AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 278 del 4 aprile 2023
Fusione – Riporto delle perdite, degli interessi passivi indeducibili e delle eccedenze di ACE in presenza di consolidato – Articolo 172, comma 7, decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La A S.p.A. ha presentato una istanza di interpello ordinaria e disapplicativa, cd. multipla, riguardante la medesima fattispecie di seguito descritta.
La società B S.r.l. (da ora, anche, ”B”) è stata costituita in data 28 aprile 2014 da parte della società di diritto tedesco C con l’obiettivo di negoziare e acquisire la partecipazione totalitaria nella società istante.
Al fine di realizzare la predetta acquisizione societaria, B inizialmente costituita con un capitale sociale pari a euro 10.000 è stata adeguatamente patrimonializzata dalla capogruppo tedesca mediante un versamento in conto capitale di complessivi Euro 118.000.000, liquidità che poi, in base a quanto descritto, è stata utilizzata per corrispondere il prezzo di acquisizione della partecipazione totalitaria nella società istante.
Nel periodo d’imposta 2014, la B ha maturato un rendimento nozionale deducibile (ACE), pari ad Euro 2.418.464 che, in assenza di reddito imponibile, non è stato utilizzato, rimanendo comunque riportabile nei successivi periodi d’imposta quale eccedenza pregressa.
Con effetti a decorrere dal periodo d’imposta 2015, la B ha optato in qualità di consolidante per il consolidato fiscale nazionale, di cui agli artt. 117 e ss. del TUIR, congiuntamente con la A S.p.A. (società istante) e con la D S.r.l., società interamente partecipata dall’istante.
L’istante precisa che, in data 31 marzo 2016, la B ha presentato all’Agenzia delle Entrate l’istanza di interpello antiabuso n. 954-241/2016 poi risultata inammissibile per carenza di documentazione e descrizione della fattispecie insufficiente. Successivamente è stata presentata una nuova istanza di interpello antiabuso, la n. 956-2398/2019, che in data 18 novembre 2020 ha ottenuto risposta positiva.
Poiché gli interpelli presentati avevano ad oggetto il riconoscimento del carattere di non abusività dell’utilizzo dell’ACE maturato in vigenza di consolidato fiscale in capo alla fiscal unit, la società B, prudenzialmente e in base a quanto dichiarato, non ha medio tempore utilizzato, nell’ambito del consolidato fiscale nazionale, le eccedenze di ACE maturate nei periodi d’imposta 2015, 2016 e 2017 (derivanti dagli apporti in denaro effettuati dall’unico socio in sede di costituzione della società) e, solo dopo l’esito favorevole dell’istanza, ha notificato alla Direzione provinciale di Treviso dell’Agenzia delle entrate le istanze di rimborso per la restituzione della maggiore Ires versata nei periodi d’imposta 2016 e 2017, a fronte della suddetta mancata fruizione dell’ACE maturata dall’incorporata.
Non è stato, invece, possibile presentare un’istanza di rimborso per la restituzione della maggiore Ires versata nel periodo d’imposta 2015, a fronte della mancata fruizione nell’ambito del consolidato fiscale nazionale dell’ACE maturato dall’incorporata, in quanto il relativo termine di presentazione risultava già decorso.
In data 7 luglio 2021 è stato stipulato l’atto di fusione (inversa) per incorporazione della società B nella società istante (incorporante), con efficacia giuridica a decorrere dal 1° agosto 2021, mentre gli effetti contabili e fiscali sono stati retrodatati al 1° gennaio 2021. L’operazione di fusione non ha interrotto la tassazione di gruppo che permane tra l’istante e la D S.R.L.
Alla data di efficacia giuridica della fusione, la società B (incorporata) risultava titolare di un’eccedenza ACE riportabile pari a Euro 2.874.189,00, così composta:
Euro 2.073.786 maturata nel periodo d’imposta 2014, anteriormente all’esercizio dell’opzione per il consolidato fiscale;
Euro 800.403 maturata nel periodo d’imposta 2020 in costanza di consolidato fiscale.
L’istante dichiara che la B non risulta titolare di altre posizioni giuridiche soggettive per le quali si rende necessario verificare il soddisfacimento delle condizioni previste dall’art. 172, comma 7, del TUIR.
La società A S.P.A. (incorporante) non presenta posizioni giuridiche soggettive per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui al sopra citato art. 172, comma 7, in quanto ha attribuito alla fiscal unit perdite fiscali pregresse residue pari a Euro 2.755.392, conseguite dalla società istante (incorporante) in vigenza di consolidato fiscale.
