AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 42 del 9 febbraio 2024
Opzione per il riallineamento fiscale – Modifica della scelta operata in dichiarazione – Remissione in bonis ex articolo 2 del d.l. n. 16 del 2012
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA], di seguito, istante pone un quesito qui sinteticamente riportato in merito alla possibilità di modificare, mediante dichiarazione integrativa, la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2019, per rettificare il contenuto dei campi ove è stata esercitata ”erroneamente” una opzione (quella per riallineamento dei valori ex articolo 176, comma 2ter, del Tuir), in luogo di quella che effettivamente scelta (opzione per il riallineamento di cui dall’articolo 1, commi da 696 a 704, della legge 27 dicembre 2019, n. 160).
In particolare, rappresenta che, «nel corso del 2017, ha effettuato un’operazione straordinaria di fusione dalla quale sono emerse delle differenze tra il valore civilistico e il valore fiscale relativamente ad un terreno sul quale insiste un fabbricato industriale.
Per effetto della citata operazione di fusione, nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2018 è stato compilato il quadro RV per evidenziare il disallineamento dei valori pari ad euro […]. […]
La società istante ha inteso usufruire della normativa ritenuta di favore [prevista dal citato articolo 1, commi da 696 a 704, della legge n. 160 del 2019, per riallineare fiscalmente e a pagamento i differenziali di valore contabile/fiscale riferibili ai beni d’impresa, ndr.]. […]
L’opzione per l’applicazione della predetta normativa è stata evidenziata in modo articolato e puntuale nel bilancio relativo all’esercizio 2019 in cui è stata individuata nella nota integrativa la specifica normativa fruita e su quali riserve è stato apposto il vincolo legale di sospensione fiscale».
Tuttavia, nella dichiarazione dei redditi 2020 (anno d’imposta 2019), «regolarmente presentata dalla Società istante, il citato riallineamento è stato erroneamente esposto nella sez. VIA del quadro RQ anziché nella sezione XXIIIB dello stesso quadro RQ.
In conseguenza dell’errore commesso nella compilazione della dichiarazione dei redditi inviata telematicamente, l’imposta sostitutiva è stata erroneamente versata utilizzando il codice tributo 1126 (di cui al riallineamento ex art. 176 del TUIR) per un importo di euro […] (12% di […]) invece che con il codice da riallineamento ex art. 1 commi 696 e seguenti della Legge n. 160/2019 (codice tributo 1811) che, peraltro, avrebbe comportato un versamento inferiore pari a euro […] (10% di […])».
Premesso che, «nel corso del prossimo futuro, concluderà una serie di atti di vendita aventi ad oggetto gli immobili oggetto di riallineamento […] [l’istante, ndr.] intende pertanto conoscere se:
il riallineamento [invocato, ndr.] possa ritenersi comunque valido ed efficace sul piano fiscale, intervenendo con le opportune correzioni grazie al ravvedimento operoso volontario ex articolo 13 del decreto legislativo n. 472/1997;
in caso di risposta negativa al quesito precedente, come la Società possa recuperare l’imposta sostitutiva che con questa soluzione sarebbe stata indebitamente versata».
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
In estrema sintesi, la società istante «ritiene sia possibile:
emendare l’errore commesso presentando una dichiarazione integrativa dell’originaria ricorrendo al cosiddetto ”ravvedimento operoso” ex art. 13 del D.lgs. n. 472/1997 provvedendo alla corretta esposizione delle informazioni attinenti al riallineamento effettuato nella sezione XXIIIB in luogo della sezione VIA del quadro RQ e corrispondendo la sanzione fissa di 250,00 euro di cui all’art. 8, comma 1 del D.lgs. n. 471/1997 su cui applicare le riduzioni disciplinate dal citato art. 13;
richiedere il cambio del codice tributo sul modello di versamento F24, con l’esposizione del dato corretto, in relazione alla nuova esposizione dei dati nel quadro RQ, mediante pratica CIVIS».
Ove la soluzione innanzi prospettata non fosse percorribile, l’istante ritiene che «l’imposta già corrisposta possa essere riconosciuta come credito d’imposta. Tale soluzione appare in linea, con quanto previsto dall’articolo 3, commi 2 e 3, del DM n. 86 del 19 aprile 2002, in tema di rivalutazioni e riallineamento di valori».
Parere dell’Agenzia delle Entrate
Preliminarmente si fa presente che esula dalle competenze della scrivente, in risposta all’istanza in oggetto, ogni valutazione in merito alla verifica della correttezza del comportamento contabile e fiscale dell’operazione cui l’istante fa riferimento, ovverosia alla quantificazione del valore del riallineamento, restando impregiudicato qualsiasi potere di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
L’articolo 1, commi da 696 a 704 della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020) ha previsto la possibilità di rivalutare i beni d’impresa e le partecipazioni, nonché di affrancare il saldo attivo della rivalutazione.
