CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza 16 giugno 2016, n. C-351/14
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – ACCORDO QUADRO RIVEDUTO BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP E CES SUL CONGEDO PARENTALE – RITORNO DAL CONGEDO DI MATERNITA’ DI UNA SOCIA LAVORATRICE – DOMANDA DI RIDUZIONE E DI MODIFICA DELL’ORARIO DI LAVORO – SOCIO DI COOPERATIVA – IRRICEVIBILITA’
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della clausola 1, punto 2, della clausola 6, punto 1, e della clausola 8, punto 2, dell’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale, concluso il 18 giugno 2009 (in prosieguo: l’«accordo quadro riveduto»), di cui all’allegato della direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell’8 marzo 2010, che attua l’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE (GU 2010, L 68, pag. 13).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Estrella Rodríguez Sánchez e la Consum Sociedad Cooperativa Valenciana (in prosieguo: la «Consum SCV») in merito al diniego opposto da quest’ultima alla domanda della sig.ra Rodríguez Sánchez di ottenere una modifica del suo orario di lavoro.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3 La direttiva 2010/18 ha abrogato, con effetto a partire dall’8 marzo 2012, la direttiva 96/34/CE del Consiglio, del 3 giugno 1996, concernente l’accordo quadro sul congedo parentale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU 1996, L 145, pag. 4).
4 L’articolo 1 della direttiva 2010/18 enuncia quanto segue:
«La presente direttiva attua l’accordo quadro riveduto sul congedo parentale (…)».
5 L’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva così dispone:
«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro l’8 marzo 2012 o si accertano che entro tale data le parti sociali attuino le disposizioni necessarie mediante accordo. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
(…)».
6 Il preambolo dell’accordo quadro riveduto enuncia in particolare quanto segue:
«Il presente accordo quadro (…) rappresenta una revisione dell’accordo quadro sul congedo parentale concluso il 14 dicembre 1995, che stabilisce prescrizioni minime sul congedo parentale, inteso quale importante strumento per conciliare vita professionale e responsabilità familiari e per promuovere la parità di opportunità e di trattamento tra gli uomini e le donne.
(…)
I. Osservazioni generali
(…)
3. vista la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, in particolare gli articoli 23 e 33 relativi alla parità tra uomini e donne e alla conciliazione di vita professionale, vita privata e vita familiare;
(…)
15. considerando che il presente accordo è un accordo quadro che stabilisce prescrizioni minime e disposizioni sul congedo parentale, distinto dal congedo di maternità, e sull’assenza dal lavoro per cause di forza maggiore e rinvia agli Stati membri e alle parti sociali per la determinazione delle condizioni di accesso e delle modalità di applicazione, affinché si tenga conto della situazione di ciascuno Stato membro;
(…)»
7 La clausola 1, punto 2, dell’accordo quadro riveduto enuncia quanto segue:
«Il presente accordo si applica a tutti i lavoratori, di ambo i sessi, aventi un contratto o un rapporto di lavoro definito dalle leggi, dai contratti collettivi e/o dalle prassi vigenti in ciascuno Stato membro».
8 Ai sensi della clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro riveduto:
«Il presente accordo attribuisce ai lavoratori di ambo i sessi il diritto individuale al congedo parentale per la nascita o l’adozione di un figlio, affinché possano averne cura fino a una determinata età, non superiore a otto anni, che deve essere definita dagli Stati membri e/o dalle parti sociali».
9 La clausola 3, punto 1, dell’accordo quadro riveduto enuncia quanto segue:
«Le condizioni di accesso e le modalità di applicazione del congedo parentale sono definite per legge e/o mediante contratti collettivi negli Stati membri, nel rispetto delle prescrizioni minime del presente accordo. (…)
(…)».
10 La clausola 6 dell’accordo quadro riveduto, intitolata «Ripresa dell’attività professionale», al punto 1 dispone che:
«Al fine di promuovere una migliore conciliazione, gli Stati membri e/o le parti sociali prendono le misure necessarie per garantire ai lavoratori che tornano dal congedo parentale la possibilità di richiedere modifiche dell’orario lavorativo e/o dell’organizzazione della vita professionale per un periodo determinato. I datori di lavoro prendono in considerazione tali richieste e vi rispondono alla luce delle proprie esigenze e di quelle dei lavoratori.
Le modalità di applicazione del presente paragrafo sono determinate conformemente alle leggi, agli accordi collettivi e/o alle prassi nazionali».
11 La clausola 8 dell’accordo quadro riveduto, intitolata «Disposizioni finali», prevede in particolare che:
«(…)
2. L’attuazione delle disposizioni del presente accordo non costituisce una giustificazione valida per la riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori nel settore disciplinato dal presente accordo. Resta impregiudicato il diritto degli Stati membri e/o delle parti sociali di stabilire con l’evolversi della situazione (compresa l’introduzione della non trasferibilità) disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali diverse, purché le prescrizioni minime previste nel presente accordo siano rispettate.
