La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 8489 depositata il 6 maggio 2020 intervenendo in tema di accertamento con metodo sintetico ex art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha affermato che Nel caso di rimborso analitico non si determina alcun riflesso di tassazione in capo al dipendente, poiché il riconoscimento di detti costi avviene sulla base della documentazione fornita dallo stesso dipendente e non può mai essere superiore alla spesa effettivamente sostenuta; invece, nell’ipotesi in cui si utilizzi il metodo forfettario, il citato art. 51, comma 5, del t.u.i.r. prevede un limite massimo oltre il quale l’importo forfettario riconosciuto al dipendente concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente.”

La vicenda ha riguardato un contribuente, amministratore di una società, a cui veniva notificato un avviso di accertamento con il quale era stato rideterminato, con il c.d. “redditometro” sintetico ex art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, un maggior reddito imputabile a spese per incrementi patrimoniali relative ad acquisti di azioni – perfezionati con tre scritture private autenticate ed al possesso di un’autovettura. Avverso tale atto impositivo il contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure accolsero le doglianze del ricorrente. L’Agenzia delle Entrate proponeva appello avverso la sentenza della CTP. I giudici della Commissione Tributaria Regionale riformarono la sentenza impugnata, accogliendo le doglianze dell’Amministrazione finanziaria. Il contribuente avverso la decisione della CTR proponeva ricorso in cassazione fondato su sei motivi.

Gli Ermellini accolgono solo il secondo motivo del ricorso del contribuente. In particolare la Corte Suprema precisa che “il principio di non contestazione di cui all’art. 115 cod. proc. civ., applicato anche nel processo tributario, , concerne esclusivamente il piano probatorio dell’acquisizione del fatto non contestato, ove il giudice non sia in grado di escluderne l’esistenza in base alle risultanze ritualmente assunte nel processo.”  Inoltre viene evidenziato che “Non ricorre, tuttavia, il vizio di omessa pronuncia quando, come nel caso di specie, la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte”

I giudici di legittimità sottolineano che ai fini dell’applicabilità del c.d. “redditometro” lo scostamento costituente presupposto per l’applicazione del metodo di accertamento sintetico va commisurato al reddito dichiarato ex art. 39, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973.

In merito alla fondatezza del secondo motivo, inerente l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, proposto dal ricorrente, la Suprema Corte afferma che in riferimento all’incremento patrimoniale per acquisto di titoli azionari  il recupero va comunque ridotto nel caso in cui i titoli acquistati, a seguito di atto rettificativo del prezzo di acquisto, perdano valore.

Infine i giudici del palazzaccio ribadiscono che “Per il rimborso delle spese di trasferta l’art. 51, comma 5, del t.u.i.r. distingue due diverse modalità: a) il rimborso analitico ( o piè di lista) in cui il rimborso avviene sulla base delle spese effettivamente sostenute per il vitto, l’alloggio ed il viaggio, adeguatamente documentate; b) il rimborso forfettario, in forza del quale al dipendente viene data una provvista di denaro forfettaria con la quale sostiene le spese di vitto e alloggio; è inoltre prevista anche una possibilità di rimborso <<misto>>, ossia in parte analitico ed in parte forfettario.”

Pertanto come sottolineato dall’ordinanza in commento l’indennità di trasferta corrisposta al dipendente in busta paga assieme allo stipendio ed alle altre voci retributive, in riferimento alle spese sostenute durante la trasferta, ha sempre natura meramente restitutoria e non retributiva se determinata a fronte di un rimborso analitico delle spese oppure, in caso di determinazione forfettaria, entro i limiti di cui all’articolo 51, comma 5,  del TUIR.