AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 423 del 30 agosto 2023
Definizione agevolata delle liti pendenti – Atti oggetto delle controversie definibili e ricadute dichiarative – Articolo 1, comma 186, legge 29 dicembre 2022, n. 197
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La società [ALFA] (nel prosieguo istante, controllata o incorporante) al fine di avere chiarimenti in merito all’applicazione dell’articolo 1, comma 186, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (di seguito anche ”Legge di Bilancio 2023”) fa presente quanto qui di seguito sinteticamente riportato.
L’istante in qualità di incorporante della società [BETA] (di seguito controllante e/o incorporata) riferisce che:
«Negli anni di imposta 2015 e 2016, la società [BETA] ha attuato la procedura di liquidazione dell’IVA di gruppo (ai sensi dell’art. 73, comma 3, del d.P.R. 633/1972 e del decreto ministeriale di attuazione 13.12.1979), a cui ha partecipato la società controllata [ALFA].
Il […] 2019, la società [BETA] è stata fusa per incorporazione nella [ALFA] (operazione di cosiddetta ”fusione inversa”): a decorrere da tale data, la società incorporante [ALFA] è, dunque, subentrata, anche agli effetti IVA che qui rilevano, nella posizione della società incorporata.
(…) con l’atto di accertamento n. […] (anno di imposta 2015) e l’atto di recupero del credito di cui all’avviso n. […] (anno di imposta 2016), l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale […], avendo rilevato la mancata compilazione del quadro VX della dichiarazione annuale IVA relativo all’attestazione della sussistenza dei requisiti per l’esonero dalla fideiussione, ha ripreso, per ciascuna annualità, il credito trasferito dalla controllata [ALFA] alla controllante [BETA] e, da quest’ultima utilizzato in compensazione nell’ambito della liquidazione dell’IVA di gruppo».
L’istante rappresenta che sta «valutando l’ipotesi di definizione agevolata, soltanto a condizione che sia ammesso il successivo recupero dei crediti rigenerati per effetto del pagamento delle adesioni.
Va premesso che entrambi i contenziosi rientrano tra i procedimenti definibili, come chiarito dalla Circ. Min. n. 2/E del 27.1.2023 (…).
Ciò posto, trattandosi di procedimenti pendenti al 31.12.2022 e non ancora decisi a tale data (…), la norma prevede, oltre alla presentazione di una apposita domanda, il pagamento del 90% del tributo accertato, stralciati completamente interessi e sanzioni e dedotto quanto già pagato, entro il 30 settembre 2023.
Per l’anno 2015, va dedotto il pagamento effettuato a titolo provvisorio per euro […], a titolo di Iva e correlati interessi.
In riferimento al procedimento per l’anno 2016, avendo la società già versato il totale complessivo reclamato (imposta, interessi e sanzioni), nulla è dovuto ai fini della eventuale definizione agevolata, occorrendo limitarsi alla presentazione della domanda entro il 30 settembre 2023: ai sensi dell’art. 1, comma 196, della L. 197/2022, è preclusa la restituzione delle somme pagate eccedenti rispetto a quanto necessario per la definizione».
Tutto ciò premesso, nel presupposto che sia ammissibile la «ripresa del credito rigenerato per effetto dell’eventuale definizione», l’istante chiede chiarimenti in merito a:
(i) ammontare dell’IVA recuperabile;
(ii) soggetto cui competono gli adempimenti relativi alla definizione e quelli per il successivo recupero del credito;
(iii) modalità di utilizzo del credito IVA riversato.
In altre parole, l’istante «in caso di eventuale definizione dei due contenziosi sopra indicati», chiede «di confermare che a [ALFA] è riconosciuta la facoltà di utilizzare il credito IVA oggetto di riversamento mediante il relativo inserimento nelle liquidazioni periodiche dell’anno 2024 successive al momento in cui le adesioni vanno considerate come irrevocabili (30.09.2024) e, quindi, a decorrere dalla liquidazione relativa al mese di ottobre 2024. L’utilizzo va considerato nella misura totale di euro […] relativa al 2015 e di euro […] relativa al 2016 o, in caso di versamento frazionato per l’anno 2015, nei limiti di quanto corrisposto sino a quel momento e, in seguito, per gli importi versati successivamente secondo il piano di rateazione da inserire nelle liquidazioni corrispondenti al mese di pagamento.
