Agenzia delle Entrate – Risposta n. 169 del 6 aprile 2022

IVA, imposte indirette e imposte dirette – cessazione attività della Stabile organizzazione e riallocazione delle attività e dei rapporti giuridici presso la Casa madre estera

QUESITO

La società istante Alfa è un istituto di credito con sede e residenza fiscale nello Stato membro UE XXXXX, che esercita l’attività anche in Italia mediante una stabile organizzazione.

Attualmente Alfa fornisce ai propri clienti italiani – sia privati che imprese – servizi di conto corrente, di deposito bancario, di finanziamento e di leasing finanziario.

Il ramo aziendale italiano, rappresentante l’intero patrimonio della stabile organizzazione italiana dell’istante, è costituito essenzialmente dai rapporti contrattuali con i clienti (di conto corrente, di deposito, di finanziamento e di leasing finanziario) e i relativi crediti e debiti, altri crediti, xx dipendenti, l’immobile presso cui è svolta l’attività, alcuni immobili derivanti dalla risoluzione di contratti di leasing finanziario con clienti inadempienti, i contratti con i vari fornitori, i beni mobili impiegati nell’attività nonché i rapporti contrattuali volti al funding dei propri impegni finanziari verso i clienti.

Alfa, per proprie ragioni economiche, intende interrompere l’operatività diretta in Italia, riallocando l’attività e i rapporti nei confronti dei clienti italiani in capo alla sede centrale in XXXXX, presso la quale confluirebbe l’intero ramo aziendale costituente la stabile organizzazione italiana dell’istante, che verrebbe così meno.

L’istante precisa che sotto il profilo del diritto bancario, la riallocazione beneficerebbe di quanto previsto dal comma 3 dell’art. 58 del TUB.

Ciò posto, la società istante chiede chiarimenti in merito al trattamento fiscale dell’operazione descritta, ai fini IVA, dell’imposta di registro, nonché ai fini delle imposte ipotecaria e catastale.

Ai fini delle imposte dirette, Alfa chiede se l’eventuale plusvalenza costituita dalla differenza tra il valore di mercato e il costo fiscalmente riconosciuto dei beni e diritti facenti parte del patrimonio della stabile organizzazione italiana trasferiti alla stessa Alfa sia soggetta ad IRES e ad IRAP.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE 

La società istante ritiene che l’operazione di riallocazione descritta sia connotata dai seguenti profili di imposizione indiretta.

  1. Imposizione indiretta della riallocazione aziendale

1.1 IVA

Per quanto riguarda l’IVA, l’istante ritiene che l’operazione sia fuori dal campo di applicazione dell’imposta. Infatti, ad avviso della società, l’operazione rientrerebbe nelle previsioni dell’articolo 2, comma 3, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in base al quale le operazioni aventi ad oggetto aziende o rami aziendali non sono considerate cessioni ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

1.2 Imposta di registro

L’istante ritiene che l’operazione in esame sia soggetta all’imposta di registro in misura fissa in quanto l’unico atto soggetto a registrazione, a seguito del suo deposito presso un notaio italiano, è la delibera dell’organo amministrativo o assembleare che, non rientrando nell’elenco tassativo di cui all’articolo 4 della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, rientra nella disposizione di cui all’articolo 9 della Tabella allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 oppure, in alternativa, nella disposizione di cui all’articolo 11 della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986, trattandosi di un atto non avente contenuto patrimoniale.

Nel caso in esame, secondo l’istante, non si determina alcun reale trasferimento di valori economici, né prestazione a “contenuto patrimoniale”, ma l’azienda viene trasferita tra due diverse sedi del medesimo soggetto giuridico e rimane di proprietà della società istante.

1.3 Imposte ipotecaria e catastale

L’istante ritiene che le imposte ipotecaria e catastale trovino applicazione in misura fissa.

Con specifico riferimento all’immobile ove è svolta l’attività italiana e a quelli di cui l’istante è rientrato in possesso a seguito della risoluzione dei contratti di leasing con clienti inadempienti, l’istante ritiene applicabili le previsioni di cui all’articolo 4 della Tariffa allegata al decreto legislativo n. 347 del 1990 e all’articolo 10, comma 2 del medesimo decreto.

