CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza 22 giugno 2017, n. C-126/16

“Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2001/23/CE – Articoli da 3 a 5 – Trasferimenti d’impresa – Mantenimento dei diritti dei lavoratori – Eccezioni – Procedura d’insolvenza – “pre-pack” – Sopravvivenza di un’impresa”

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli da 3 a 5 della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti (GU 2001, L 82, pag. 16).

2. Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia fra, da un lato, la Federatie Nederlandse Vakvereniging (in prosieguo: la “FNV”), una organizzazione sindacale dei Paesi Bassi, nonché le sig.re Karin van den Burg-Vergeer, Lyoba Tanja Alida Kukupessy, Danielle Paase-Teeuwen, Astrid Johanna Geertruda Petronelle Schenk e, dall’altro, la Smallsteps BV, in merito alla constatazione di un trasferimento di rapporti di lavoro verso tale società.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3. La direttiva 2001/23 costituisce la codificazione della direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del 14 febbraio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti (GU 1977, L 61, pag. 26), come modificata dalla direttiva 98/50/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998 (GU 1998, L 201, pag. 88).

4. Il considerando 3 della direttiva 2001/23 è formulato come segue:

“Occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti”.

5. L’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2001/23 dispone quanto segue:

“La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione”.

6. L’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva così enuncia:

“I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario”.

7. L’articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva così prevede:

“Il trasferimento di un’impresa, di uno stabilimento o di una parte di impresa o di stabilimento non è di per sé motivo di licenziamento da parte del cedente o del cessionario. Tale dispositivo non pregiudica i licenziamenti che possono aver luogo per motivi economici, tecnici o d’organizzazione che comportano variazioni sul piano dell’occupazione”.

8. Ai sensi dell’articolo 5 della stessa direttiva:

“1. A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, gli articoli 3 e 4 non si applicano ad alcun trasferimento di imprese, stabilimenti o parti di imprese o di stabilimenti nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolgono sotto il controllo di un’autorità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un’autorità pubblica competente).

2. Quando gli articoli 3 e 4 si applicano ad un trasferimento nel corso di una procedura di insolvenza aperta nei confronti del cedente (indipendentemente dal fatto che la procedura sia stata aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso) e a condizione che tali procedure siano sotto il controllo di un’autorità pubblica competente (che può essere un curatore fallimentare determinato dal diritto nazionale), uno Stato membro può disporre che:

a) nonostante l’articolo 3, paragrafo 1, gli obblighi del cedente risultanti da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro e pagabili prima dei trasferimento o prima dell’apertura della procedura di insolvenza non siano trasferiti al cessionario, a condizione che tali procedure diano adito, in virtù della legislazione dello Stato membro, ad una protezione almeno equivalente a quella prevista nelle situazioni contemplate dalla direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro [GU 1980, L 283, pag. 23];

e/o

b) il cessionario, il cedente o la persona o le persone che esercitano le funzioni del cedente, da un lato, e i rappresentanti dei lavoratori, dall’altro, possano convenire, nella misura in cui la legislazione o le prassi in vigore lo consentano, modifiche delle condizioni di lavoro dei lavoratori intese a salvaguardare le opportunità occupazionali garantendo la sopravvivenza dell’impresa, dello stabilimento o di parti di imprese o di stabilimenti.

3. Uno Stato membro ha facoltà di applicare il paragrafo 2, lettera b) a trasferimenti in cui il cedente sia in una situazione di grave crisi economica quale definita dal diritto nazionale, purché tale situazione sia dichiarata da un’autorità pubblica competente e sia aperta al controllo giudiziario, a condizione che tali disposizioni fossero già in vigore nel diritto nazionale il 17 luglio 1998.

(…)

4. Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti al fine di impedire che l’abuso delle procedure di insolvenza privi i lavoratori dei diritti loro riconosciuti a norma della presente direttiva”.

 Il diritto dei Paesi Bassi

9. Le disposizioni che disciplinano, nel diritto dei Paesi Bassi, i diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese sono gli articoli da 7:662 a 7:666 e l’articolo 7:670, paragrafo 8, del Burgerlijk Wetboek (codice civile; in prosieguo: il “BW”).

10. L’articolo 7:662, paragrafo 2, lettera a), del BW stabilisce quanto segue:

“Ai sensi dell’applicazione di tale sezione, si intende:

a) trasferimento: il trasferimento, in seguito ad un accordo, ad una fusione o ad una scissione di una unità economica che mantenga la sua identità;

(…)”.