Resta inteso che, ove l’Ufficio comunichi formalmente la regolarità delle definizioni in momento precedente al termine ultimo per il rigetto del 30.09.2024, gli adempimenti dovranno essere anticipati in funzione della definitività già maturata».
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In sintesi, l’istante ritiene con riferimento al punto (i) che «per l’anno di imposta 2015, la società potrà recuperare il 90% del tributo accertato, rappresentante l’esborso effettivo sostenuto per la definizione, in applicazione dell’art. 1, comma 187, della L. 197/2022: tale importo ammonta a euro […], cioè euro […] versato in pendenza di giudizio a titolo di imposta e interessi e, ad oggi, non restituito, cui va aggiunto l’importo di euro […] da corrispondere per la definizione entro il 30.9.2023.
Per il 2016, non spettando la restituzione dell’eccedenza ai sensi dell’art. 1, comma 196, della L. 197/2022, potrà essere utilizzato integralmente il pagamento effettuato a titolo di imposta e, quindi, l’importo di euro […]».
Con riferimento al punto (ii) l’istante ritiene che «a decorrere dal […] 2019, l’unico soggetto esistente è la società [ALFA] per effetto dell’operazione di ”fusione inversa” con cui è stata incorporata [BETA], esclusivamente ad essa incombono gli adempimenti formali connessi alla definizione agevolata delle liti pendenti, nonché la titolarità del credito da utilizzare».
Con riferimento al punto (iii), secondo l’istante «occorre attendere il decorso del termine per l’eventuale rigetto (30.9.2024) prima che la definizione possa essere considerata irrevocabile e possa, quindi, costituire il titolo per il successivo recupero: in particolare, si veda la risposta all’interpello n. 157/2019, (…).
Anche per l’atto di recupero relativo all’anno di imposta 2016, per il quale il pagamento è stato effettuato in misura integrale ma da considerarsi ”a titolo provvisorio in pendenza di giudizio” secondo le indicazioni dell’Ufficio, la definitività dell’adesione è, comunque, condizionata all’assenza di diniego entro il termine del 30.9.2024.
A decorrere da tale data e nei limiti di quanto, sino ad allora, pagato,[ALFA] potrà inserire il credito IVA rigenerato per effetto delle definizioni nelle liquidazioni periodiche, ai fini dell’immediato concorso alla determinazione dell’imposta dovuta o a credito: nessun ostacolo, d’altronde, può essere opposto all’utilizzo immediato, non valendo neppure la limitazione temporale prevista dall’art. 8, comma 6 quater, del d.P.R. 322/1998, in quanto circoscritta all’ipotesi di credito risultante da dichiarazione integrativa presentata oltre il termine prescritto per la dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo (compensazione ammessa soltanto per ”eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione integrativa”), fattispecie non ricorrente nel caso in esame».
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Si premette che esula dalle competenze della scrivente, in risposta all’istanza in oggetto, ogni valutazione in merito all’effettiva esistenza del credito IVA cui l’istante fa riferimento e alla spettanza dello stesso, allo svolgimento delle controversie tributarie e i suoi esiti, nonché agli effetti fiscali correlati all’operazione di fusione per incorporazione, restando impregiudicato qualsiasi potere di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
L’articolo 1, comma 186, della Legge di Bilancio 2023 dispone che, «Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di cassazione, anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Il valore della controversia è stabilito ai sensi del comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546».
Il successivo comma 193 prevede che, «Sono escluse dalla definizione agevolata le controversie concernenti anche solo in parte:
a) le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 2020, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;
b) le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015».