In merito ai test di vitalità e del patrimonio netto, la società incorporata risulta rispettare, al 31 dicembre 2020, il limite del patrimonio netto, mentre non rispetta il test di vitalità. Più in dettaglio, il test di vitalità non risulta superato dall’incorporata B per quanto riguarda i ricavi conseguiti durante il periodo interinale (1° gennaio-31 luglio 2021) e le spese per prestazioni di lavoro subordinato, non avendo, detta società, lavoratori dipendenti.
Tanto premesso, la società istante chiede se:
1) le disposizioni antielusive di cui all’articolo 172, comma 7, del TUIR, siano applicabili limitatamente alle eccedenze ACE maturate dalla società nei periodi d’imposta anteriori all’adesione al regime del consolidato fiscale nazionale (periodo d’imposta 2014) restandone, cioè, escluse quelle maturate in corso di consolidato;
2) possa essere disapplicata la disciplina antielusiva di cui all’articolo 172, comma 7, del TUIR con riguardo alle eccedenze di ACE maturate dalla società incorporata nel periodo d’imposta 2014 e, in caso di risposta negativa al precedente quesito, con riguardo anche all’eccedenza ACE matura in costanza di consolidato fiscale nazionale nel periodo d’imposta 2020. Al riguardo, l’istante non sta chiedendo le eccedenze ACE non fruite negli anni 2015, 2016 e 2017.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In merito al primo quesito, l’istante ritiene che le disposizioni di cui all’articolo 172, comma 7, del TUIR, trovino applicazione solo con riguardo alle eccedenze di ACE maturate dalla società incorporata prima dell’adesione al consolidato fiscale nazionale e, quindi, in relazione al periodo di imposta 2014.
In merito al secondo quesito, l’istante ritiene che l’articolo 172, comma 7, del TUIR possa essere disapplicato in quanto l’operazione di fusione ”è stata posta in essere per rispondere a valide ragioni economiche, non rappresentando, invece, il mezzo per fruire indebitamente della compensazione intersoggettiva dell’eccedenza di ACE di una società priva di capacità produttiva con i redditi imponibili di un’altra”.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
In via preliminare, si precisa che il presente parere non ha ad oggetto né produce effetti (i) in ordine alla quantificazione dell’eccedenza ACE riferita dall’istante, assunta acriticamente in questa sede, con riserva di riscontro nelle competenti sedi (ii) né in ordine alla quota del citato beneficio relativa al periodo d’imposta 2015 (per le quali la società riferisce di non aver presentato istanza di rimborso in considerazione della decorrenza dei relativi termini) ed ai periodi d’imposta 2016 e 2017 (per le quali sono state presentate istanze di rimborso per la maggiore IRES versata in conseguenza della mancata fruizione dell’agevolazione di pertinenza dei suddetti periodi).
Al riguardo, per quanto concerne il regime di circolazione delle eccedenze ACE nel consolidato, si ritiene utile evidenziare quanto riportato nella circolare n. 12/E del 2014 secondo cui ”l’attribuzione delle predette eccedenze alla fiscal unit debba avvenire in via obbligatoria ed in misura pari alla capienza del reddito complessivo netto del gruppo. Le eccedenze non trasferite, nell’ipotesi in cui vi sia capienza a livello di gruppo, non potranno essere riportate nei periodi d’imposta successivi dalle società appartenenti al consolidato”.
Oggetto dell’istanza in esame è il trattamento delle eccedenze ACE in occasione della fusione (inversa) per incorporazione della società B nella società istante (incorporante), con efficacia giuridica a decorrere dal 1° agosto 2021, e con effetti contabili e fiscali retrodatati al 1° gennaio 2021.
In tale ipotesi, conformemente alle previsioni dell’articolo 11 del decreto ministeriale del 1° marzo 2018 (i.e. Revisione del regime di tassazione del consolidato nazionale di cui agli articoli da 117 a 128 del Testo unico delle imposte sui redditi.), il quale dispone che ”la fusione tra società consolidate non interrompe la tassazione di gruppo (…)”, l’operazione straordinaria in esame non determina alcuna interruzione della tassazione di gruppo, che potrà continuare tra la società incorporante e le altre società facenti parte del consolidato fiscale nazionale.
Con circolare n. 9/E del 9 marzo 2010 questa Amministrazione finanziaria ha chiarito che ”in presenza di operazioni di fusione tra società partecipanti al medesimo consolidato nazionale (cfr. articolo 11, commi 1 e 2 del decreto) e con perdite fiscali riportabili conseguite ”in costanza” di consolidato, può escludersi qualsiasi manovra elusiva tesa a realizzare, con l’operazione di aggregazione, la compensazione intersoggettiva delle perdite fiscali tra i soggetti coinvolti, atteso che questi, per effetto dell’operazione medesima, non possono fruire di alcun vantaggio addizionale in termini di compensazione degli imponibili in quanto le perdite prodotte dalle società aderenti al consolidato ”nascono” già compensabili con gli utili di altre società incluse nella tassazione di gruppo”.