Per quanto concerne le garanzie immobiliari relative ai finanziamenti e gli immobili oggetto dei contratti di locazione finanziaria, secondo l’istante, l’operazione in analisi non origina il presupposto per l’applicazione delle imposte ipotecaria e catastale in virtù di quanto previsto dall’articolo 58 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario, di seguito “TUB”) poiché “sotto il profilo del diritto bancario la riallocazione beneficerebbe di quanto previsto dal comma 3 dell’art. 58 del TUB”.

  1. Imposizione diretta della riallocazione aziendale

Alfa ritiene che, ai fini IRES, l’eventuale plusvalenza derivante dall’operazione di riallocazione delle “attività e [dei] rapporti nei confronti dei clienti italiani in capo alla sede centrale in XXXXX, presso la quale confluirebbe l’intero ramo aziendale costituente la stabile organizzazione italiana dell’istante” rientra tra le fattispecie imponibili di cui all’articolo 166, comma 1, lettera c), comportando un’eventuale plusvalenza determinata ai sensi del comma 3, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (di seguito, “TUIR”) nel periodo d’imposta di perfezionamento della predetta “riallocazione”.

La stessa Alfa sostiene che detta operazione di riallocazione non sia assoggettabile ad IRAP e, dunque, non concorra alla formazione del valore della produzione imponibile “alla luce della generale irrilevanza ai fini di tale tributo dei componenti positivi (o negativi) derivanti dal trasferimento di aziende o di rami d’azienda” ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Preliminarmente, va rilevato che la presente risposta presuppone la qualificazione come azienda/ramo d’azienda del complesso di beni e diritti oggetto del trasferimento (i.e. riallocazione) presso la casa madre in XXXXX (così qualificati nell’istanza stessa e in relazione ai quali poiché non è stato formulato alcuno specifico quesito c.d. qualificatorio) e l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia di Alfa anteriormente a detto trasferimento, nonché la fattibilità dell’intera operazione di riallocazione descritta nell’istanza e la corretta esecuzione di tutti gli adempimenti formali e sostanziali richiesti dalla specifica normativa di settore e dalle disposizioni delle Autorità di vigilanza competenti.

  1. Imposizione indiretta della riallocazione aziendale

1.1 IVA

La società istante riferisce di essere un istituto di credito con sede in XXXXX che svolge la propria attività in Italia attraverso una stabile organizzazione.

La società, nell’ambito di un suo disegno di ristrutturazione aziendale, intende cessare l’attività svolta in Italia, riallocando presso la sede centrale (in XXXXX) l’attività ed i beni utilizzati dalla sua stabile organizzazione in Italia.

In base a quanto rappresentato da Alfa nell’istanza e nella risposta alla richiesta di documentazione integrativa inviata dalla scrivente, ai fini di una più puntuale individuazione degli asset che costituiscono oggetto di riattribuzione alla casa madre, per quanto concerne i beni mobili, la società istante ha specificato che gli stessi sono costituiti da arredi, mobili, impianti, macchinari e attrezzature tecniche che, nell’ambito della prospettata riallocazione, la società cercherà di vendere, trasferendo presso la propria sede centrale in XXXXX soltanto il residuo invenduto.

In merito ai beni immobili, costituiti, in particolare, dallo stabile presso il quale è esercitata l’attività in Italia e dagli immobili derivanti dalla risoluzione di contratti di leasing con clienti inadempienti, è intenzione della società istante di cederli anche attraverso servizi offerti da operatori del settore esterni alla banca.

Gli immobili oggetto di contratti di leasing finanziario ancora in essere non muteranno la loro destinazione, in quanto tali contratti continueranno ad essere gestiti dalla sede in XXXXX della società istante.

In relazione al personale dipendente, la società istante ha precisato che la maggior parte dei dipendenti del reparto commerciale saranno licenziati. Soltanto 2 o 3 dipendenti, necessari per un’idonea gestione del portafoglio contratti con la clientela italiana in fase di diminuzione, saranno trasferiti in capo alla casa madre e, successivamente alla riallocazione, opereranno, quindi, dalla sede centrale in XXXXX.

Per quanto riguarda i rapporti di conto corrente e deposito bancario, incluse le gestioni patrimoniali e di portafoglio, ancora in essere, come specificato dalla stessa banca istante, gli stessi potrebbero essere interrotti dai titolari che potrebbero preferire rivolgersi per detti servizi ad altri istituti bancari fisicamente presenti sul territorio italiano.