Il comma 196 dispone, inoltre, che, «Dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. La definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa». La disposizione in commento replica quanto già previsto nelle precedenti definizioni agevolate di controversie tributarie (cfr. articolo 6, comma 9, del D.L. n. 119 del 2018). Al riguardo, con la Circolare n. 6/E del 1° aprile 2019, al paragrafo 5.2, era stato chiarito che, «l’importo da versare per la definizione, cosiddetto ”importo netto dovuto” si calcola al netto di: a) somme pagate prima della presentazione della domanda di definizione a titolo di riscossione provvisoria in pendenza del termine di impugnazione dell’atto ovvero in pendenza del giudizio. Possono essere scomputati tutti gli importi di spettanza dell’Agenzia delle entrate pagati, in particolare, a titolo provvisorio per tributi, sanzioni amministrative, interessi, sempre che siano ancora in contestazione nella lite che si intende definire».
Con riferimento alla definizione in via agevolata delle controversie tributarie aventi ad oggetto atti di recupero crediti d’imposta indebitamente utilizzati, la circolare n. 2/E del 27 gennaio 2023 ha chiarito che, «Il comma 186 in commento non contiene, invece, specificazioni circa la tipologia degli atti oggetto delle controversie definibili e, quindi, possono essere definite non soltanto le controversie instaurate avverso atti di natura impositiva, quali gli avvisi di accertamento e atti di irrogazione delle sanzioni, ma anche quelle inerenti atti meramente riscossivi». In tal senso si era già espressa la circolare n. 6/E del 1° aprile 2019, a commento della definizione agevolata delle controversie tributarie disciplinata dall’articolo 6 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, ove era stato precisato che, «gli atti di recupero dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati rientrino nel novero degli atti impositivi e che, quindi, le relative controversie possano formare oggetto di definizione agevolata».
Parimenti, sono ad oggi definibili le controversie relative agli avvisi di pagamento, gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica, gli avvisi di liquidazione e gli altri atti di competenza dell’Agenzia delle entrate a carattere impositivo (tra i quali gli atti di recupero crediti esistenti), purché a monte non esista già un accertamento definitivo, non avendo posto la Legge di Bilancio 2023 limiti alla tipologia di atti impugnati nelle controversie definibili mediante il procedimento di definizione agevolata.
Ciò detto, per quanto qui di interesse, secondo quanto affermato dall’istante, trattasi di «procedimenti pendenti al 31.12.2022 e non ancora decisi a tale data», e, ai sensi del comma 192, «La definizione agevolata si applica alle controversie in cui il ricorso in primo grado è stato notificato alla controparte entro la data di entrata in vigore della presente legge e per le quali alla data della presentazione della domanda di cui al comma 186 il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva».
Peraltro, come precisato dalla citata Circolare n. 2/E del 2023, sono da considerarsi pendenti ai fini della definizione agevolata, tra le altre, «le controversie interessate da una pronuncia in primo o in secondo grado i cui termini di impugnazione non siano ancora scaduti alla data del 1° gennaio 2023». Di conseguenza, l’istante può definire le sopra citate controversie applicando in relazione allo stato e al grado in cui pende la controversia stessa le percentuali di riduzione stabilite dai commi da 186 a 191 della Legge di Bilancio 2023.
A tal riguardo, con provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle Entrate, prot. n. 30294/2023 del 1° febbraio 2023, sono state definite le modalità di attuazione della misura deflattiva in commento, prevedendo, al punto 6, che «La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento dell’importo netto dovuto o della prima rata entro il termine e con le modalità indicate nei punti 4 e 5. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda».
Si evidenzia, tuttavia, l’articolo 1, comma 200, della Legge di Bilancio 2023, dispone che, «L’eventuale diniego della definizione agevolata deve essere notificato entro il 30 settembre 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dalla notificazione del medesimo dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine.».
Ne deriva, pertanto, che la definizione agevolata delle liti pendenti si perfeziona con la presentazione della domanda e il versamento della prima rata o dell’intero importo, entro il 30 settembre 2023 (cfr. articolo 20 del decreto-legge 30 marzo 2023, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2023, n. 56), ma il suddetto perfezionamento è, comunque, condizionato all’esito del controllo eseguito dall’ufficio, e potrebbe venir meno in caso di diniego della definizione agevolata che l’Agenzia delle entrate può notificare entro il 30 settembre 2024.
Tutto ciò premesso, con riferimento al quesito di cui al punto (i), diversamente da quanto prospettato dall’istante il versamento delle somme dovute nell’ambito della definizione agevolata ha il solo fine di definire la controversia instaurata con l’Amministrazione finanziaria.