Ai fini dell’attuazione delle citate disposizioni, il comma 702 dell’articolo 1 della legge fa rinvio, tra le altre, alle disposizioni degli articoli 11, 13, 14 e 15 della legge 21 novembre 2000, n. 342, in quanto compatibili.
Stante l’espresso rinvio alla legge n. 342 del 2000 trovano, dunque, applicazione, in quanto compatibili, molti dei chiarimenti contenuti nei documenti di prassi già emanati sull’argomento e, in particolare, la circolare n. 14/E del 27 aprile 2017, la circolare n. 13/E del 4 giugno 2014, la circolare n. 11/E del 19 marzo 2009 e la risoluzione n. 362/E del 29 settembre 2008, la circolare n. 6/E del 1° marzo 2022.
Ciò detto, con riferimento al momento di perfezionamento della rivalutazione, la circolare n. 11/E del 2009 ha espresso un principio di carattere generale successivamente ribadito con le circolari n. 13/E del 2014 e n. 14/E del 2017 da considerarsi valido anche per la rivalutazione di cui si discute, secondo cui«[…]l’esercizio dell’opzione per la rivalutazione dei beni d’impresa deve ritenersi perfezionato con l’indicazione in dichiarazione dei redditi dei maggiori valori rivalutati e della relativa imposta sostitutiva».
Ai fini del perfezionamento dell’opzione per la rivalutazione, dunque, rileva la corretta compilazione del quadro RQ nella dichiarazione annuale in cui l’opzione stessa è esercitata.
In particolare, come si legge dalle Istruzioni per la compilazione della dichiarazione Modello REDDITI 2020 Periodo d’imposta 2019, «La sezione XXIIIB va compilata dai soggetti che, ai sensi del comma 702 dell’art. 1 della legge, si sono avvalsi della facoltà di cui all’art. 14 della legge 21 novembre 2000, n. 342 di affrancare ai fini fiscali i maggiori valori che risultano iscritti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2018, a condizione che i relativi beni, purché ricompresi tra quelli previsti dall’art. 10 della legge n. 342 del 2000, siano ancora presenti nel bilancio in cui è operato il riallineamento» (cfr. paragrafo 8.18 delle citate Istruzioni).
Il riallineamento di cui all’articolo 176, comma 2ter, del TUIR, invece, consiste in un regime opzionale, alternativo al regime di neutralità fiscale, che consente di riconoscere ai fini fiscali, in tutto o in parte, i maggiori valori attribuiti in bilancio agli elementi dell’attivo costituenti immobilizzazioni materiali e immateriali incluso l’avviamento, emergenti a seguito di un’operazione straordinaria, attraverso l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive su tali maggiori valori (cfr. circolare del 25 settembre 2008, n. 57/E).
Per l’esercizio e gli effetti dell’opzione, con il decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze del 25 luglio 2008, sono state adottate le disposizioni attuative secondo cui il versamento dell’imposta sostitutiva deve avvenire obbligatoriamente in tre rate utilizzando il codice tributo 1126 (cfr. risoluzione del 10 giugno 2008, n. 237/E) e l’opzione si considera perfezionata con il versamento della prima delle tre rate dell’imposta dovuta (cfr. articolo 1, commi 4 e 8 del citato decreto ministeriale).
Tutto ciò premesso, venendo al caso di specie, l’istante, in data 24 luglio 2020, ha effettuato, mediante Modello F24, un versamento, indicando il codice tributo 1126 corrispondente all’imposta sostitutiva ex articolo 176, comma 2ter del TUIR perfezionando con esso l’esercizio dell’opzione e, successivamente, coerentemente con la scelta espressa attraverso il suddetto versamento, nella dichiarazione dei redditi 2020, relativa al periodo d’imposta 2019, regolarmente presentata in data 28 ottobre 2020, ha compilato la sezione VIA del quadro RQ (i.e. il riallineamento fiscale ai sensi dell’articolo 176 del TUIR).
Ciò premesso, ambedue i quesiti prospettati l’uno in merito alla possibilità di modificare, mediante ravvedimento operoso, la dichiarazione in parola esercitando una opzione differente rispetto a quella già espressa, e l’altro di recuperare l’imposta sostitutiva versata tramite il riconoscimento di un credito d’imposta trovano risposta sfavorevole per le ragioni di seguito esposte.