(…)
4. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla decisione del Consiglio entro due anni dall’adozione della decisione ovvero si accertano che le parti sociali adottino le disposizioni necessarie mediante accordi prima della fine di tale periodo. (…)
(…)».
Diritto spagnolo
12 Il giudice del rinvio indica che la direttiva 2010/18 non ha dato luogo a misure di trasposizione specifiche nell’ordinamento giuridico spagnolo. La Commissione precisa nelle sue osservazioni che il Regno di Spagna le ha comunicato che la trasposizione di detta direttiva era già assicurata dalle disposizioni del Real Decreto Legislativo 1/1995, por el que se aprueba el texto refundido de la Ley des Estatudo de los Trabajadores (regio decreto legislativo n. 1/1995, recante approvazione del testo codificato della legge sullo Statuto dei lavoratori), del 24 marzo 1995 (BOE n. 75 del 29 marzo 1995, pag. 9654; in prosieguo: lo «Statuto dei lavoratori»).
Lo Statuto dei lavoratori
13 Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, dello Statuto dei lavoratori:
«La presente legge si applica a coloro che prestano volontariamente servizio a titolo oneroso a favore di un terzo all’interno di un’organizzazione e sotto la direzione di un’altra persona, fisica o giuridica, denominata datore di lavoro o imprenditore. (…)».
14 La Ley 39/1999, para promover la conciliación de la vida familiar y laboral de las personas trabajadoras (legge n. 39/1999, intesa a promuovere la conciliazione della vita familiare e professionale dei lavoratori), del 5 novembre 1999 (BOE n. 266, del 6 novembre 1999, pag. 38934), ha apportato diverse modifiche allo Statuto dei lavoratori.
15 Il preambolo di detta legge contiene, in particolare, le seguenti precisazioni:
«(…) nell’ambito comunitario, la maternità e la paternità, nel loro senso più ampio, sono menzionate nelle direttive [92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (GU 1992, L 348, pag. 1), e 96/34]. La prima riguarda la maternità sotto il profilo della salute e della sicurezza sul lavoro delle lavoratici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento. La seconda, relativa all’accordo quadro sul congedo parentale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES, prevede il congedo parentale e l’assenza dal lavoro per cause di forza maggiore quali strumenti importanti per conciliare la vita professionale e la vita familiare e promuovere la parità di opportunità e di trattamento tra uomini e donne.
La presente legge garantisce la trasposizione nel diritto spagnolo degli orientamenti definiti dalle normative internazionale e comunitaria assicurando un livello di tutela superiore a quello minimo previsto da tali orientamenti. (…)».
16 A seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 39/1999 allo Statuto dei lavoratori, l’articolo 37, paragrafi 5 e 6, di quest’ultimo dispone quanto segue:
«5. Chiunque si occupi direttamente, per motivi di tutela legale, di un minore di età inferiore a sei anni (…) ha diritto a una riduzione dell’orario di lavoro pari nel minimo a un terzo e nel massimo alla metà della durata del medesimo, con corrispondente riduzione della retribuzione. (…)
6. La concreta configurazione dell’orario e la determinazione del periodo di applicazione (…) della riduzione dell’orario di lavoro, previst[a] [al paragrafo 5] del presente articolo, spettano al lavoratore nell’ambito del suo orario di lavoro ordinario. (…)».
17 La legge n. 39/1999 contiene una «Prima disposizione addizionale» così formulata:
«Possono avvalersi dei benefici previsti dalla presente legge i soci lavoratori o lavoratori associati delle società cooperative, nonché i lavoratori delle società di lavoratori associati nei periodi di congedo di maternità, di rischio durante la gravidanza, di adozione e di affido, indipendentemente dal regime di iscrizione alla previdenza sociale nel quale rientrano, con le particolarità proprie di un rapporto societario».
18 La Ley Orgánica 3/2007, para la igualdad efectiva de mujeres y hombres (legge organica n. 3/2007, in favore dell’uguaglianza effettiva tra donne e uomini), del 22 marzo 2007 (BOE n. 71, del 23 marzo 2007, pag. 12611), ha, a sua volta, modificato lo Statuto dei lavoratori.
19 In seguito a dette modifiche, l’articolo 34, paragrafo 8, dello Statuto dei lavoratori, così dispone:
«Il lavoratore ha il diritto di modificare la durata e la distribuzione dell’orario di lavoro per rendere effettivo il diritto di conciliare vita personale, vita familiare e vita professionale, secondo le modalità stabilite nel contratto collettivo o concordate con il datore di lavoro nel rispetto, in ogni caso, di quanto previsto dal contratto collettivo».
20 Ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 4, dello Statuto dei lavoratori:
«In caso di parto il contratto è sospeso per una durata ininterrotta di sedici settimane (…). Il periodo di sospensione è ripartito a discrezione dell’interessata, purché almeno sei settimane seguano immediatamente il parto. (…)».