Al riguardo, la Cassazione, con ordinanza 2 aprile 2020, n. 7661, in merito alla chiusura delle liti ha precisato che, la definizione agevolata «costituisce la forma procedimentale atipica di definizione del rapporto tributario, che prescinde da un’analisi delle varie componenti ed esaurisce il rapporto stesso mediante definizione forfettaria e immediata, nella prospettiva … di recuperare risorse finanziarie e di ridurre il contenzioso, e non invece in quella dell’esatto accertamento dell’imponibile.».
In tal senso anche la Cassazione, Sezioni Unite, che con sentenza 27 gennaio 2016, n. 1518, ha ribadito che, «le sanatorie fiscali pongono il contribuente di fronte ad un’autonoma e libera scelta fra trattamenti distinti che non si intersecano fra loro, ovverosia coltivare la controversia verso il fisco nei modi ordinari, conseguendo se del caso anche rimborsi di somme indebitamente pagate o deduzioni/detrazioni comunque spettanti, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione condonistica, ma senza la possibilità di riflessi o interferenze con quanto 6dovuto sulla linea del procedimento fiscale ordinario». La soluzione prospettata non è dunque condivisibile.
Pur non formando oggetto dell’interpello, si ritiene opportuno precisare che, laddove l’istante intenda ”rigenerare” il credito IVA, da recuperare successivamente in detrazione nella prima liquidazione periodica o nella dichiarazione annuale dovrà procedere al pagamento dell’imposta indicata negli atti sopra indicati e rinunciare alla controversia con riferimento all’imposta medesima. La controversia, una volta ridotta alle sole sanzioni collegate al tributo e agli interessi, potrà essere definita ai sensi dell’articolo 1, comma 191, della Legge di Bilancio 2023 a mente del quale, «Le controversie relative esclusivamente alle sanzioni non collegate al tributo possono essere definite con il pagamento del 15 per cento del valore della controversia in caso di soccombenza della competente Agenzia fiscale nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data di entrata in vigore della presente legge, e con il pagamento del 40 per cento negli altri casi. In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione agevolata». In altre parole, una volta versata separatamente l’imposta dovuta, sarà possibile la definizione delle sole sanzioni collegate al tributo e degli interessi mediante la sola presentazione della domanda (cfr. comma 194 della Legge di Bilancio 2023).
Con riferimento al quesito di cui al punto (ii), l’articolo 2504 bis del codice civile dispone che, «La società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione.
La fusione ha effetto quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte dall’articolo 2504. Nella fusione mediante incorporazione può tuttavia essere stabilita una data successiva».
L’operazione di fusione, integra sia sul piano civilistico che fiscale, una successione a titolo universale dell’incorporante nel complesso delle posizioni giuridiche attive e passive della società incorporata. La [ALFA] è, dunque, legittimata a recuperare il credito IVA una volta ”rigenerato” con le modalità sopra descritte.
Quanto, infine, al quesito di cui al punto (iii), ove l’istante decida di ”rigenerare” il credito IVA, potrà poi riportarlo nel Modello IVA, Rigo VL40, in conformità alle istruzioni al predetto modello, ove si legge «indicare l’ammontare corrispondente al credito riversato, al netto delle somme versate a titolo di sanzione e interessi, qualora nel corso del periodo d’imposta oggetto della presente dichiarazione siano state versate somme richieste con appositi atti di recupero emessi a seguito dell’indebito utilizzo in compensazione di crediti esistenti ma non disponibili (ad es. utilizzo in compensazione del credito IVA in mancanza del visto di conformità previsto dall’art. 10, comma 1, lett. a), n. 7, del decreto-legge n. 78 del 2009). Attraverso tale esposizione, la validità del credito oggetto di riversamento viene rigenerata ed equiparata a quella del credito formatosi nel periodo d’imposta relativo alla presente dichiarazione».
Ciò significa che l’istante potrà riportare nel rigo VL40 della propria dichiarazione IVA/2024 per il periodo d’imposta 2023 l’importo del credito IVA versato corrispondente a quanto recuperato con gli atti emessi da questa agenzia.