In primo luogo, si rammenta che, con l’istituto del ravvedimento operoso, disciplinato dall’articolo 13 del decreto legislativo del 18 dicembre 1997, n. 472, è possibile definire una irregolarità fiscale (i.e. errori, omissioni, versamenti tardivi o carenti), provvedendo spontaneamente alla rimozione formale della violazione commessa e, contestualmente, al pagamento dell’imposta dovuta, degli interessi e della sanzione in misura ridotta in ragione del tempo trascorso dalla commissione delle violazioni stesse. Detto istituto non può, invece, essere utilizzato per modificare scelte o correggere errori o omissioni compiuti in applicazione di regimi opzionali.
Al più, lo strumento specificamente introdotto dal legislatore in particolare, con l’articolo 2, comma 1 del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44) volto a evitare che, in determinate circostanze, al contribuente, in possesso di requisiti sostanziali normativamente richiesti, sia preclusa la possibilità di fruire di benefici fiscali o di regimi opzionali è, invero, l’istituto della remissione in bonis.
In base al richiamato articolo 2, «sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore dell’inadempimento abbia avuto formale conoscenza», il contribuente può fruire di benefici di natura fiscale e accedere ai regimi fiscali opzionali laddove:
«a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;
b) effettui la comunicazione ovvero esegua l’adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;
c) versi contestualmente l’importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, esclusa la compensazione ivi prevista».
Al riguardo, con la circolare n. 38/E del 28 settembre 2012, è stato chiarito che «il contribuente deve effettuare la comunicazione ovvero eseguire l’adempimento richiesto ”entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile”, da intendersi come la prima dichiarazione dei redditi il cui termine di presentazione scade successivamente al termine previsto per effettuare la comunicazione ovvero eseguire l’adempimento stesso» requisito che, nel caso di specie, non sussiste per decorso del termine.
Sempre con la circolare n. 38/E del 2012, nel richiamare il contenuto della relazione illustrativa, è stato chiarito, inoltre, che la previsione normativa in oggetto «intende salvaguardare il contribuente in buona fede» e, quindi, «esclude che il beneficio possa essere fruito o il regime applicato nelle ipotesi in cui il tardivo assolvimento dell’obbligo di comunicazione ovvero dell’adempimento di natura formale rappresenti un mero ripensamento, ovvero una scelta a posteriori basata su ragioni di opportunità.
L’esistenza della buona fede, in altri termini, presuppone che il contribuente abbia tenuto un comportamento coerente con il regime opzionale prescelto ovvero con il beneficio fiscale di cui intende usufruire (c.d. comportamento concludente), ed abbia soltanto omesso l’adempimento formale normativamente richiesto, che viene posto in essere successivamente».
A parere della scrivente, nel caso descritto, non si ravvisa alcuna distonia che avrebbe potuto dar luogo all’applicazione della disciplina della remissione in bonis [ad oggi, comunque, inibita essendo ormai scaduti i termini per la sua applicazione], atteso che il ”comportamento” tenuto dall’istante versamento dell’imposta sostitutiva eseguito ben prima (24 luglio 2020) della presentazione della dichiarazione annuale (28 ottobre 2020) a suo dire errata è coerente con il regime opzionale indicato nella citata dichiarazione e non con quello che si chiede di modificare. Ne deriva che la richiesta di modificare l’opzione a posteriori appare un mero ripensamento, una scelta basata su ragioni di opportunità, a nulla rilevando il richiamo al riallineamento fiscale di cui all’articolo 1 commi 696 e seguenti della legge n. 160 del 2019 presente nell’informativa del bilancio d’esercizio relativo al 2019, che rappresenta una manifestazione d’intento cui non ha fatto seguito un comportamento concludente e fiscalmente rilevante.
Alla luce delle considerazioni suesposte, all’istante è preclusa la possibilità di emendare l’opzione espressa nella dichiarazione annuale relativa al periodo d’imposta 2019.
Al fine di recuperare l’imposta sostitutiva, a suo dire erroneamente versata, l’istante potrà esclusivamente presentare istanza di rimborso ex articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, entro i termini dal medesimo previsti (48 mesi dal versamento), illustrando all’ufficio competente i motivi per i quali il versamento va considerato indebito. Non è, invece, ammissibile il riconoscimento di un credito d’imposta in conformità a quanto disposto dall’articolo 3, commi 2 e 3, del DM n. 86 del 19 aprile 2002, che, ne ammette l’attribuzione al verificarsi delle ipotesi «indicate nell’articolo 13, comma 3, della legge n. 342 del 2000», ossia «[…] se il saldo attivo viene attribuito ai soci o ai partecipanti mediante riduzione della riserva prevista dal comma 1 ovvero mediante riduzione del capitale sociale o del fondo di dotazione o del fondo patrimoniale, le somme attribuite ai soci o ai partecipanti, aumentate dell’imposta sostitutiva corrispondente all’ammontare distribuito, concorrono a formare il reddito imponibile della società o dell’ente e il reddito imponibile dei soci o dei partecipanti».
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