La normativa sulle cooperative
La legge n. 8/2003 della Comunità autonoma di Valencia sulle cooperative
21 Ai sensi dell’articolo 89 della Ley 8/2003 de Cooperativas de la Comunidad Valenciana (legge n. 8/2003 della Comunità autonoma di Valencia sulle cooperative), del 24 marzo 2003 (BOE n. 87, dell’11 aprile 2003, pag. 14308):
«1. Sono cooperative di lavoro associato le cooperative che associano persone fisiche che, mediante l’apporto del loro lavoro, a tempo parziale o a tempo pieno, esercitano un’attività economica o professionale di produzione di beni o servizi destinati a terzi. Possono essere soci lavoratori coloro che sono in possesso della capacità giuridica di concludere contratti aventi ad oggetto la prestazione del loro lavoro (…).
(…)
3. Il rapporto dei soci lavoratori con la loro cooperativa è un rapporto societario e pertanto gli statuti sociali, il regolamento interno o l’assemblea generale devono definire lo statuto professionale del socio, in cui dovranno essere disciplinate quanto meno le seguenti materie:
a) la forma di organizzazione della prestazione di lavoro;
b) la mobilità funzionale e/o geografica;
c) la classificazione professionale;
d) il regime delle festività, delle ferie e dei congedi;
e) la durata del lavoro, i turni ed il riposo settimanale;
f) le cause di sospensione o di estinzione del rapporto di lavoro;
g) gli anticipi societari: (…)
h) gli altri diritti e obblighi dei soci che la cooperativa ritenga opportuno definire in materia di prestazione di lavoro.
In ogni caso, la disciplina definita dagli statuti sociali in ordine a durata del lavoro, riposo settimanale, festività, ferie, congedi e cause di sospensione o estinzione del rapporto di lavoro deve rispettare le prescrizioni minime della normativa nazionale sulle cooperative.
(…)
Per tutte le questioni relative alle cooperative di lavoro associato non espressamente disciplinate dalla presente legge, il rapporto cooperativo è regolato in via suppletiva dalle disposizioni previste in tale materia dalla normativa statale sulle cooperative».
– La legge n. 27/1999 sulle cooperative
22 L’articolo 80 della Ley 27/1999 de Cooperativas (legge n. 27/1999 sulle cooperative), del 16 luglio 1999 (BOE n. 170, del 17 luglio 1999, pag. 27027), enuncia in particolare quanto segue:
«1. Sono cooperative di lavoro associato le cooperative che hanno lo scopo di procurare posti di lavoro ai loro soci, mediante la prestazione di lavoro personale e diretto, a tempo parziale o a tempo pieno, attraverso l’organizzazione comune della produzione di beni o servizi per terzi. (…) Il rapporto dei soci lavoratori con la cooperativa è un rapporto societario.
(…)
4. I soci lavoratori hanno il diritto di percepire periodicamente, entro un termine non superiore a un mese, versamenti denominati “anticipi societari”, effettuati a titolo di utili della cooperativa, che non sono retribuzioni e sono connessi alla partecipazione all’attività cooperativa.
5. I luoghi di lavoro dei soci lavoratori e i soci stessi sono soggetti alle norme in materia di salute e prevenzione dei rischi sul lavoro, che si applicano tenendo conto delle particolarità del rapporto societario e autogestito intercorrente tra i soci lavoratori e la loro cooperativa.
(…)».
Il regolamento interno della Consum SCV
23 Ai sensi dell’articolo 14.7 del regolamento interno della Consum SCV:
«Il socio lavoratore ha il diritto di adeguare la durata e la distribuzione dell’orario di lavoro per rendere effettivo il suo diritto di conciliare vita personale, vita familiare e vita professionale, secondo le modalità concordate con il responsabile dell’unità produttiva interessata; in caso di mancato accordo, il comitato sociale, sentite le parti, dirime la questione vagliando soluzioni alternative che consentano di rendere effettivo tale diritto».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
24 La Consum SCV è una società cooperativa ai sensi della legge n. 8/2003. Dispone di una rete di supermercati ed il suo oggetto sociale consiste, in particolare, nel procurare ai suoi soci lavoratori posti di lavoro stabili al suo interno.
25 La sig.ra Rodríguez Sánchez è una socia lavoratrice della Consum SCV, assegnata al reparto «casse/scaffali» di un centro commerciale. Il 25 giugno 2012 essa ha concluso con la Consum SCV un contratto societario soggetto agli statuti della società e, in particolare, al regolamento interno della medesima. Il suo orario di lavoro era così ripartito, nell’ambito di turni settimanali a rotazione: un turno della mattina, dal lunedì al sabato (dalle 8:00 alle 15:00), ed un turno pomeridiano-serale, dal lunedì al sabato (dalle 15:00 alle 22:00), nonché due domeniche al mese (dalle 8:30 alle 15:00).
26 La sig.ra Rodríguez Sánchez ha avuto un figlio il 19 agosto 2013. Al termine del congedo di maternità, il 27 dicembre 2013 essa ha presentato una domanda con la quale chiedeva, invocando la tutela legale del figlio e richiamandosi all’articolo 37, paragrafi 5 e 6, dello Statuto dei lavoratori, la riduzione del suo orario di lavoro settimanale a 30 ore e l’assegnazione al turno fisso della mattina dalle 9:00 alle 15:00, dal lunedì al venerdì.
