di imputazione.

La Corte territoriale ha ritenuto infondati tutti i motivi inerenti al merito della vicenda, rilevando in particolare; che risultava positivamente la sussistenza di un contratto di subappalto del 30/08/2012 e che comunque risultava oggettivamente che nel cantiere fosse impegnato personale della I.; che risultava non controversa la mancata predisposizione del piano di sicurezza, attesa la ricorrenza di tre fattori distinti di rischio rappresentati dal parametro ristretto del posizionamento dei cilindri di appoggio, dall’estensione massima dei cilindri stessi e dall’assenza di personale a terra; che il sinistro occorso non risultava imprevedibile, proprio in considerazione della mancata predisposizione del piano di sicurezza; che la sequenza causale accertata doveva ritenersi assorbente delle argomentazioni inerenti alle carenze strutturali della piattaforma; che la rilevanza dei motivi inerenti al trattamento sanzionatorio era da intendersi assorbita dalla intervenuta prescrizione del reato contestato.

2. Avverso la predetta sentenza hanno presentato ricorso per cassazione, tramite i propri difensori, S.L. nonché – congiuntamente – T.S. e il responsabile civile Impresa Edile C.R. S.r.l..

2.1 La difesa di S.L. ha articolato cinque motivi di impugnazione. Con il primo motivo ha dedotto, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, richiamando la sentenza 30/07/2021, n. 182 nonché la sentenza delle Sezioni Unite n. 35490/2009; deducendo che la Corte d’appello, in ossequio al disposto della predetta sentenza del Giudice delle leggi, avrebbe dovuto prosciogliere nel merito l’imputato attesa la contraddittorietà e insufficienza della prova o comunque dare adeguato conto in motivazione del compendio probatorio.

Con il secondo motivo ha dedotto, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione; sempre richiamando la sentenza n. 182/2021, ha dedotto che – in presenza di un giudizio di intervenuta prescrizione del reato e della necessità di esaminare le statuizioni civili – il giudice di secondo grado avrebbe dovuto prendere analiticamente in esame i motivi proposti, avendo quale parametri di giudizio quelli propri della responsabilità civile; deducendo altresì come nessuno dei profili di doglianza fosse stato analiticamente esaminato e non evincendosi in particolare – alcuna argomentazione in ordine ai profili attinenti al nesso causale e all’elemento soggettivo; deducendo altresì come la Corte territoriale non avesse in alcun modo preso in considerazione la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, finalizzata ad accertare l’effettiva conclusione del contratto di subappalto di cui era stata contestata la presenza.

Con il terzo motivo ha dedotto l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità e decadenza – ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), e la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Ha dedotto che il contratto di subappalto concluso tra la C.R. e la I. sarebbe stato prodotto in udienza alla sola data del 30/05/2018 ma mai acquisito agli atti del procedimento, essendosi il giudice riservato le relative valutazioni, deducendone la conseguente inutilizzabilità del documento e rilevando come, anche su questo punto, la Corte non si fosse in alcun modo pronunciata.

Con il quarto motivo ha dedotto, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione; deducendo come, dal tenore letterale della stessa, si evincesse il dubbio della Corte territoriale in ordine all’effettiva preesistenza del contratto di subappalto tra la C.R. e la I., espressamente contestata nei motivi di impugnazione e argomentando come la sussistenza del contratto medesimo fosse essenziale al fine di valutare la responsabilità del ricorrente.

Con il quinto motivo ha dedotto, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla valutazione della responsabilità dello S. in ordine al sinistro senza esplicitazione del titolo ai sensi del quale ne dovesse rispondere.

2.2 La difesa del T. e della Impresa Edile C.R. S.r.l. ha articolato due motivi di ricorso.

Con il primo motivo ha dedotto la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione all’art. 129 c.p.p.; nonché, con riguardo alle statuizioni civili, l’erronea applicazione degli artt. 40 e 43 c.p., nonché la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui aveva addebitato all’imputato la mancata valutazione nel piano operativo di sicurezza di due profili di rischio consentita dal manuale e che – in caso di conformità della macchina non avrebbero determinato la caduta del mezzo oltre all’elemento della mancanza dell’uomo a terra, da ritenere irrilevante, denunciando altresì la mancata valutazione di un vizio occulto e congenito del mezzo.

