La molteplici sentenze della Suprema Corte di Cassazione nel corso degli anni ci permette di poter approfondire le problematiche connesse alla deducibilità dei costi in riferimento al contenuto della documentazione contabile. In particolare la descrizione generica della prestazione riportata nella fattura potrebbe determinare:
- ai sensi dell’articolo 109 del TUIR la indeducibilità del costo, ai fini delle imposte dirette, per violazione delle norme in tema di inerenza;
- la non detraibilità ai fini Iva, con relativa irrogazione – in base all’articolo 9 del D.Lgs. n. 471/1997 – della sanzione da euro 1.000 a euro 8.000.
Imposte dirette
Ai fini delle imposte sui redditi, come chiarito dai giudici di legittimità con la sentenza n. 1709 del 26 gennaio 2007, che il costo deve essere esistente ed inerente. In sostanza deve trattarsi di una “spesa che si riferisce ad attività da cui derivano ricavi o proventi che concorrono a formare il reddito di impresa”.
Sia la prova dell’esistenza che quella dell’inerenza grava sul contribuente (Corte di Cassazione, sentenza 26.01.2007, n. 1709).
In particolare il contribuente è obbligato a:
- dimostrare e provare documentalmente il costo, in quanto dalla predetta documentazione è possibile determinare l’inerenza del costo per l’acquisto di beni e/o servizi rispetto all’attività da cui derivano i ricavi o gli altri proventi che concorrono a formare il reddito di impresa,
- dimostrare, come affermato dalla sentenza della corte di cassazione n. 7701 del 27 marzo 2013, “la coerenza economica dei costi sostenuti nell’attività d’impresa, ove sia contestata dall’Amministrazione finanziaria anche la congruità dei dati relativi a costi e ricavi esposti nel bilancio e nelle dichiarazioni”.
In base a quanto finora riportato è possibile affermare che:
- è stato ritenuto indeducibile il costo indicato in una fattura emessa da un professionista (commercialista) con la dicitura “prestazione di consulenza commerciale effettuata“, non supportata da sufficiente documentazione. La Suprema Corte con la sentenza n. 7231 del 13 aprile 2016 su tale argomento ha chiarito che “spetta al contribuente l’onere della prova dell’inerenza del costo e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. A tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa” ;
- vi sono precedenti, come per la sentenza della Corte di Cassazione n. 21184 del 8 ottobre 2014, in cui sono stati ripresi a tassazione di costi per attività di consulenza infragruppo per difetto di inerenza, in considerazione della generica descrizione riportata in fattura (“con la presente vi rimettiamo fattura per consulenza tecnico – commerciale relativa al mese (…)“), della laconicità del contratto regolante il rapporto (“l’unico documento che è stato consegnato (…) è un contratto di assistenza tecnico-commerciale di appena 10 righe“) e dell’ingente ammontare del costo portato in deduzione (Euro 408.090,92);
- anche per i costi riportati in una fattura, vedasi la sentenza della Corte di Cassazione n. 7878 del 20 aprile 2016, con una generica descrizione, inerenti servizi di trasporto, e non riportante gli estremi del documento di trasporto a cui si riferiscono i trasporti eseguiti, né il periodo delle prestazioni.
IVA
Per quel concerne l’IVA la descrizione generica riportata in fattura della prestazione configura la violazione dell’articolo 21 D.P.R. 633/1972, che indica tra gli elementi obbligatori quda indicare in fattura quello alla lettera g “g) natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione”.
Per l’Agenzia delle Entrate e l’orientamento della cassazione la fattura che contiene una descrizione generica non consentirebbe l’identificazione dell’oggetto della prestazione, e viola i principi di trasparenza e conoscibilità, che sono funzionali alle attività di controllo e verifica dell’Amministrazione finanziaria, ed è per questo che trova applicazione anche l’irrogazione della sanzione ai sensi dell’articolo 9 D.Lgs. 471/1997 (sanzione amministrativa da euro 1.000 a euro 8.000).
Si elencano le pronunce giurisprudenziali su tale argomento:
- Gli Ermellini con la sentenza n. 15177 del 22 luglio 2016 ha statuito l’indetraibilità dell’Iva delle fatture aventi generiche descrizioni, quali “servizi vari di consulenza“, “servizi vari ammnistrativi“, “servizi di segreteria“, “canoni di locazione“. I Giudici del palazzaccio hanno anche chiarito che la genericità delle fatture non può essere integrata con la documentazione giustificativa prodotta in giudizio dal contribuente;
- I giudici della Corte Suprema con la sentenza n. 21980 del 28 ottobre 2015 hanno ritenuto legittima l’operato dell’Amministrazione che aveva irrogato la sanzione previste dall’articolo 9 D.Lgs. 471/1997, per l’irregolare compilazione delle fatture, stante la generica indicazione del loro oggetto descritto con la locuzione “servizi professionali, magazzinaggio, trasporto, tenuta contabile, marketing e promozione vendite“.
In conclusione occorre evidenziare quanto chiarito dalla sentenza della Corte di Giustizia UE, 15 settembre 2016, C-516/14, che ha statuito le fatture riportanti solamente l’indicazione “servizi giuridici forniti [da una certa data] sino ad oggi”, non sono conformi, a priori, ai requisiti di cui al punto 6 dell’articolo 226 della Direttiva 2006/112.
Tuttavia, è stato ritenuto che le autorità tributarie nazionali non possano negare “il diritto alla detrazione dell’Iva per il solo motivo che il soggetto passivo esibisce una fattura che non soddisfa i requisiti di cui all’articolo 226, punti 6 e 7, della menzionata direttiva, laddove tali autorità dispongano di tutte le informazioni necessarie per accertare che i requisiti sostanziali relativi all’esercizio del diritto in parola siano soddisfatti”.
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