I rapporti di leasing finanziario, invece, se non interrotti, continueranno ad essere gestiti dalla società istante (dalla sede della casa madre) sino alla loro scadenza naturale, fatti salvi eventuali riscatti anticipati da parte dei clienti.

Ciò premesso, nel presupposto assunto acriticamente che, ai fini IVA, possa ritenersi sussistente in Italia la stabile organizzazione della società istante Alfa, si fa presente che, ai fini dell’individuazione del trattamento fiscale applicabile, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, all’operazione rappresentata, assume rilevanza dirimente la circostanza che la “riallocazione” dei beni e delle attività innanzi descritte avvenga nell’ambito dei rapporti tra la società istante casa madre con sede in XXXXX e la sua stabile organizzazione in Italia.

In linea generale, ai fini IVA, la stabile organizzazione non è un soggetto giuridico autonomo e indipendente dalla casa madre estera ma assume una soggettività propria per le operazioni ad essa direttamente riferibili, poste in essere, dal lato attivo o passivo, con soggetti terzi (cfr. articolo 7, comma 1, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633).

Pertanto, sotto il profilo soggettivo, con riferimento alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi, non opera una vera e propria frattura tra la casa madre e la stabile organizzazione, bensì può dirsi sussistente una linea di continuità correlata all’unicità del soggetto passivo. In altri termini, l’esistenza della stabile organizzazione non determina una soluzione di continuità nella soggettività del soggetto passivo non residente, essa costituisce solo una struttura operativa che, nei limiti ricavabili dal sistema delle disposizioni della Direttiva n. 2006/112/CE, assume una rilevanza quale centro di imputazione di alcuni effetti giuridici connessi all’applicazione dell’IVA, senza peraltro assurgere a soggetto autonomo e distinto rispetto al soggetto cui appartiene.

In tal senso, secondo la Corte di Giustizia UE, un “centro di attività stabile” che non gode di indipendenza economica dalla casa madre non può essere considerato un soggetto autonomo, ma costituisce con essa un soggetto passivo unico” (cfr. sentenza 23 marzo 2006, causa C-210/04, le cui determinazioni sono state recepite in via di prassi dalla Risoluzione 16 giugno 2006, n. 81 a proposito delle prestazioni di servizio intercorrenti tra casa madre estera e stabile organizzazione italiana ovvero tra casa madre italiana e stabile organizzazione estera; sentenza 16 luglio 2009, C-244/08, punto 38; sentenza 12 settembre 2013, causa C- 388/11, punto 34).

In altre parole, secondo l’orientamento adottato dalla Corte di Giustizia, devono considerarsi irrilevanti ai fini IVA le transazioni “interne” che intervengano tra casa madre e stabile organizzazione, in ragione della unitarietà giuridica del soggetto.

L’unitarietà giuridica tra casa madre a stabile organizzazione che, nei termini anzidetti, costituisce il tratto caratterizzante i rapporti tra tali entità, è stata, altresì, ribadita dai giudici unionali nelle sentenze 11 marzo 2021, causa C- 812/19 e 17 settembre 2014, causa C-7/13.

Al riguardo, la Corte di Giustizia UE ha, infatti, affermato che “Nel caso di una prestazione tra la sede principale di una società, situata in uno Stato membro, e una succursale di quest’ultima, situata in un altro Stato membro, la Corte ha dichiarato che tale prestazione è imponibile solo quando tra il prestatore e il destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni. In mancanza di un rapporto giuridico tra una succursale e la sua casa madre, che insieme formano un unico soggetto passivo, le prestazioni reciproche scambiate tra tali entità costituiscono flussi interni non imponibili, a differenza delle operazioni soggette ad imposta realizzate con soggetti terzi (sentenza del 24 gennaio 2019, Morgan Stanley & Co International, C‑165/17, EU:C:2019:58, punti 37 e 38 e giurisprudenza ivi citata)” (sentenza 11 marzo 2021, causa C- 812/19, punto 20). In particolare, nei procedimenti conclusi con le sentenze da ultimo citate,

la Corte di Giustizia UE, chiamata a pronunciarsi sugli effetti derivanti dall’appartenenza ad un Gruppo IVA della casa madre o della sua stabile organizzazione, ha sancito il principio in base al quale soltanto in tali casi la casa madre e la sua “succursale” devono essere considerate, ai fini della tassazione delle reciproche transazioni, soggetti passivi distinti. Con ciò introducendo, dunque, una deroga al principio di unitarietà giuridica tra casa madre e stabile organizzazione che trova la sua precipua giustificazione nell’esigenza di rispettare il principio di limitazione territoriale della potestà impositiva (uno Stato membro, infatti, non può prevedere che un Gruppo IVA comprenda soggetti stabiliti in un altro Stato membro).

Coerentemente con l’orientamento espresso dai giudici unionali, la Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi in merito al riconoscimento del diritto al rimborso dell’IVA versata in Italia da un istituto bancario non residente (i.e. casa madre estera) in relazione a servizi dalla stessa effettuati a favore della sua stabile organizzazione in Italia, ha statuito che “in mancanza di una relazione dicotomica tra soggetti distinti, anche in presenza della configurabilità di un corrispettivo […] non è correttamente configurabile […] la necessaria alterità” che caratterizza la nozione di rapporto negoziale tra due o più parti, intesi come centri di interessi distinti, cui fa riferimento l’art. 1321 del codice civile (cfr. Cass. civ. Sez. V, sentenza 27 settembre 2013, n. 22177; in senso conforme, cfr. Cass. civ. Sez. V, sentenza 12 gennaio 2007, n. 526).

Avendo riguardo al caso in esame, in considerazione della peculiarità che, nei termini anzidetti, caratterizza, ai fini IVA, il rapporto tra casa madre e stabile organizzazione, a prescindere da una qualificazione del trasferimento dei beni e diritti della stabile organizzazione presso la casa madre come “cessione di azienda o di ramo di azienda” – che, come precisato, non costituisce oggetto di uno specifico quesito dell’istanza in trattazione – in termini generali, l’operazione di “riallocazione” che la società istante intende realizzare non assume rilevanza agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, stante la mancanza dell’alterità soggettiva necessaria affinchè possa configurarsi un’operazione rilevante ai fini IVA, salvo per quanto concerne gli scambi di beni tra casa madre e stabile organizzazione che comportano il trasferimento (fisico) degli stessi nel territorio di un altro Stato membro, che, come è noto, sono assimilati alle operazioni intracomunitarie.

In particolare, ai fini che qui interessano, ai sensi dell’art. 17, par. 1, della direttiva 2006/112/CE “è assimilato ad una cessione di beni effettuata a titolo oneroso il trasferimento da parte di un soggetto passivo di un bene della sua impresa a destinazione di un altro Stato membro. Costituisce “trasferimento a destinazione di un altro Stato membro” qualsiasi spedizione o trasporto di un bene mobile materiale effettuato dal soggetto passivo o per suo conto, fuori dal territorio dello Stato membro in cui si trova il bene, ma nella Comunità, per le esigenze della sua impresa”.

Specularmente, l’art. 21 della direttiva 2006/112/CE prevede che “è assimilata ad un acquisto intracomunitario di beni effettuato a titolo oneroso la destinazione da parte di un soggetto passivo alle esigenze della propria impresa di un bene spedito o trasportato, dal soggetto passivo o per suo conto, a partire da un altro Stato membro all’interno del quale il bene è stato prodotto, estratto, trasformato, acquistato, acquisito ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), o importato dal soggetto passivo nell’ambito della sua impresa in quest’ultimo Stato membro”.

Considerato che le cessioni intracomunitarie (non imponibili nello Stato del cedente) sono operazioni speculari agli acquisti intracomunitari (assoggettati ad imposta nello Stato del cessionario), si è dell’avviso che l’eventuale scambio dei beni mobili dalla stabile organizzazione italiana alla società istante con sede in XXXXX , che comporti il trasferimento dei beni medesimi dall’Italia nello Stato membro UE XXXXX, assuma rilevanza, ai fini impositivi, in detto Stato membro.