Ha dedotto che la Corte avrebbe dovuto prosciogliere il T. ai sensi dell’art. 129 c.p.p., sulla base dei principi dettati dalla sentenza 35490/2009 delle Sezioni Unite; ha dedotto che, dagli esiti dell’istruttoria, sarebbe emerso che l’incidente era da ascrivere in via esclusiva a difetti strutturali del mezzo non enuncleabili neanche in sede di redazione del piano operativo di sicurezza.

In relazione al secondo profilo di doglianza, ha dedotto che il Collegio avrebbe ritenuto la responsabilità del T. con motivazione contraddittoria e intrinsecamente illogica; specificamente, ha dedotto che non poteva essere addebitato al ricorrente il mancato approntamento del piano operativo di sicurezza, atteso che la condotta ascritta non appariva rimproverabile, considerando che nel piano non poteva essere previsto un rischio connesso a un vizio congenito e occulto della macchina; che, d’altra parte, non sussisteva alcun aspetto di responsabilità in ordine ai due profili relativi al perimetro ristretto di posizionamento dei cilindri di appoggio e dell’estensione massima degli stessi, trattandosi di modalità consentite dal manuale di istruzioni con la conseguenza che l’evento era da addebitare esclusivamente a carenze progettuali intrinseche, come emerso dalle risultanze probatorie valorizzate dallo stesso giudice di primo grado e come riferito – in particolare – dal perito nominato in sede di incidente probatorio, deducendo altresì l’irrilevanza ai fini del nesso causale dell’elemento rappresentato dalla mancanza di un operatore a terra.

Ha altresì dedotto che doveva essere censurata la valutazione della Corte territoriale in punto di prevedibilità dell’evento; ha argomentato che, sempre sulla base delle risultanze istruttorie, la causa del sinistro era da addebitare al vizio strutturale del mezzo, a propria volta non riscontrato dai soggetti incaricati del precedente rilascio delle omologazioni e delle certificazioni; con conseguente irrilevanza, in mancanza di prevedibilità ed evitabilità dell’evento, della violazione delle regole cautelari indicate nelle sentenze di merito.

3. Il Procuratore generale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi.

La responsabile civile ha concluso per l’accoglimento del proprio ricorso. 

Considerato in diritto

1. I ricorsi devono essere accolti, sulla base della assorbente valutazione di fondatezza dei motivi attinenti al vizio di omessa motivazione.

2. Con i primi due motivi del ricorso proposto per conto dello S. nonché nell’ambito del primo motivo di ricorso proposto per conto del T. e della Impresa Edile C.R. S.r.l. è stata complessivamente dedotta la violazione delle regole di giudizio imposte al giudice dell’impugnazione qualora lo stesso, in relazione alle disposizioni contenute nell’art. 578 c.p.p., abbia dichiarato l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione, conoscendo quindi dell’impugnazione stessa ai soli effetti dell’azione civile.

Va quindi fatto richiamo, sulla relativa tematica, ai principi espressi da Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, la quale ha enunciato che “allorquando, ai sensi dell’art. 578 c.p.p., il giudice di appello – intervenuta una causa estintiva del reato – è chiamato a valutare il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili per la presenza della parte civile, il proscioglimento nel merito prevale sulla causa estintiva, pur nel caso di accertata contraddittorietà o insufficienza della prova“, accordandosi quindi al giudice dell’appello il potere di addivenire a una pronuncia assolutoria all’esito di una valutazione del compendio probatorio operata secondo la regola di giudizio dettata dall’art. 533 c.p.p., comma 1, ovvero quella della necessaria sussistenza di una responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio pur dovendosi esaminare la fondatezza della domanda risarcitoria ai soli fini civilistici.

D’altra parte, con notazione fondamentale ai fini che qui rilevano, le successive pronunce delle sezioni semplici – nell’uniformarsi al dictum delle Sezioni Unite – hanno chiarito che, in presenza di una causa estintiva del reato, motivi di impugnazione dell’imputato devono essere esaminati comunque compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna al risarcimento del danno solo in ragione della mancanza di prova dell’innocenza dell’imputato, secondo quanto previsto dall’art. 129 c.p.p., comma 2, (Sez. 6, n. 4855 del 7/1/2010, D., Rv. 246138; Sez. 6, n. 16155 del 20/3/2013, G., Rv. 255666).