11. In particolare, l’articolo 7:663 del BW così dispone:

“Il trasferimento di un’impresa comporta d’ufficio il trasferimento, al cessionario, dei diritti e degli obblighi derivanti in tale momento, per il datore di lavoro di tale impresa, da un contratto di lavoro tra il medesimo e un lavoratore che svolge un ruolo attivo nell’ambito dell’impresa. Tuttavia, per un anno dopo il trasferimento, tale datore di lavoro e il cessionario rimangono legati in solido per l’adempimento degli obblighi derivanti da contratto di lavoro e sorti prima di tale momento”.

12. L’articolo 7:666 del BW dispone quanto segue:

“Gli articoli da 7:662 a 7:665 e l’articolo 7:670, paragrafo 8, non si applicano al trasferimento di un’impresa qualora:

a) il datore di lavoro sia dichiarato fallito e l’impresa appartenga alla massa (…)”.

13. Ai sensi dell’articolo 7:670 del BW:

(…)

8. Il datore di lavoro non può risolvere il contratto di lavoro con il lavoratore che svolge un ruolo attivo nella sua impresa a causa del trasferimento di tale impresa di cui all’articolo 7:662, paragrafo 2, lettera a);

(…)”.

14. Dall’anno 2012, numerosi tribunali dei Paesi Bassi hanno fatto ricorso al pre‑pack. Si tratta di una transazione sugli attivi predisposta prima della dichiarazione di fallimento con il concorso del curatore, designato dal tribunale, il quale vi dà esecuzione immediatamente dopo la pronuncia di fallimento. Nell’ambito di tale pre-pack, il medesimo tribunale nomina anche un giudice-commissario designato.

15. Ad oggi, nei Paesi Bassi, né la fase preparatoria né il pre-pack in quanto tale sono disciplinati dalla legge, ma sono il risultato della prassi.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16. L’Estro Groep BV era, fino al suo fallimento, la principale società di giardini d’infanzia nei Paesi Bassi. Essa contava circa 380 stabilimenti su tutto il territorio nazionale e impiegava circa 3 600 lavoratori.

17. Nel mese di novembre 2013 si poteva prevedere che, in mancanza di un nuovo finanziamento, l’Estro Groep non sarebbe più stata in grado di adempiere i propri obblighi per l’estate dell’anno 2014.

18. L’Estro Groep, nel cercare un siffatto finanziamento, ha, in un primo momento, consultato i suoi finanziatori e i suoi azionisti principali, nonché altri finanziatori o altri investitori eventuali per ottenere nuovi finanziamenti. Tuttavia, tale consultazione, denominata dall’Estro Groep “Piano A”, non è stata proficua.

19. L’Estro Groep, contemporaneamente alle trattative nell’ambito del Piano A, ha elaborato un piano alternativo, denominato “progetto Butterfly”. Questo prevedeva la ripresa di una parte significativa dell’Estro Groep in seguito a un pre-pack. Ciò doveva avvenire sulla base della ripresa di 243 dei 380 centri, del mantenimento dell’impiego per circa 2 500 lavoratori su un totale di circa 3 600 e della continuità del servizio in tutti gli stabilimenti nel mese di luglio 2014.

20. Durante la realizzazione del progetto Butterfly l’Estro Groep ha contattato, come potenziale acquirente, unicamente la H.I.G. Capital, consociata del suo azionista principale Bayside Capital. Non è stata vagliata nessun’altra opzione potenziale.

21. Il 5 giugno 2014 l’Estro Groep ha adito il Rechtbank Amsterdam (tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi) chiedendogli di provvedere alla nomina di un curatore designato. Questi è stato nominato il 10 giugno 2014.

22. Il 20 giugno 2014 è stata costituita la Smallsteps per subentrare, per conto della H.I.G. Capital, in gran parte delle attività dei giardini d’infanzia dell’Estro Groep nell’ambito del progetto Butterfly.

23. Il 3 luglio 2014, l’insieme del personale di Estro Groep ha ricevuto un messaggio di posta elettronica in cui si comunicava che la dichiarazione di fallimento sarebbe stata presentata il 4 luglio 2014 e si precisava che il personale sarebbe stato eventualmente convocato per una riunione prima della presentazione di tale domanda.

24. Il 4 luglio 2014 l’Estro Groep ha presentato al Rechtbank Amsterdam (tribunale di Amsterdam) una domanda di sospensione di pagamento. Il 5 luglio 2014 tale domanda è stata convertita in istanza per la dichiarazione di fallimento, che è stato pronunciato il giorno stesso.