Ne deriva, pertanto, che già il regime di consolidato fiscale nazionale in essere tra l’Istante e le altre società in assenza di fusione avrebbe consentito la compensazione intersoggettiva delle medesime perdite conseguite negli esercizi di validità dell’opzione, con la conseguenza che tali operazioni risultano essere finché permane il regime di tassazione di gruppo operazioni ”neutrali” nei confronti delle perdite fiscali residue risultanti dalla dichiarazione dei redditi del consolidato.
Pertanto, la suddetta circolare ha concluso che in ipotesi di fusioni che, ai sensi dell’articolo 11 del decreto, non interrompono la tassazione di gruppo, le disposizioni limitative al riporto delle perdite devono per ragioni di ordine logico sistematico trovare applicazione solo con riferimento alle perdite ”pregresse” all’ingresso nel regime consolidato di ciascuna società partecipante all’operazione, rimanendo escluse le perdite prodotte in vigenza del consolidato.
In riferimento alle eccedenze di interessi passivi, come chiarito con risoluzione n. 42/E del 12 aprile 2011, in presenza di operazioni di aggregazione aziendale che non interrompono la tassazione di gruppo, le disposizioni limitative di cui al citato articolo 172, comma 7, sono, innanzitutto, pienamente operanti, in linea di principio.
Questo perché il meccanismo di attribuzione al consolidato non determina, in questo caso, in capo al soggetto che le ha generate, un effetto di ”spossessamento”, come per le perdite, tant’è che, se inutilizzate a livello di consolidato, tornano nella disponibilità dello stesso soggetto che le ha generate.
Con riferimento alle eccedenze ACE, si ricorda che l’articolo 6 del Decreto 3 agosto 2017, cd. Decreto ACE, dispone che ”Per le società e per gli enti indicati nell’art. 73, comma 1, lettere a), b) e d), del TUIR, che partecipano al consolidato nazionale di cui agli articoli da 117 a 129 del TUIR, l’importo corrispondente al rendimento nozionale determinato ai sensi dell’art. 3 che supera il reddito complessivo netto dichiarato é ammesso in deduzione dal reddito complessivo globale netto di gruppo dichiarato fino a concorrenza dello stesso. L’eccedenza che non trova capienza è computata in aumento del rendimento nozionale dell’esercizio successivo da ciascuna società o ente ed è ammessa in deduzione ai sensi del presente comma ovvero è utilizzata, in alternativa, dalla stessa società o ente, ai sensi dell’art. 3, comma 3”.
In considerazione di tali previsioni, coerentemente a quanto affermato in merito agli interessi passivi, le disposizioni limitative di cui al citato articolo 172, comma 7, sono pienamente operanti, in linea di principio, anche per le eccedenze di ACE generate dalle società partecipanti al consolidato.
Pertanto, nel caso rappresentato, si ritiene, in relazione alle eccedenze relative all’aiuto alla crescita economica, maturate negli esercizi di validità dell’opzione per il consolidato fiscale nazionale, siano pienamente operanti le disposizioni limitative (limite del patrimonio netto e test di vitalità) contenute nell’articolo 172, comma 7, del TUIR, in ipotesi di operazioni di aggregazione aziendale che coinvolgono società che partecipano ad un consolidato fiscale nazionale e che non interrompono la tassazione di gruppo.
Al riguardo, l’istante ha dichiarato che alla data di efficacia giuridica della fusione, la società incorporata risultava titolare di un’eccedenza ACE (che per quanto detto in premessa si assume acriticamente) riportabile pari a Euro 2.874.189,00, di cui Euro 2.073.786 maturati nel periodo d’imposta 2014 e antecedente all’adesione della tassazione di gruppo; Euro 800.403 maturati nel periodo d’imposta 2020 in costanza di consolidato fiscale.
Coerentemente a quanto sopra argomentato, in relazione al quesito interpretativo proposto, si ritiene che tutte le riferite eccedenze ACE siano soggette alla disciplina di cui all’articolo 172, comma 7, del TUIR, compresa quella (eventuale) del cd. periodo interinale (1° gennaio-31 luglio 2021), di cui l’istante non ha fatto esplicitamente cenno, ma che potrebbe essere ragionevolmente maturata posto che gli effetti fiscali dell’operazione di fusione sono stati retrodatati al 1° gennaio 2021.
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