Ancora, più recentemente, è stato ribadito che all’esito del giudizio, il proscioglimento nel merito non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità, salvo il caso in cui il giudice, in sede di appello, quando sia sopravvenuta una causa estintiva del reato, sia chiamato ad apprezzare, ai sensi dell’art. 578 c.p.p. il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civili, nel qual caso non può limitarsi a farlo secondo il criterio di economia processuale dettato dall’art. 129 c.p.p. ma lo deve valutare secondo gli ordinari criteri di esaustività e completezza dello scrutinio giurisdizionale (così in motivazione, Sez. 4, n. 20568 del 11/4/2018, D.L., Rv. 273259; conf. Sez. 4 – n. 53354 del 21/11/2018, Z., Rv. 274497).

Tali conclusioni, a propria volta, appaiono del tutto coerenti con le argomentazioni contenute nel citato arresto delle Sezioni Unite; le quali hanno sottolineato che, in assenza della parte civile, il proscioglimento nel merito a norma dell’art. 129 c.p.p., comma 2, comma 2, è consentito al giudice solo quando emergano dagli atti, in modo assolutamente non contestabile, delle circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato o la sua rilevanza penale, in modo tale che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo sia incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento; il tutto secondo ragioni di economia processuale che vengono però meno in presenza della parte civile, in quanto, in tal caso, il giudice penale, pur in presenza di un reato prescritto, è comunque chiamato a valutare i motivi d’impugnazione proposti dall’imputato compiutamente, non potendosi dare conferma alla condanna al risarcimento del danno in ragione della mancanza di prova dell’innocenza dell’imputato, secondo quanto previsto dall’art. 129 c.p.p., comma 2.

Va altresì sottolineato che le suddette argomentazioni in punto di compiutezza dello scrutinio demandato al giudice d’appello che dichiari la sussistenza di una causa estintiva del reato e debba giudicare ai fini dell’azione civile, non hanno punti di interferenza con la questione recentemente rimessa da questa Sezione alle Sezioni Unite (con ordinanza del 12/07/2023), riguardando la questione medesima il profilo della regola di giudizio da osservare da parte del giudice d’appello – se quella dell’oltre ragionevole dubbio ovvero quella propria della causalità civilistica del “più probabile che non” o della “probabilità prevalente” alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 182 del 07/07/2021.

3. Di contenuto rilevante ai fini dell’odierno thema decidendum è altresì la giurisprudenza di legittimità in punto di integrazione reciproca tra gli apparati motivazionali della sentenza di primo e di secondo grado.

Sul punto, costituisce principio consolidato quello in base al quale il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, A.; Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, Z., Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, V.; Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, G., Rv. 266617, tra le altre).

Il predetto principio, peraltro, trova un limite nell’onere di necessario confronto gravante sul giudice di secondo grado rispetto ai motivi di impugnazione, qualora gli stessi siano – a propria volta – rispondenti ai necessari requisiti di specificità (come individuati nella giurisprudenza e, in particolare, da Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, G., Rv. 268822); situazione in presenza della quale il giudice d’appello non può limitarsi a operare – esplicitamente o implicitamente – un rinvio per relationem a quanto statuito della sentenza di primo grado ma ha l’onere di confrontarsi con le ragioni del gravame.

Sul punto, in particolare è stato rilevato che “a fronte di motivi di appello specifici, e con i quali si propongono motivate argomentazioni critiche alla ricostruzione del giudice di primo grado in punto di affermazione di responsabilità, il giudice di appello non può limitarsi a “ripetere” la motivazione di condanna ma deve, pena il difetto di motivazione sul predetto punto, rispondere a ciascuna delle contestazioni adeguatamente mosse dalla difesa con l’atto di impugnazione. Tra specificità dei motivi di appello, e specificità della motivazione di secondo grado vi è un evidente necessario parallelismo poiché alla adeguatezza dei primi a proporre censure alla sentenza di primo grado deve, necessariamente, corrispondere una motivata risposta da parte del giudice di appello che non può limitarsi a riprodurre le argomentazioni svolte dal giudice di primo grado e rispetto alle quali quelle critiche sono state svolte” (così, in motivazione, Sez. 2, n. 56395 del 23/11/2017, F., Rv. 271700); conseguendone che la sentenza di appello confermativa della decisione di primo grado è viziata per carenza di motivazione se si limita a riprodurre la decisione confermata dichiarando in termini apodittici e stereotipati di aderirvi, senza dare conto degli specifici motivi di impugnazione che censurino in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado e senza argomentare sull’inconsistenza o sulla non pertinenza degli stessi, non potendosi in tal caso evocare lo schema della motivazione per relationem (Sez. 6, n. 49754 del 21/11/2012, C., Rv. 254102; Sez. 4, n. 6779 del 18/12/2013, dep.2014, B., Rv. 259316; Sez. 3, n. 27416 del 01/04/2014, M., Rv. 259666); così come va considerata apparente la motivazione del giudice di appello che, a fronte di una specifica contestazione contenuta nei motivi di impugnazione, si limiti ad affermare che le argomentazioni contenute nella sentenza di primo grado sono condivisibili, senza nemmeno indicare i passaggi motivazionali della medesima sentenza che possano confutare le censure proposte (Sez. 6, n. 43972 del 01/10/2013, B., Rv. 256922; Sez. 2, n. 52617 del 13/11/2018, D.S., Rv. 274719).