25. In pari data, il 5 luglio 2014, il curatore e la Smallsteps hanno stipulato un pre‑pack ai sensi del quale quest’ultima ha acquistato circa 250 stabilimenti dell’Estro Groep e si è impegnata a offrire un impiego a circa 2 600 lavoratori dell’Estro Groep il giorno della pronuncia di fallimento.

26. Il 7 luglio 2014 il curatore ha licenziato tutti i lavoratori dell’Estro Groep. A circa 2 600 lavoratori precedentemente impiegati all’Estro Groep è stato offerto un nuovo contratto di lavoro dalla Smallsteps, mentre oltre mille di essi sono stati infine licenziati.

27. La FNV e le quattro ricorrenti litisconsorti, che lavoravano in alcuni centri rilevati dalla Smallsteps ma alle quali dopo la pronuncia di fallimento dell’Estro Groep non sono stati offerti nuovi contratti di lavoro, hanno proposto un ricorso davanti al giudice del rinvio al fine, in via principale, di fare accertare che la direttiva 2001/23 si applica al pre-pack concluso tra l’Estro Groep e la Smallsteps e che, quindi, si deve ritenere che le quattro ricorrenti litisconsorti lavorino a pieno titolo per la Smallsteps, pur mantenendo le loro condizioni di lavoro. In subordine, la loro domanda mirava a far accertare che si applicano gli articoli 7:662 e seguenti del BW, dal momento che il trasferimento dell’impresa ha avuto luogo prima del giorno in cui è stato pronunciato il fallimento dell’Estro Group. La Smallsteps contesta le domande dei ricorrenti.

28 In tali circostanze, il Rechtbank Midden-Nederland (tribunale dei Paesi Bassi centrali) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

“1) Se la procedura fallimentare nei Paesi Bassi, in caso di trasferimento dell’impresa fallita nella quale il fallimento è stato preceduto da un pre-pack controllato da un giudice, esplicitamente mirante alla sopravvivenza (di parti) dell’impresa, sia compatibile con l’obiettivo e la portata della direttiva 2001/23 e se in questa ottica l’articolo 7:666, paragrafo 1, parte iniziale e lettera a), del codice civile dei Paesi Bassi sia (ancora) conforme a tale direttiva.

2) Se la direttiva 2001/23 sia applicabile nel caso in cui un c.d. “curatore designato” (“beoogd curator”) nominato dal giudice già prima dell’apertura del fallimento si informi della situazione del debitore ed esamini le possibilità di un’eventuale ripresa delle attività dell’impresa ad opera di un terzo e prepari inoltre azioni da svolgere subito dopo il fallimento per realizzare detta ripresa mediante una transazione di attivi nella quale l’impresa del debitore, o una sua parte, viene ceduta alla data del fallimento o subito dopo e le attività vengono riprese in tutto o in parte senza (quasi) soluzione di continuità.

3) Se al riguardo faccia differenza se la prosecuzione dell’impresa sia lo scopo primario del pre-pack, oppure se il curatore (designato) con il pre-pack e con la vendita degli attivi in forma di un “going concern” subito dopo il fallimento intenda in primo luogo ottenere una massimizzazione degli introiti per l’insieme dei creditori oppure, nell’ambito del pre-pack, sia stato raggiunto un accordo prima del fallimento per la cessione degli attivi (prosecuzione delle attività dell’impresa) la cui attuazione viene formalizzata e/o effettuata dopo il fallimento. Inoltre, come ciò debba essere valutato se vengono perseguite sia la prosecuzione delle attività dell’impresa sia la massimizzazione degli introiti.

4) Se, ai fini dell’applicazione della direttiva 2001/23 e dell’articolo 7:662 e seguenti del codice civile dei Paesi Bassi, da essa derivati, la data del trasferimento dell’impresa, nell’ambito di un pre-pack precedente il fallimento dell’impresa, sia determinata dall’accordo concreto di trasferimento dell’impresa precedente il fallimento o se tale data sia determinata dal momento in cui la qualità di imprenditore responsabile della gestione dell’ente in questione è trasferita di fatto dal dante causa all’avente causa”.

Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento

29. A seguito della pronuncia delle conclusioni dell’avvocato generale, la Smallsteps ha chiesto, con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 25 aprile 2017, che fosse disposta la riapertura della fase orale del procedimento per avere la possibilità di rispondere. La Smallsteps ha sostanzialmente osservato, a sostegno di tale domanda, che le conclusioni dell’avvocato generale generavano dei fraintendimenti riguardo alla procedura pre-pack.

30. A tale proposito, occorre tuttavia ricordare che lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e il regolamento di procedura non prevedono la possibilità, per gli interessati di cui all’articolo 23 di tale statuto, di presentare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (v., in particolare, sentenza del 4 settembre 2014, Vnuk, C‑162/13, EU:C:2014:2146, punto 30).

31. Ai sensi dell’articolo 252, secondo comma, TFUE, l’avvocato generale presenta pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedono il suo intervento. La Corte non è vincolata né a tali conclusioni né alle motivazioni attraverso le quali l’avvocato generale giunge a formularle (sentenza del 3 dicembre 2015, Banif Plus Bank, C‑312/14, EU:C:2015:794, punto 33).

32. Di conseguenza, il disaccordo di un interessato con le conclusioni dell’avvocato generale, qualunque siano le questioni da esso ivi esaminate, non può costituire, di per sé, un motivo che giustifichi la riapertura della fase orale (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 26).

33. Ciò premesso, dopo aver sentito l’avvocato generale, la Corte può, in qualunque momento, disporre la riapertura della fase orale del procedimento, conformemente all’articolo 83 del suo regolamento di procedura, in particolare laddove ritenga di non essere sufficientemente istruita o, ancora, qualora la causa debba essere decisa sulla base di un argomento che non sia stato oggetto di discussione tra le parti (v. sentenza del 9 giugno 2016, Pesce e a., C‑78/16 et C‑79/16, EU:C:2016:428, punto 27).

34. Tuttavia, nella presente causa, dopo aver sentito l’avvocato generale, la Corte ritiene di essere in possesso di tutti gli elementi necessari per statuire.

35. In considerazione di ciò, la Corte reputa che non occorra riaprire la fase orale del procedimento.

Sulle questioni pregiudiziali

 Sulle prime tre questioni

36. In limine, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è stato investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte (sentenza del 1° febbraio 2017, Município de Palmela, C‑144/16, EU:C:2017:76, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

37. Nella fattispecie, le tre questioni, che occorre esaminare congiuntamente, devono essere intese come dirette, in sostanza, ad accertare se la direttiva 2001/23, e in particolare il suo articolo 5, paragrafo 1, debba essere interpretata nel senso che la tutela dei lavoratori garantita dagli articoli 3 e 4 di tale direttiva permanga in una situazione, come quella di cui al procedimento principale, dove un’impresa sia trasferita in seguito ad una dichiarazione di fallimento nell’ambito di un pre-pack, preparato anteriormente a detta dichiarazione e realizzato immediatamente dopo la pronuncia di fallimento, nel quadro della quale, in particolare, un “curatore designato”, nominato da un giudice, esamini le possibilità di un’eventuale prosecuzione delle attività dell’impresa ad opera di un terzo e prepari azioni da svolgere subito dopo la pronuncia di fallimento per realizzare tale prosecuzione, e inoltre se sia rilevante, a tal riguardo, che l’obbiettivo perseguito dall’operazione di pre-pack miri sia al proseguimento dell’attività dell’impresa in oggetto che alla massimizzazione degli introiti della cessione per l’insieme dei creditori di tale impresa.

38. Occorre anzitutto rilevare che la direttiva 2001/23 mira a tutelare i lavoratori, così come risulta dal suo terzo considerando, in particolare assicurando il mantenimento dei loro diritti in caso di cambiamento d’imprenditore.

39. A tal fine, l’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, di tale direttiva prevede che i diritti e gli obblighi in capo al cedente derivanti da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario. Per quanto riguarda l’articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva, quest’ultimo tutela i lavoratori contro i licenziamenti effettuati dal cedente o dal cessionario unicamente a causa di detto trasferimento.

40. In deroga a ciò, l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 stabilisce che il regime di tutela di cui a detti articoli 3 e 4 non si applica ai trasferimenti d’imprese avvenuti alle condizioni dettate da tale disposizione, a meno che gli Stati membri non dispongano diversamente.

41. Orbene, poiché detto articolo 5, paragrafo 1, in principio, rende inapplicabile il regime di tutela dei lavoratori in determinati casi di trasferimento d’impresa, e si discosta dall’obbiettivo principale alla base della direttiva 2001/23, deve necessariamente essere oggetto di una interpretazione restrittiva (v., per quanto riguarda l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 77/187, come modificata dalla direttiva 98/50, sentenza del 4 giugno 2002, Beckmann, C‑164/00, EU:C:2002:330, punto 29).