1.2 Imposta di registro

Con riferimento all’imposta di registro è necessario considerare che, secondo quanto affermato dall’Istante “l’unico atto che sarebbe soggetto a registrazione, a seguito del suo deposito presso un notaio italiano, sarebbe la delibera dell’organo amministrativo o assembleare di Alfa riportante, appunto, la decisione riorganizzativa di spostamento del ramo aziendale italiano presso la propria sede centrale in XXXXX, con la conseguente chiusura della branch italiana”.

Al riguardo, con riferimento al quesito proposto, ai soli fini interpretativi che rilevano in questa sede, si fa presente, in via preliminare, che ai sensi dell’articolo 106, n. 4, della legge 16 febbraio 1913, n. 89 sull’ordinamento del Notariato e degli archivi notarili, l’utilizzo nel territorio dello Stato italiano di atti pubblici rogati e delle scritture private autenticate in uno Stato estero è subordinato al preventivo deposito dei medesimi presso l’archivio notarile distrettuale o presso un notaio esercente la professione in Italia.

Al riguardo, l’articolo 68 del Regolamento di esecuzione della citata legge (Regio decreto 10 settembre 1914, n. 1326) dispone che il notaio può ricevere in deposito, in originale o in copia, gli atti rogati in un Paese estero debitamente legalizzati, redigendo un apposito verbale, che deve essere annotato a repertorio. Gli atti stipulati all’estero, pertanto, ai fini dell’utilizzo nello Stato italiano, devono essere legalizzati e depositati presso il notaio o presso l’archivio notarile distrettuale.

Si precisa che l’obbligo di richiedere la registrazione dell’atto notarile di deposito dell’atto estero grava sul notaio che riceve il documento in deposito, ai sensi dell’articolo 10 lettera b) del TUR.

Come chiarito con la risoluzione 12 dicembre 1981, n. 250751, il pubblico ufficiale, nel redigere il verbale di deposito dell’atto formato all’estero e le copie conformi in lingua italiana di quest’ultimo, trasforma formalmente tale atto in atto proprio ed è perciò obbligato a chiedere la registrazione ed a pagare l’imposta principale, in solido con le parti contraenti e con i soggetti nell’interesse dei quali viene richiesta la registrazione (cfr. articolo 57, comma 1 del TUR).

La funzione del verbale di deposito, dunque, è quella di recepire l’atto formato all’estero al fine di consentirne l’uso nello Stato italiano (cfr. articolo 106 della legge n.89 del 1913); il verbale di deposito costituisce, dunque, il mezzo attraverso il quale un determinato atto estero può essere utilizzato in Italia.

Alla luce dei chiarimenti forniti con il citato documento di prassi, si ritiene, pertanto, che ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro si debba far riferimento unicamente al contenuto dell’atto depositato.

A tale fine si rileva che, come riferito dall’istante e in base alle risultanze dei documenti allegati alla presente istanza, l’atto che il notaio provvederà a ‘nazionalizzare’ corrisponde ad una delibera del consiglio di gestione della società estera Alfa istante avente ad oggetto la chiusura della succursale in Italia, di cui è stata prodotta unicamente una bozza “non avendo la Società ancora proceduto formalmente in tal senso”.

Per quanto emerge dall’istanza e dalla predetta bozza di delibera, si ritiene che anche ai fini delle imposte indirette diverse dall’IVA, stante la mancanza dell’alterità soggettiva tra le parti coinvolte, non si determini alcun trasferimento intersoggettivo di beni.

L’atto depositato presso un Notaio italiano, ‘nazionalizzato’ e portato alla registrazione sconta l’imposta di registro in misura fissa quale atto non avente contenuto patrimoniale, ai sensi dell’articolo 11 della Tariffa, parte prima, allegata al TUR.

1.3 Imposte ipotecaria e catastale

Ai fini delle imposte ipotecaria e catastale si premette che il decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347 all’articolo 1 prevede che «Le formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione eseguite nei pubblici registri immobiliari sono soggette alla imposta ipotecaria secondo le disposizioni del presente testo unico e dell’allegata tariffa» e all’articolo 10 prevede che «Le volture catastali sono soggette all’imposta (…)»

Ciò posto, nel caso di specie, con specifico riferimento all’immobile in cui è stabilita la sede della stabile organizzazione e agli immobili derivanti dalla risoluzione dei contratti di leasing con clienti inadempienti, le eventuali formalità da porre in essere a seguito dell’operazione descritta saranno da assoggettare all’imposta ipotecaria in misura fissa ai sensi dell’articolo 4 della Tariffa allegata al D.Lgs. n. 347 del 1990 dovuta per la «Trascrizione di atti o sentenze che non importano trasferimento di proprietà di beni immobili (…)».

In relazione alle eventuali volture catastali relative ai medesimi immobili, l’imposta catastale è applicata in misura fissa ai sensi dell’articolo 10, comma 2 del d.lgs. n. 347 del 1990 che prevede che «L’imposta è dovuta nella misura fissa di euro 200,00 per le volture eseguite in dipendenza di atti che non importano trasferimento di beni immobili (…)».

Inoltre, con riferimento alle garanzie immobiliari relative ai finanziamenti e agli immobili oggetto dei contratti di locazione finanziaria, l’Istante ritiene che l’operazione non originerebbe il presupposto per l’applicazione dell’imposta ipotecaria poiché “sotto il profilo del diritto bancario la riallocazione beneficerebbe di quanto previsto dal comma 3 dell’art. 58 del TUB”.

Premesso che la verifica della sussistenza dei relativi presupposti applicativi sotto il profilo del diritto bancario non rientra nella competenza della scrivente, si osserva quanto segue in relazione ai riflessi fiscali che emergono dalla predetta disposizione.

L’articolo 58 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario di seguito “TUB”) prevede particolari misure agevolative per la cessione, tra operatori del settore finanziario, di aziende, beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. Il comma 2 della citata disposizione stabilisce che «La banca cessionaria dà notizia dell’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. La Banca d’Italia può stabilire forme integrative di pubblicità» e il successivo comma 3 prevede che «I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti a favore del cedente, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione».

Come precisato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 17 marzo 2006, n. 5997 e chiarito con la risoluzione 3 novembre 2006, n. 3, con la richiamata disposizione, il legislatore ha inteso agevolare la realizzazione delle cessioni in blocco di rapporti giuridici, prevedendo, quale presupposto di efficacia della stessa nei confronti dei debitori ceduti, la pubblicazione di un avviso nella Gazzetta Ufficiale, e dispensando la banca cessionaria dall’onere di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti acquisiti e di provvedere alle formalità di trascrizione nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione.

Tenuto conto, dunque, che per i trasferimenti immobiliari il presupposto per l’applicazione dell’imposta ipotecaria è da individuarsi nella formalità, deve ritenersi che laddove, in applicazione delle previsioni recate dal citato articolo 58 del TUB, detta formalità non venga posta in essere, la relativa imposta non sia dovuta.

A parere della scrivente, tuttavia, laddove in relazione alla cessione in blocco effettuata, si proceda comunque, su base volontaria, alla formalità di trascrizione degli immobili oggetto dei contratti di leasing, nel caso di specie, coerentemente con quanto affermato precedentemente, deve ritenersi comunque dovuta l’imposta ipotecaria nella misura fissa, ai sensi dell’articolo 4 della Tariffa allegata al D.Lgs. n. 347 del 1990.

Per quanto attiene all’imposta catastale, si precisa che il citato articolo 58 del TUB non contiene alcuna specifica previsione riferita alla voltura.

Il presente parere viene reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto delle loro veridicità e concreta attuazione del contenuto, ed esula, altresì, da ogni valutazione circa fatti e/o circostanze non rappresentate nell’istanza e riscontrabili nella eventuale sede di accertamento.

  1. Imposizione diretta della riallocazione aziendale

Come evidenziato nell’istanza  e nella documentazione integrativa,  la riallocazione aziendale sarà posta in essere tramite il trasferimento in XXXXX, presso la casa madre Alfa, dell’intero ramo aziendale presente in Italia e costituente la stabile organizzazione in Italia della stessa Alfa.

In particolare, l’operazione in questione determinerà lo spostamento dell’intero ramo aziendale costituente la stabile organizzazione italiana di Alfa, facendo sì che, all’esito della predetta operazione, non rimarrà in Italia alcuna stabile organizzazione.

In proposito, occorre rilevare che, ai fini dell’IRES, l’articolo 166, comma 1, lettera c), del TUIR prevede espressamente che le disposizioni in materia di c.d. exit tax trovano applicazione nell’ipotesi in cui di trasferimento di un’intera stabile organizzazione sita in Italia presso la casa madre estera (“c) sono fiscalmente residenti all’estero, possiedono una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato e trasferiscono l’intera stabile organizzazione alla sede centrale o ad altra stabile organizzazione situata all’estero”). In tal caso, come stabilito dal comma 3, lettera c) del citato articolo 166, è imponibile “la plusvalenza, unitariamente determinata, pari alla differenza tra il valore di mercato e il corrispondente costo fiscalmente riconosciuto delle attività e passività facenti parte del patrimonio della stabile organizzazione trasferita alla sede centrale o alla stabile organizzazione situata all’estero”.

Sulla base di quanto rappresentato nell’istanza e nella documentazione integrativa, l’oggetto della riallocazione aziendale (i.e. trasferimento) dall’Italia all’estero (presso la casa madre Alfa in XXXXX) è costituito dall’“intera” stabile organizzazione in Italia di Alfa (costituita da un complesso di beni qualificabile come azienda/ramo d’azienda). Infatti, come sopra riportato, all’esito di detta riallocazione non vi sarà più una “presenza fisica” (i.e. stabile organizzazione) di Alfa in Italia e l’attività ivi svolta continuerà ad essere gestita presso la casa madre in XXXXX.

Pertanto, ai fini dell’IRES, l’operazione descritta è riconducibile alla fattispecie di cui alla lettera c) del comma 1 del citato articolo 166 e comporta l’eventuale emersione di una plusvalenza imponibile determinata secondo i criteri della lettera c) del successivo comma 3.

Ai fini dell’IRAP, va rilevato che, per effetto delle modifiche introdotte dall’articolo 1, comma 50, della legge 27 dicembre 2007, n. 244, sono state riformate le regole di determinazione della sua base imponibile. In particolare, la scelta dell’adozione del c.d. “principio di derivazione diretta” (o “presa diretta”) del bilancio – nel caso di stabile organizzazione da “un apposito rendiconto economico e patrimoniale, da redigersi secondo i principi contabili previsti per i soggetti residenti aventi le medesime caratteristiche”, così articolo 12 del D.Lgs. 446 del 1997 – implica irrilevanza ai fini IRAP delle variazioni fiscali operate per la determinazione della base imponibile dell’IRES.

Pertanto, la plusvalenza conseguente al trasferimento della stabile organizzazione alla casa madre estera (nella specie, alla riallocazione), non transitando nel rendiconto della medesima stabile, è del tutto irrilevante ai fini della determinazione del valore della produzione che costituisce la base imponibile dell’IRAP.

Inoltre, l’eventuale plusvalenza derivante da un trasferimento d’azienda (come nel caso prospettato) non determinerebbe comunque un componente positivo imponibile ai fini del valore della produzione, in quanto i componenti “positivi e negativi di natura straordinaria derivanti da trasferimenti di azienda o di rami di azienda, così come risultanti dal conto economico dell’esercizio” sono esclusi dalla base imponibile IRAP ex articolo 5, comma 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997.

Il presente parere è reso sulla base dei fatti, dei dati e degli elementi comunicati dal contribuente, assunti acriticamente così come esposti nell’istanza di interpello e nella documentazione integrativa, nel presupposto della loro veridicità e concreta realizzazione. Inoltre, non comporta alcuna valutazione della corretta rilevazione contabile nel rendiconto della stabile organizzazione dell’operazione di trasferimento presso la casa madre.

Infine, si evidenzia che l’apprezzamento degli elementi materiali che qualificano una stabile organizzazione, lo spostamento e la valorizzazione delle relative funzioni, asset e rischi in sede di trasferimento e l’esistenza in Italia della stabile organizzazione nei termini indicati nell’istanza costituiscono questioni di fatto che esulano dall’attività interpretativa svolta in sede di interpello c.d. ordinario puro di cui alla prima parte della lettera a) del comma 1 dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000 (cfr. circolare 1° aprile 2016, n. 9/E, par. 1.1).

Resta, altresì, impregiudicato ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria sui predetti aspetti e volto a verificare se la fattispecie rappresentata (anche in relazione ad eventuali atti, fatti o negozi giuridici ad essa collegati) realizzi un disegno elusivo, censurabile ai sensi dell’articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000.