4. Nel caso di specie, quindi, a fronte di atti di appello che, pur diversamente articolati per estensione ed approfondimento delle censure, ponevano tutti censure specifiche a punti determinanti della decisione di primo grado, la Corte territoriale si è limitata ad affermazioni di rango sostanzialmente apodittico e prive di un effettivo confronto con le questioni poste negli atti di impugnazione.

In particolare, a proposito della questione posta dalla difesa dello S. nel relativo motivo di appello – e relativa all’effettiva conclusione del dedotto contratto di subappalto con la Impresa Edile C.R. S.r.l., elemento di fatto posto alla base della valutazione di colpevolezza del socio responsabile della I.T. s.n.c., quale subappaltatrice finale dei lavori – la Corte territoriale si è limitata ad affermare apoditticamente la sussistenza del contratto medesimo e a fare riferimento alla circostanza che all’interno del cantiere fosse presente personale della I.T., in tale modo omettendo qualsiasi effettivo confronto dialettico con le questioni poste dalla difesa, anche in riferimento alla dedotta inutilizzabilità del contratto acquisito agli atti nel corso del giudizio di primo grado.

D’altra parte, in relazione alle questioni poste negli atti di appello presentati dal T. e dalla responsabile civile Impresa Edile C.R. – attinenti specificamente all’assenza di evitabilità dell’evento in ragione della serie causale autonoma determinata dai difetti strutturali della piattaforma – la Corte si è limitata a un tautologico richiamo ai profili di colpa ravvisati dal giudice di primo grado in ordine al mancato approntamento del piano per la sicurezza aggiungendo che “la sequenza causale sopra indicata ed evidenziata quale profilo di colpa specifica a carico degli appellanti, assorbe la rilevanza della materia delle carenze strutturali intrinseche della piattaforma”.

Va quindi rilevato che – fatta la premessa in base alla quale la motivazione della sentenza di primo grado era particolarmente articolata – tuttavia la presenza di motivi specifici, giudicati a monte come ammissibili, rendeva necessaria una risposta puntuale, anche in considerazione del fatto che la sentenza di appello non contiene neanche un espresso rinvio per relationem a specifici punti della sentenza impugnata.

La motivazione della sentenza d’appello, che invece si è limitata a ritenere infondati i motivi di impugnazione sulla base di una sostanziale e acritica adesione a quanto statuito nella sentenza impugnata, perfeziona quindi una fattispecie di motivazione apparente e quindi mancante; atteso che, sulla base di principi prima riassunti, la peculiarità della motivazione d’appello e’, infatti, proprio e solo il confronto con le deduzioni degli atti di impugnazione, la cui sola palese genericità, determinandone l’intrinseca originaria inammissibilità renderebbe irrilevante la pur omessa trattazione del contenuto del motivo e la conseguente risposta argomentativa; adeguato confronto, come detto, necessario anche nell’ipotesi in cui la trattazione dei motivi di impugnazione sia conseguente a una pronuncia di estinzione determinata dalla sopravvenuta prescrizione.

5. In conclusione, la sentenza dev’essere annullata e il giudice civile competente – cui va rinviato il giudizio ai sensi dell’art. 622 c.p.p. provvederà a motivare ex novo su tutti i motivi dedotti con i rispettivi atti di appello adeguandosi alle predette considerazioni in punto di diritto. 

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello.