La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 15737 depositata il 23 luglio 2020 intervenendo in tema di determinazione del reddito d’impresa ha statuito che è “pacifico che nel contratto di vendita dell’autovettura nuova la concessionaria si è impegnata a non richiedere al cliente la (eventuale) differenza incassata in meno rispetto alla valutazione fatta in sede di ritiro dell’usato. Nella pratica, questo meccanismo sovente genera perdite che vanno ad incidere sul conto economico dell’impresa, che sono deducibili a titolo di sopravvenienze passive. Ed infatti, nel momento in cui l’autovettura usata viene contabilizzata in conto prezzo di quella nuova, per l’impresa concessionaria sorge un credito garantito esclusivamente dal futuro realizzo. Al momento del realizzo dell’usato il conto acceso al credito garantito, per l’ammontare della valutazione operata all’acquisto, deve trovare compensazione con il conto riferito al ricavo relativamente al prezzo conseguito”
La vicenda ha riguardato una società a responsabilità limitata, esercente attività di concessionaria di auto, a cui veniva notificato un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate aveva determinato, maggiori imposte contestando l’emissione di note di credito per le minusvalenze derivanti dalla vendita di auto usate, acquisite e contabilizzate al momento dell’atto di vendita di auto nuove, per un importo non corrispondente a quello di mercato. Avverso tale atto impositivo la società proponeva ricorso in Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure rigettano le doglianze della ricorrente. La società impugnava la decisione della CTP con ricorso in Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello accolgono le doglianze della ricorrente e riformano totalmente la sentenza di prime cure ritenendo illegittimo l’accertamento. L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso, avverso la sentenza della CTR, in cassazione fondato su tre motivi. La società proponeva ricorso incidentale.
Gli Ermellini accolgono il primo e secondo motivo del ricorso dell’Agenzia. In particolare ha riconosciuto che la vendita di un auto usata da parte di una concessionaria, acquisita a seguito della vendita di un auto nuova, per un importo inferiore rispetto alla valutazione effettuata in sede di vendita dell’auto nuova determina la rilevazione contabile di una sopravvenienza passiva, che concorre a formare il reddito d’impresa.
I giudici di legittimità sottolineano che «è onere del contribuente dimostrare la ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 26, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972 per accedere al regime della variazione in diminuzione dell’imposta, tramite la corretta e completa registrazione delle operazioni, da cui emerga inequivocabilmente la corrispondenza tra le stesse, oppure, ove tale onere non possa essere così assolto, attraverso altri mezzi di prova nel rispetto delle regole generali ed in particolare dell’art.2704 c.c., in forza del quale non è opponibile all’Amministrazione finanziaria una scrittura privata priva di sottoscrizione autenticata in data certa» per cui la perdita relativa al minor prezzo incassato per la vendita dell’auto usata rispetto a quello esposto in fattura, laddove non emendabile per carenza dei presupposti (errore nella fatturazione e accordo sul nuovo prezzo, di cui al settimo comma, dell’articolo 26 del d.P.R. n.633 del 1972), poichè rimane deducibile e va ad incidere sul conto economico dell’impresa, deve essere contabilizzata a titolo di sopravvenienza passiva.
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