42. Sebbene dal tenore letterale della prima parte della frase dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 emerga che gli Stati membri, nelle circostanze che giustificano l’applicazione di tale disposizione, hanno la facoltà di applicare il regime di tutela dei lavoratori stabilito agli articoli 3 e 4 di questa direttiva, nel procedimento principale, tuttavia, lo Stato membro in oggetto non si è avvalso di tale facoltà, così come confermato in udienza dal governo dei Paesi bassi.

43. Ne consegue che l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23, poiché permette di derogare al regime di tutela dei lavoratori, è applicabile in un caso come quello di cui trattasi nel procedimento principale, a condizione, tuttavia, che la procedura indicata soddisfi le condizioni stabilite in tale disposizione.

44. A tale riguardo, l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23, precisa, a titolo cumulativo, che il cedente deve essere oggetto di una procedura di fallimento o di una procedura di insolvenza analoga. Inoltre, questa procedura deve essere aperta per la liquidazione dei beni del cedente e deve svolgersi sotto il controllo di un’autorità pubblica competente.

45. In primo luogo, per quanto concerne la condizione secondo cui il cedente deve essere oggetto di una procedura di fallimento o d’insolvenza analoga, questa non può estendersi, alla luce del requisito di interpretazione restrittiva, richiamato al punto 41 della presente sentenza, ad un’operazione preparatoria del fallimento ma che non conduce a quest’ultimo, così come considerato dall’avvocato generale al paragrafo 76 delle sue conclusioni.

46. Tuttavia, nel caso di specie, come risulta dal punto 14 della presente sentenza, l’operazione di pre-pack nel procedimento principale è, certamente, preparata prima della dichiarazione di fallimento, ma è attuata successivamente a quest’ultimo. Tale operazione, che implica il fallimento effettivo, perciò, può rientrare nella nozione di “procedura fallimentare” ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23.

47. In secondo luogo, l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 prescrive che la procedura fallimentare o l’analoga procedura d’insolvenza sia aperta al fine di liquidare i beni del cedente. A tale riguardo, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, resta inteso che una procedura che miri al proseguimento dell’attività dell’impresa interessata non soddisfa tale condizione (v., in tal senso, sentenze del 25 luglio 1991, d’Urso e a., C‑362/89, EU:C:1991:326, punti 31 e 32, e del 7 dicembre 1995, Spano e a., C‑472/93, EU:C:1995:421, punto 25).

48. Per quanto riguarda le differenze tra questi due tipi di procedura, così come precisato dall’avvocato generale ai paragrafi 57 e 58 delle sue conclusioni, l’una mira al proseguimento dell’attività, mentre l’altra mira a salvaguardare l’operatività dell’impresa o delle sue unità economicamente sostenibili. Al contrario, una procedura intesa alla liquidazione dei beni mira a massimizzare la soddisfazione collettiva dei creditori. Sebbene non sia escluso che possa esistere una certa sovrapposizione tra i due obbiettivi perseguiti da una data procedura, l’obbiettivo principale di una procedura mirante al proseguimento dell’attività dell’impresa rimane comunque la salvaguardia dell’impresa interessata.

49. Nella fattispecie, dalla decisione di rinvio risulta che un’operazione di pre-pack, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, mira a preparare la cessione dell’impresa nei minimi dettagli per permettere la ripresa rapida delle unità economicamente sostenibili dell’impresa dopo la pronuncia di fallimento, al fine di evitare così l’interruzione che risulterebbe dalla brusca cessazione delle attività di tale impresa alla data di pronuncia del fallimento, in modo da preservare il valore di detta impresa e l’occupazione.

50. In tali circostanze, e subordinatamente alla verifica da parte del giudice del rinvio, bisogna considerare che, poiché una siffatta operazione non mira, in definitiva, alla liquidazione dell’impresa, l’obbiettivo economico e sociale perseguito non può spiegare né giustificare il fatto che, allorché l’impresa interessata costituisce oggetto di un trasferimento totale o parziale, i suoi lavoratori siano privati dei diritti a loro riconosciuti dalla direttiva 2001/23 (v., per analogia, sentenza del 7 dicembre 1995, Spano e a., C‑472/93, EU:C:1995:421, punti 28 e 30).

51. Alla luce delle considerazioni di cui al punto 48 della presente sentenza, il semplice fatto che detta operazione di pre-pack possa anche mirare a massimizzare la soddisfazione dei creditori non è atto a trasformarla in una procedura aperta al fine di liquidare i beni del cedente, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23.

52. Ne consegue che si deve ritenere che una siffatta operazione abbia come obbiettivo principale la salvaguardia dell’impresa in fallimento, cosicché essa non può rientrare nell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 47 della presente sentenza.

53. In terzo luogo, per quanto riguarda la condizione secondo la quale la procedura di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 deve svolgersi sotto il controllo di un’autorità pubblica, occorre rilevare che la fase dell’operazione di pre-pack, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che precede la dichiarazione di fallimento, non ha alcun fondamento nella normativa nazionale in oggetto.

54. In questa prospettiva, tale operazione non è perciò gestita sotto il controllo del tribunale bensì, come risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte, dall’organo amministrativo dell’impresa che conduce le trattative e adotta le decisioni in preparazione alla vendita dell’impresa in fallimento.

55. Infatti, né il curatore designato né il giudice-commissario designato, benché nominati dal giudice su domanda dell’impresa in fallimento, hanno formalmente alcun potere. Pertanto, su di loro non grava alcun controllo esercitato da un’autorità pubblica.

56. Inoltre, nella misura in cui, immediatamente dopo l’apertura del fallimento, il curatore domanda e riceve l’autorizzazione del giudice-commissario alla cessione dell’impresa, quest’ultimo deve essere stato informato e, in sostanza, non essersi opposto a tale cessione, prima della dichiarazione di fallimento.

57. Orbene, così come sostanzialmente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 82 delle sue conclusioni, tale modo di procedere è idoneo a svuotare quasi completamente del suo contenuto qualsiasi eventuale controllo da parte di un’autorità pubblica competente riguardo alla procedura di fallimento, e pertanto non può soddisfare il requisito del controllo di una siffatta autorità enunciato all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23.

58. Da quanto suesposto risulta che un’operazione di pre-pack come quella di cui trattasi nel procedimento principale non soddisfa tutti i requisiti previsti dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/23 e che, di conseguenza, non può derogare al regime di tutela previsto agli articoli 3 e 4 di tale direttiva.

59. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle prime tre questioni sollevate dichiarando che la direttiva 2001/23, e in particolare il suo articolo 5, paragrafo 1, deve essere interpretata nel senso che la tutela dei lavoratori garantita dagli articoli 3 e 4 di tale direttiva permane in una situazione, come quella di cui al procedimento principale, in cui un’impresa sia trasferita in seguito ad una dichiarazione di fallimento nell’ambito di un pre-pack, preparato anteriormente a detta dichiarazione e realizzato immediatamente dopo la pronuncia di fallimento, nell’ambito del quale, in particolare, un “curatore designato”, nominato da un giudice, esamini le possibilità di un’eventuale prosecuzione delle attività dell’impresa ad opera di un terzo e prepari azioni da svolgere subito dopo la pronuncia di fallimento per realizzare tale prosecuzione, e inoltre che non è rilevante, a tal riguardo, che l’obbiettivo perseguito da tale operazione di pre‑pack miri anche a massimizzare gli introiti della cessione per l’insieme dei creditori dell’impresa in oggetto.

Sulla quarta questione

60. Alla luce della risposta fornita alle questioni dalla prima alla terza, non occorre rispondere alla quarta questione.

Sulle spese

61. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

P.Q.M.

dichiara:

La direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, e in particolare il suo articolo 5, paragrafo 1, deve essere interpretata nel senso che la tutela dei lavoratori garantita dagli articoli 3 e 4 di tale direttiva permane in una situazione, come quella di cui al procedimento principale, in cui un’impresa sia trasferita in seguito ad una dichiarazione di fallimento nell’ambito di un pre-pack, preparato anteriormente a detta dichiarazione e realizzato immediatamente dopo la pronuncia di fallimento, nell’ambito del quale, in particolare, un “curatore designato”, nominato da un giudice, esamini le possibilità di un’eventuale prosecuzione delle attività dell’impresa ad opera di un terzo e prepari azioni da svolgere subito dopo la pronuncia di fallimento per realizzare tale prosecuzione, e inoltre che non è rilevante, a tal riguardo, che l’obbiettivo perseguito da tale operazione di pre-pack miri anche a massimizzare gli introiti della cessione per l’insieme dei creditori dell’impresa in oggetto.