27 Il 24 gennaio 2014, la Consum SCV ha accolto detta domanda di riduzione dell’orario di lavoro, ma ha risposto in senso sfavorevole alla seconda domanda, sostenendo che il suo accoglimento avrebbe determinato un’eccedenza di personale nel turno della mattina.
28 Nel febbraio 2014, la sig.ra Rodríguez Sánchez ha impugnato tale rifiuto dinanzi al Juzgado de lo Social n.º 33 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 33 di Barcellona).
29 Nel marzo 2014 tale giudice ha disposto la sospensione del procedimento affinché potesse essere avviato un procedimento ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 8, dello Statuto dei lavoratori. La sig.ra Rodríguez Sánchez ha quindi presentato una nuova domanda alla Consum SCV, fondata su detta disposizione e sul suo diritto di conciliare vita familiare e vita professionale, invocando a tale riguardo la necessità di adeguare il suo orario di lavoro agli orari dell’asilo del figlio.
30 La Consum SCV ha manifestato il suo consenso alla riduzione dell’orario di lavoro, ma non ha risposto alla richiesta di modifica dell’orario, né l’ha sottoposta al comitato sociale di cui all’articolo 14.7 del suo regolamento interno.
31 Il Juzgado de lo Social n.º 33 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 33 di Barcellona) fa presente che la controversia tra le parti è attualmente limitata alla sola questione dell’eventuale modifica dell’orario di lavoro e della sua distribuzione ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 8, dello Statuto dei lavoratori, dato che la riduzione dell’orario, dal canto suo, è acquisita in virtù dell’articolo 37, paragrafo 5, del medesimo Statuto.
32 In tale contesto, detto giudice si chiede se la clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro riveduto possa influire sulla soluzione della controversia di cui esso è investito.
33 Tale giudice dichiara che, in tale prospettiva, occorrerebbe in primo luogo determinare se il rapporto che lega un socio lavoratore ad una cooperativa rientri nell’ambito di applicazione dell’accordo quadro riveduto, quale definito dalla clausola 1, punto 2, di detto accordo.
34 In secondo luogo, il giudice del rinvio rileva che, qualora si dovesse ritenere che il rapporto in questione non costituisca un contratto oppure un rapporto di lavoro ai sensi di detta clausola 1, punto 2, occorrerebbe allora domandarsi quale sia la portata della clausola 8, punto 2, del medesimo accordo quadro. Infatti, poiché dalla prima disposizione addizionale della legge n. 39/1999 risulta che il legislatore spagnolo ha esteso ai soci lavoratori il beneficio dell’accordo quadro sul congedo parentale allegato alla direttiva 96/34, occorrerebbe determinare se il fatto di ritornare su tale estensione in sede di attuazione dell’accordo quadro riveduto possa determinare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori, in violazione della clausola 8, punto 2, di quest’ultimo.
35 In terzo luogo, supponendo che la clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro riveduto sia applicabile ad una situazione come quella di cui al procedimento principale, il giudice del rinvio si domanda se tale clausola sia stata correttamente trasposta nel diritto interno alla luce dell’articolo 34, paragrafo 8, dello Statuto dei lavoratori, e dell’articolo 14, paragrafo 7, del regolamento interno della Consum SCV.
36 In quarto ed ultimo luogo, nel caso in cui dalla risposta all’interrogativo precedente risultasse che la clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro riveduto non sia stata correttamente trasposta, ci si dovrebbe porre l’ulteriore questione di stabilire se tale clausola possa beneficiare di un effetto diretto orizzontale in considerazione, da un lato, del fatto che detta clausola stabilisce obblighi chiari e, dall’altro, che tale accordo quadro riveduto costituisce uno strumento di attuazione del principio generale della parità di trattamento riconosciuto dagli articoli 23 e 33 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
37 Ciò premesso, il Juzgado de lo Social n. 33 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 33 di Barcellona) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se rientri nel campo di applicazione della direttiva 2010/18 relativa all’[accordo quadro riveduto], quale definito dalla clausola 1.2 [dell’accordo quadro riveduto], il rapporto tra un socio lavoratore e una cooperativa di lavoro associato ai sensi dell’articolo 80 della legge n. 27/1999 sulle cooperative e dell’articolo 89 della legge n. 8/2003 della Comunità autonoma di Valencia sulle cooperative che, pur essendo qualificato dalla normativa e dalla giurisprudenza nazionali come “societario”, potrebbe essere considerato un “contratto di lavoro” nell’ambito del diritto [dell’Unione].
In caso di risposta negativa alla prima questione, viene posta una seconda questione in subordine.
2) Se la clausola 8.2 dell’[accordo quadro riveduto], più precisamente nella parte in cui dispone che “[l]’attuazione delle disposizioni del presente accordo non costituisce una giustificazione valida per la riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori nel settore disciplinato dal presente accordo”, debba essere interpretata nel senso che, in mancanza di trasposizione esplicita della direttiva 2010/18 da parte dello Stato membro, non è possibile ridurre la portata della tutela definita da detto Stato nella trasposizione della precedente direttiva 96/34.
Solo in caso di risposta affermativa ad almeno una di queste due questioni, e supponendo che la direttiva 2010/18 sia applicabile a un rapporto di lavoro associato come quello della ricorrente, sarebbero giustificate – per i motivi che si esporranno in prosieguo – le ulteriori questioni seguenti.
3) Se la clausola 6 [dell’accordo quadro riveduto] di cui alla direttiva 2010/18 debba essere interpretata nel senso che la norma o l’accordo interno di trasposizione deve includere ed esplicitare l’obbligo dei datori di lavoro di “prendere in considerazione” e “rispondere” alle richieste dei lavoratori che tornano dal congedo parentale relative alle “modifiche dell’orario lavorativo e/o dell’organizzazione della vita professionale”, alla luce delle proprie esigenze e di quelle dei lavoratori, senza che l’obbligo di trasposizione possa essere considerato assolto mediante una norma interna, legislativa o societaria, secondo cui l’effettività di tale diritto dipende esclusivamente dalla mera discrezionalità del datore di lavoro di accogliere o meno siffatte richieste.
4) Se, in mancanza di trasposizione, si debba ritenere che la clausola 6 [dell’accordo quadro riveduto] sia dotata, alla luce dell’articolo 3 della direttiva 2010/18 e delle “disposizioni finali” di cui alla clausola 8 [dell’accordo quadro riveduto], di efficacia “diretta orizzontale” in quanto norma minima del diritto dell’Unione».
Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali
38 Come risulta dalle questioni presentate e dalle relative indicazioni contenute nella decisione di rinvio, quali sintetizzate ai punti da 31 a 36 della presente sentenza, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, che costituisce l’oggetto della terza e della quarta questione, debba essere interpretata nel senso che può influire sulla soluzione della controversia di cui è investito il giudice del rinvio. Da parte loro, la prima e la seconda questione sono volte unicamente a verificare, prima dell’esame di detta clausola, se un rapporto come quello che lega la ricorrente nel procedimento principale alla Consum SCV, della quale essa è socia lavoratrice, rientri effettivamente nell’ambito di applicazione dell’accordo quadro riveduto sia, ai sensi della prima questione, per il motivo che siffatto rapporto costituisce un contratto o un rapporto di lavoro ai sensi della clausola 1, punto 2, di detto accordo quadro, sia, ai sensi della seconda questione, nel caso in cui non sia possibile ravvisare tale qualifica, perché il rifiuto di concedere a tale socia lavoratrice il beneficio delle disposizioni dell’accordo quadro riveduto costituirebbe, nel caso di specie, una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori, proibita dalla clausola 8, punto 2, di tale accordo quadro.
39 Ebbene, occorre anzitutto ricordare che la clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro riveduto riguarda, come emerge dalla sua stessa formulazione, le situazioni nelle quali un lavoratore che «[torna] dal congedo parentale» intenda, in tale occasione, beneficiare della modifica dell’orario lavorativo e/o dell’organizzazione della vita professionale.
40 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che, nel procedimento principale, la domanda della sig.ra Rodríguez Sánchez volta all’ottenimento della riduzione e della conseguente modifica del suo orario di lavoro è stata dalla stessa presentata al suo ritorno dal congedo di maternità.
41 Alla luce di tale circostanza, la Corte, ai sensi dell’articolo 101 del suo regolamento di procedura, si è rivolta, il 10 giugno 2015, al giudice del rinvio al fine di tentare di chiarire in quale misura una risposta alle questioni poste potesse, nel caso di specie, rivelarsi effettivamente utile ai fini della soluzione della controversia principale.
42 Con ordinanza del 13 luglio 2015, adottata in risposta a tale domanda, detto giudice ha rilevato, in particolare, che il congedo al termine del quale la sig.ra Rodríguez Sánchez ha presentato la domanda summenzionata era stato preso dalla stessa in forza dell’articolo 48, paragrafo 4, dello Statuto dei lavoratori. Secondo lo stesso giudice, un congedo di maternità preso su tale base sarebbe inteso, in Spagna, parimenti come un congedo parentale di cui alla clausola 2 dell’accordo quadro riveduto.
43 A tale riguardo, occorre tuttavia rilevare che il diritto dell’Unione opera una distinzione tra la nozione di «congedo di maternità», come prevista, in particolare, nella direttiva 92/85, e quella di «congedo parentale», come utilizzata nell’accordo quadro riveduto, e che il punto 15 delle osservazioni generali di quest’ultimo precisa peraltro in modo esplicito che esso stabilisce prescrizioni minime e disposizioni sul congedo parentale, «distinto dal congedo di maternità».
44 Infatti, come già affermato dalla Corte in merito al punto 9 delle considerazioni generali dell’accordo quadro sul congedo parentale allegato alla direttiva 96/34, formulato in termini analoghi a quelli del punto 15 delle osservazioni generali dell’accordo quadro riveduto, il congedo parentale viene concesso ai genitori affinché possano prendersi cura del figlio ed è possibile usufruirne sino ad un’età determinata di quest’ultimo, non superiore a otto anni. Per quanto riguarda il congedo di maternità, esso persegue una finalità diversa. Esso mira a garantire la protezione della condizione biologica della donna e le relazioni particolari tra madre e figlio durante il periodo successivo alla gravidanza e al parto, evitando che queste relazioni siano turbate dal cumulo degli oneri derivanti dal contemporaneo svolgimento di un’attività lavorativa (v. sentenza del 14 aprile 2005, Commissione/Lussemburgo, C?519/03, EU:C:2005:234, punto 32).
45 Peraltro, occorre ricordare che nella sentenza del 19 settembre 2013, Betriu Montull (C?5/12, EU:C:2013:571), la Corte ha già avuto modo di pronunciarsi sulla qualificazione, alla luce del diritto dell’Unione, di un congedo preso da una madre al momento della nascita del proprio figlio, sulla base dell’articolo 48, paragrafo 4, dello Statuto dei lavoratori.
46 Per quanto riguarda tale congedo, la Corte ha rilevato che la direttiva 92/85 garantiva appunto, nel suo articolo 8, il diritto ad un congedo di maternità di almeno quattordici settimane ininterrotte, che includano un periodo obbligatorio di almeno due settimane ripartite prima e/o dopo il parto, conformemente alle legislazioni e/o alle prassi nazionali, ed ha ricordato che il fatto che una legislazione conceda in tal modo alle donne un congedo di maternità superiore a quattordici settimane non osta a che quest’ultimo possa comunque essere considerato un congedo di maternità di cui a detto articolo 8. La Corte ha altresì precisato, a tale riguardo, che un congedo quale quello previsto all’articolo 48, paragrafo 4, dello Statuto dei lavoratori non riguarderebbe il «congedo parentale», ai sensi della direttiva 96/34 (sentenza del 19 settembre 2013, Betriu Montull, C?5/12, EU:C:2013:571, punti 45 e 46).
47 Ebbene, le valutazioni così effettuate dalla Corte nella sentenza del 19 settembre 2013, Betriu Montull (C?5/12, EU:C:2013:571) in merito alla direttiva 96/34 ed all’accordo quadro sul congedo parentale ad essa allegato, valgono anche per quanto riguarda la direttiva 2010/18 e l’accordo quadro riveduto i quali, sotto tale profilo, come emerge dalla formulazione del punto 15 delle osservazioni generali e della clausola 2, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, non hanno introdotto elementi di novità.
48 Da tutto quanto precede risulta che la clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, che riguarda le situazioni di ripresa dell’attività professionale in seguito ad un «congedo parentale», non può essere interpretata nel senso di ricomprendere anche una situazione di ritorno da un «congedo di maternità», ai sensi della direttiva 92/85, quale quella in cui si trovava la ricorrente nel procedimento principale quando ha presentato la sua domanda di cui al punto 40 della presente sentenza.
49 Con ordinanza del 16 marzo 2016, pervenuta alla cancelleria della Corte il 17 marzo 2016, il giudice del rinvio ha peraltro comunicato alla Corte alcune osservazioni in seguito alle conclusioni dell’avvocato generale, presentate il 3 marzo 2016. In tale ordinanza, il giudice del rinvio espone le ragioni per le quali, a suo parere, la Corte non dovrebbe riformulare la terza questione nel senso indicato dall’avvocato generale nelle sue conclusioni, ma dovrebbe invece pronunciarsi su detta questione quale inizialmente formulata dallo stesso giudice del rinvio. Quest’ultimo chiede, pertanto, alla Corte di invitare l’avvocato generale a completare le sue conclusioni o, in subordine, di ammettere le sue osservazioni come chiarimenti ai sensi dell’articolo 101 del regolamento di procedura.
50 A tale riguardo, si deve anzitutto ricordare che lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e il regolamento di procedura non prevedono la possibilità, per le parti o per il giudice del rinvio, di depositare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale. Inoltre, secondo l’articolo 101 del regolamento di procedura, solo la Corte può chiedere chiarimenti al giudice del rinvio (v. sentenza del 13 maggio 2015, Rabal Cañas, C?392/13, EU:C:2015:318, punto 32).
51 Tuttavia, poiché è possibile ritenere che, con la sua ordinanza del 16 marzo 2016, il giudice del rinvio abbia in particolare inteso fornire un’integrazione ai chiarimenti da esso già presentati nella sua ordinanza del 13 luglio 2015, in risposta alla domanda di chiarimenti formulata dalla Corte nell’ambito della presente causa, occorre precisare quanto segue.
52 In detta ordinanza del 16 marzo 2016, il giudice del rinvio sembra suggerire che, poiché la domanda inizialmente formulata dalla sig.ra Rodríguez Sánchez in occasione del suo ritorno dal congedo di maternità, al fine di ottenere una modifica del suo orario di lavoro è stata seguita, nel corso del procedimento dinanzi a tale giudice, e come risulta dal punto 29 della presente sentenza, dalla reiterazione di tale domanda basata su un diverso fondamento normativo nazionale, non sarebbe più necessario, tenuto conto del tempo trascorso tra tali due domande, considerare che tale seconda domanda sia stata presentata al ritorno dal congedo di maternità della ricorrente nel procedimento principale.
53 A tale riguardo, è tuttavia necessario rilevare che, anche ammettendo che sia possibile ritenere che, in ragione del tempo trascorso tra tali due domande, la seconda non dovrebbe più essere considerata una domanda presentata in seguito al congedo di maternità, ciò nondimeno tale seconda domanda non può neppure essere considerata una domanda di modifica dell’orario lavorativo o dell’organizzazione della vita professionale presentata in seguito al ritorno «dal congedo parentale», ai sensi della clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, poiché la ricorrente nel procedimento principale non si trova in alcun modo in una situazione di «ripresa» dell’attività professionale al termine di tale congedo.
54 Vero è che secondo costante giurisprudenza, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria decisione, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v., in particolare, sentenza del 24 aprile 2012, Kamberaj, C?571/10, EU:C:2012:233, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).
55 Tuttavia, sempre secondo costante giurisprudenza, spetta alla Corte esaminare le condizioni in presenza delle quali essa viene adita dal giudice nazionale, al fine di verificare la propria competenza. Infatti, lo spirito di collaborazione che deve presiedere al funzionamento del rinvio pregiudiziale implica che il giudice nazionale, dal canto suo, tenga presente il compito affidato alla Corte, che è quello di contribuire all’amministrazione della giustizia negli Stati membri e non di esprimere pareri a carattere consultivo su questioni generali o ipotetiche (v., in particolare, sentenza del 24 aprile 2012, Kamberaj, C?571/10, EU:C:2012:233, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).
56 Infatti, la ratio giustificativa di una questione pregiudiziale non consiste nella formulazione di siffatti pareri, bensì nella necessità di dirimere concretamente una controversia (v., in particolare, sentenza dell’8 settembre 2010, Winner Wetten, C?409/06, EU:C:2010:503, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).
57 Al riguardo, il rigetto di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione richiesta del diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, oppure qualora la questione sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v. sentenza del 24 aprile 2012, Kamberaj, C?571/10, EU:C:2012:233, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
58 Per quanto concerne, in primo luogo, la terza questione, occorre ricordare che con essa si domanda, in sostanza, a quali condizioni è possibile considerare che la normativa nazionale o gli accordi tra le parti sociali assicurino una corretta trasposizione nel diritto interno della clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, e se disposizioni come l’articolo 34, paragrafo 8, dello Statuto dei lavoratori, o l’articolo 14.7 del regolamento interno della Consum SCV, soddisfino tali condizioni.
59 È stato tuttavia già rilevato, ai punti 48 e 53 della presente sentenza, che è evidente che una situazione come quella in cui si trova la ricorrente nel procedimento principale non rientra nell’ambito di applicazione della clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, del quale il giudice del rinvio chiede così l’interpretazione, cosicché non risulta chiaro come una risposta da parte della Corte a tale terza questione possa in qualche modo influire sull’esito del procedimento principale.
60 Vero è che a tale riguardo è possibile rammentare che la Corte si è ripetutamente dichiarata competente a statuire su domande di pronuncia pregiudiziale vertenti su disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni in cui i fatti del procedimento principale si collocavano sì al di fuori dell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, ma le disposizioni di detto diritto erano state rese applicabili dal diritto nazionale in forza di un rinvio operato da quest’ultimo al loro contenuto (v., in particolare, sentenza del 18 ottobre 2012, Nolan, C?583/10, EU:C:2012:638, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).
61 La Corte ha infatti dichiarato che, quando una normativa nazionale si conforma, per le soluzioni che apporta a situazioni non rientranti nell’ambito di applicazione dell’atto dell’Unione considerato, a quelle adottate dal suddetto atto, sussiste un interesse certo dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni riprese da tale atto ricevano un’interpretazione uniforme (v., in particolare, sentenza del 18 ottobre 2012, Nolan, C?583/10, EU:C:2012:638, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).
62 Pertanto, un’interpretazione, da parte della Corte, di disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni non rientranti nell’ambito di applicazione di quest’ultimo si giustifica quando tali disposizioni sono state rese applicabili a siffatte situazioni dal diritto nazionale in modo diretto e incondizionato, al fine di assicurare un trattamento identico a dette situazioni e a quelle rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenza del 18 ottobre 2012, Nolan, C?583/10, EU:C:2012:638, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).
63 Nel caso di specie, tuttavia, non risulta in alcun modo dalla motivazione della decisione di rinvio, e neppure dalle precisazioni fornite dal giudice del rinvio in risposta alla domanda di chiarimenti della Corte, menzionata al punto 41 della presente sentenza, che la stessa cosa si verifichi, nel diritto spagnolo, riguardo alla clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, rispetto ad una situazione come quella nella quale si trova la ricorrente nel procedimento principale.
64 Per quanto riguarda, in particolare, l’articolo 34, paragrafo 8, dello Statuto dei lavoratori, la cui applicazione, come sottolinea il giudice del rinvio e come è stato ricordato al punto 31 della presente sentenza, è al centro della controversia nel procedimento principale, il medesimo giudice afferma, nella sua ordinanza del 16 marzo 2016, menzionata al punto 49 della presente sentenza, che detta disposizione nazionale, che il governo spagnolo ritiene abbia reso superflua la trasposizione nel diritto nazionale della clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, non subordina la possibilità di usufruire del diritto che istituisce alla ripresa del lavoro dopo il congedo parentale, condizione questa che sarebbe comprensibile nel caso in cui il congedo parentale venga preso a tempo parziale.
65 A tale riguardo, si deve osservare che detta disposizione nazionale, che è stata introdotta nello Statuto dei lavoratori dalla legge organica n. 3/2007 in favore dell’uguaglianza effettiva tra donne e uomini, del 22 marzo 2007, ossia più di due anni prima della conclusione dell’accordo quadro riveduto, non riguarda in maniera specifica situazioni di ritorno dai congedi, ma istituisce, in via generale, il diritto per tutti i lavoratori di modificare la durata e la distribuzione dell’orario di lavoro per rendere effettivo il diritto di conciliare vita personale, vita familiare e vita professionale, secondo modalità da stabilirsi in un contratto collettivo o da concordarsi con il datore di lavoro.
66 In tali circostanze, si deve necessariamente rilevare che l’affermazione del giudice del rinvio menzionata al punto 64 della presente sentenza non è sufficiente a dimostrare che la clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, relativa alla possibilità per i lavoratori di richiedere la modifica dell’orario di lavoro in occasione del loro ritorno dal congedo parentale, sarebbe stata resa applicabile in modo diretto ed incondizionato, da una disposizione di diritto spagnolo che rinvia a tale clausola, alle situazioni di ritorno dal congedo di maternità o ad altre situazioni che non riguardano il ritorno da un congedo parentale, e che la normativa nazionale avrebbe in tal modo inteso conformarsi, per le soluzioni che apporta a siffatte situazioni non rientranti nell’ambito di applicazione di detta disposizione di diritto dell’Unione, a quelle adottate da quest’ultima disposizione, al fine di assicurare un trattamento identico a dette situazioni e a quelle rientranti in tale ambito di applicazione.
67 Pertanto, tenuto conto della circostanza, precedentemente rilevata, che una situazione come quella nella quale si trova la ricorrente nel procedimento principale non rientra nell’ambito di applicazione della clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro riveduto, ed in considerazione della giurisprudenza ricordata ai punti da 55 a 57 della presente sentenza, la terza questione, riguardante detta clausola 6, punto 1, deve essere dichiarata irricevibile.
68 Per quanto riguarda, in secondo luogo, la quarta questione, occorre rilevare che, poiché risulta in tal modo chiaro che la clausola 6, punto 1, dell’accordo quadro riveduto non è in alcun modo destinata a trovare applicazione in presenza di una situazione come quella di cui al procedimento principale, sarebbe irrilevante, ai fini della soluzione della controversia principale, una risposta a detta questione, con la quale si chiede, in sostanza, se il diritto dell’Unione debba essere interpretato nel senso che, in assenza di misure nazionali di trasposizione di tale clausola, quest’ultima possa beneficiare della cosiddetta efficacia diretta «orizzontale».
69 Infatti, anche supponendo che tale efficacia diretta orizzontale debba essere riconosciuta a detta disposizione, resterebbe comunque il fatto che, non trovandosi la ricorrente nel procedimento principale in una situazione rientrante nell’ambito di applicazione della medesima disposizione, l’interessata non potrebbe avvalersi di tale efficacia.
70 Ne consegue che, in considerazione della giurisprudenza ricordata ai punti da 55 a 57 della presente sentenza, la quarta questione deve essere dichiarata irricevibile.
71 Infine, poiché la prima e la seconda questione, relative, rispettivamente, alla clausola 1, punto 2, e alla clausola 8, punto 2, dell’accordo quadro riveduto, sono state poste, a loro volta, come già rilevato al punto 38 della presente sentenza, dal giudice del rinvio unicamente in previsione di un’eventuale applicazione della clausola 6, punto 1, del medesimo accordo quadro nell’ambito del procedimento principale, non occorre, nel caso di specie, neppure fornire una risposta a tali questioni. Infatti, tenuto conto dell’irricevibilità della terza e della quarta questione, riguardanti la clausola 6, punto 1, non è chiaro in che modo una risposta a tali due prime questioni potrebbe, nel caso di specie, ancora avere una qualche influenza sull’esito del procedimento principale, e neppure, di conseguenza, in che misura tali questioni manterrebbero un rapporto con la realtà effettiva e con l’oggetto della controversia, cosicché dette questioni, in applicazione della giurisprudenza ricordata ai punti da 55 a 57 della presente sentenza, devono essere a loro volta dichiarate irricevibili.
72 Da tutte le considerazioni che precedono deriva che la presente domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata irricevibile.
Sulle spese
73 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
La domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Juzgado de lo Social n. 33 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 33 di Barcellona, Spagna) è irricevibile.