La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 27940 depositata il 4 ottobre 2023, intervenendo in tema di azione disciplinare e risarcimento del danno, ha riconfermato il principio di diritto secondo cui “… la violazione degli obblighi di fedeltà e diligenza da parte di un dipendente comporta, oltre all’applicabilità di sanzioni disciplinari, anche l’insorgere del diritto al risarcimento dei danni e ciò tanto più nel caso in cui il medesimo, quale dirigente di un istituto di credito in rapporto di collaborazione fiduciaria con il datore di lavoro, del quale è un “alter ego”, occupi una posizione di particolare responsabilità, collocandosi al vertice dell’organizzazione aziendale e svolgendo mansioni tali da improntare la vita dell’azienda (Cass.n.394/2009; Cass.n. 8702/2000; Cass. n. 2097/18).

L’esistenza di fatti accertati, anche se non censurati sotto il profilo disciplinare, può comunque determinare il diritto al risarcimento del danno provocato, poiché l’interesse perseguito dal datore di lavoro è costituito dal ripristino della situazione patrimoniale evidentemente lesa. In tale prospettiva la scelta di non far conseguire provvedimenti disciplinari è legittimamente assunta dal datore di lavoro che non valuti sanzionabile la condotta. …”

 
Gli Ermellini dichiarano inammissibile il ricorso.
 
I giudici di legittimità nel ritenere corretta la sentenza impugnata hanno evidenziato che:
 
  • l’azione disciplinare e quella di risarcimento del danno si pongono su due piani distinti, indipendenti l’uno dall’altro;
  • l’esistenza di fatti accertati, anche se non censurati sotto il profilo disciplinare, può comunque determinare il diritto al risarcimento del danno provocato, poiché l’interesse perseguito dal datore di lavoro è costituito dal ripristino della situazione patrimoniale lesa;
  • in tale prospettiva la scelta di non far conseguire provvedimenti disciplinari è legittimamente assunta dal datore di lavoro.